Ipofisi: quando questa piccola ghiandola va in “corto”

Sono così rari che non esistono dati precisi sulla loro diffusione e nella stragrande maggioranza dei casi sono benigni. I tumori dell’ipofisi potrebbero essere guariti, o tenuti sotto controllo per molti anni, senza conseguenze sulla qualità di vita dei malati se solo venissero individuati per tempo.

ORMONI IN TILT – L’ipofisi è una ghiandola endocrina situata alla base del cranio, in prossimità dei nervi ottici, e controlla l’attività endocrina e metabolica di tutto l’organismo attraverso la secrezione di numerosi ormoni fra cui il somatropo (o GH, l’ormone della crescita) che stimola la deposizione del calcio nel tessuto osseo e la proliferazione delle cellule cartilaginee; la prolattina, che agisce sulla ghiandola mammaria stimolando la secrezione di latte dopo il parto; la corticotropina (ACTH) che determina a sua volta la sintesi e la secrezione molto rapida degli ormoni della corteccia surrenale e stimola il metabolismo. Ulteriori ormoni prodotti da questa piccola ghiandola, non più grande di un fagiolo, influenzano poi l’attività delle altre ghiandole endocrine: tiroide, surrene e gonadi (ovaie e testicoli). «Un tumore dell’ipofisi può avere effetti importanti sulla salute – aggiunge Cozzi – proprio perché manda letteralmente in tilt il sistema di produzione e regolazione degli ormoni. Poiché si tratta di neoplasie molto rare, però, si impiega generalmente molto tempo prima di pensare mettere in correlazioni i sintomi dei malati (spesso aspecifici e apparentemente non collegati tra di loro) con queste patologie».
ATTENTI A QUESTI SEGNALI – Accade così che si giunga alla diagnosi di adenoma ipofisario (di tipo non-secernente, ovvero che non produce ormoni) quando la persona ha gravissimi problemi di vista o è addirittura colpita da cecità. «Questa forma di cancro, scoperta in anticipo, può essere guarita con l’asportazione chirurgica o con farmaci – prosegue l’esperto -. Se però l’adenoma comprime i vicini nervi ottici e il paziente perde la vista, il danno è irreparabile. Basterebbe solo che gli oculisti (i primi a cui ci si rivolge se si hanno problemi agli occhi) facessero sempre un semplice esame del campo visivo per non perdere tempo: quando si evidenziano anomalie, una risonanza magnetica è spesso in grado di evidenziare anche un piccolo adenoma». Oltre ai problemi di vista, a frequenti mal di testa e stanchezza, ci sono i sintomi specifici causati dalla eccessiva produzione di un particolare ormone. Se, ad esempio, il tumore dell’ipofisi modifica i livelli di ormone della crescita può provocaregigantismo nei bambini (crescita veloce, altezza anche di molto superiore alla norma e dolori alle articolazioni) e acromegalia negli adulti (crescita delle ossa di cranio, mani e piedi, dolori alle articolazioni, modificazioni dell’aspetto legate alla crescita delle ossa facciali).
Alti livelli di prolattina, invece, provocano il blocco del ciclo mestruale e possono causare una produzione anomala di latte dal seno o, nell’uomo, impotenza e perdita di interesse per la sfera sessuale. Aumento di peso e dei peli sul corpo, obesità, depressione, alti livelli di zucchero nel sangue, diabete e ipertensione potrebbero essere causati da un eccesso di ACTH.
DIAGNOSI E CURE – In presenza di segnali sospetti è bene prenotare, senza attendere troppo, una visita con un endocrinologo che potrà verificare l’eventuale presenza di un adenoma con esami del sangue, delle urine e risonanza magnetica della ghiandola ipofisaria. Le cure prevedono l’intervento chirurgico, radioterapia (nei casi più gravi) o la somministrazione di farmaci differenti a seconda del tipo di tumore. Come per tutte le malattie rare è molto importante rivolgersi a centri specializzati dove è possibile disporre dei migliori trattamenti e contare sulla presenza di medici esperti. «Spesso l’asportazione chirurgica dell’adenoma, mantenendo intatta la normale funzione dell’ipofisi, risolve il problema definitivamente – conclude Cozzi -. A seconda vari casi di malattia, poi, abbiamo a disposizione farmaci che bloccano l’eccessiva produzione di ormoni (ad esempio, dopaminergici o analoghi della somatostatina) e garantiscono una buona qualità di vita al paziente, che potrà convivere con la malattia per molti anni».
Vera Martinella (Fondazione Veronesi)
Corriere.it