Numerosi studi hanno definitivamente confermato una relazione inversa tra fumo o consumo di caffè e rischio di sviluppare la malattia di Parkinson. I meccanismi biologici responsabili di questo apparente effetto “neuroprotettivo” sono ancora incerti ma possibilmente legati all’interazione tra caffeina e nicotina su attività enzimatiche intra-cerebrali.

Un’importante branca della ricerca bio-farmacologica è indirizzata ad approfondire questo argomento ed identificare sostanze potenzialmente in grado di svolgere un’analoga azione “neuroprotettiva” senza gli ovvi effetti negativi legati al consumo di tabacco e caffè.

Nell’ambito dell’epidemiologia analitica della Malattia di Parkinson sono stati condotti numerosi studi  per valutare eventuali fattori protettivi associati alla malattia.  Quelli relativi al fumo di sigaretta (per la maggior parte studi retrospettivi di tipo caso-controllo) hanno evidenziato che i soggetti fumatori presentano un ridotto rischio di insorgenza della malattia. Questa sembra emergere da studi condotti a partire dalla fine degli anni sessanta. In particolare, uno studio di Vanacore (2000) di tipo caso-controllo ha evidenziato un’associazione  significativa con un andamento lineare quando si considerano le categorie di forti e moderati fumatori. Il possibile ruolo protettivo del fumo di sigaretta è stato considerato da alcuni autori come un’associazione spuria, viziata proprio dalla selezione dei soggetti parkinsoniani, i quali sarebbero prevalentemente non fumatori.

I fumatori, destinati ad avere la malattia di Parkinson, infatti, non riuscirebbero a raggiungere le fasce d’età a maggior rischio della malattia in quanto ”decimati” dalle patologie tumorali correlate al fumo di sigaretta che si presentano nelle fasce di età più precoci. Tuttavia questa tesi è stata confutata da uno studio prospettico che ha dimostrato un tasso annuo di incidenza della malattia nettamente e significativamente più alto nei non fumatori.  Varie ipotesi sono state formulate sul possibile ruolo protettivo del fumo di sigaretta:

1)    un’azione diretta del fumo sui meccanismi neurotrasmettitoriali responsabili della malattia

2)    una protezione del fumo contro possibili tossine neuronali

3)    azione del fumo contro i radicali liberi prodotti a livello della sostanza nera

 

Un’altra possibilità potrebbe essere correlata al tipo di personalià pre-morbosa del soggetto affetto da Malattia di Parkinson, personalità che potrebbe scaturire da un ridotto tono dopaminergico che configurerebbe una personalità rigida, ordinata,  non trasgressiva, non indirizzata alle novità con la conseguenza di una scarsa tendenza a fumare, a bere bevande alcooliche o a consumare caffè.

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