Emofilia: arriva una nuova proteina biotech

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Grazie a procedure biotecnologiche, alcuni ricercatori americani hanno prodotto delle proteine in grado di curare alcuni disturbi della coagulazione del sangue.

Le nuove speranze per la cura dell’emofilia provengono da alcune ricerche condotte presso il Children’s Hospital of Philadelphia, ora descritte online su Nature Biotechnology e pubblicate sulla rivista nel primo numero di novembre. I ricercatori hanno estratto il naturale fattore Xa della coagulazione (FXa), una proteina attiva nella coagulazione del sangue, e poi hanno progettato una nuova variante di questo fattore in grado di controllare il sanguinamento in modelli murini affetti da emofilia. “La nostra variante progettata in laboratorio altera la forma di FXa per renderla piu’ sicura e efficace rispetto al fattore naturale”, ha detto il capo dello studio Rodney A. Camire, ricercatore di ematologia presso l’ospedale pediatrico di Philadelphia.

“Il tipo di variante di FXa cambia quando interagisce con un altro fattore della coagulazione a seguito di un infortunio”, ha aggiunto Camire. “Questo aumenta il funzionamento della proteina che aiuta a far cessare il sanguinamento”, ha aggiunto. L’emofilia e’ una malattia ereditaria dovuta alla mutazione di un singolo gene, che altera la capacita’ del paziente di produrre una coagulazione delle proteine, con conseguente spontanei, e a volte mortali, episodi di sanguinamento. Le due principali forme della malattia, che si verifica quasi esclusivamente nei maschi, sono l’emofilia A e l’emofilia B, caratterizzate da specifiche carenze dei fattori della coagulazione. I pazienti sono trattati con infusioni frequenti di proteine di coagulazione, che oltre a essere molto dispendiose sono anche pericolose, perche’ talvolta stimolano l’organismo a produrre anticorpi, annullando i benefici della terapia. Circa il 20-30 per cento dei pazienti con emofilia A e il 5 per cento dei pazienti con emofilia B sviluppano questo tipo di anticorpi inibitori. Per questi pazienti il trattamento convenzionale, chiamato “terapia di bypass,” e’ quello di usare farmaci come il fattore VII attivato protrombinico per ripristinare la capacita’ di coagulazione del sangue. Ma questi farmaci sono costosi (costano anche fino a 30.000 dollari per trattamento) e non sempre si rivelano efficaci. Camire ha aggiunto che, nello studio animale attuale, sono stati in grado di mostrare che la proteina ingegnerizzata e’ piu’ efficace di quest’ultima tipologia di trattamento. La gamma di opzioni per i pazienti emofilici potrebbe migliorare se i risultati dello studio sugli animali daranno gli stessi esiti anche sugli esseri umani. “La variante che abbiamo sviluppato FXa si profila come un nuovo possibile agente terapeutico”, ha detto Camire. La versione naturale di FXa, grazie alla sua particolare forma, non e’ utile come terapia, perche’ i normali processi biologici concludono il loro funzionamento molto rapidamente. Grazie alla sua particolare progettazione, la proteina FXa messa a punto dal gruppo di ricercatori americani puo’ godere di un periodo di attivita’ piu’ lungo. Quando viene infuso in topi affetti da emofilia, la variante FXa riduce immediatamente la perdita di sangue dopo l’infortunio, cosi’ come viene ripristinata in tutta sicurezza la capacita’ di coagulazione del sangue. Si attendono ora ulteriori studi in modelli animali di grandi dimensioni per determinare se questo approccio puo’ diventare un trattamento clinico per i pazienti emofilici che hanno sviluppato degli inibitori.

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