La sentenza sul caso austriaco in merito alla fecondazione eterologa fornisce all’Italia indicazioni concrete per cambiare la propria legge

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SINTESI DELLO STRALCIO DI SENTENZA DELLA GRANDE CAMERA – CASO ETEROLOGA AUSTRIA – 3 NOVEMBRE 2011 – a cura dell’avv. Maria Paola Costantini e della prof. ssa Marilisa D’Amico, collegio difensivo dell’Associazione Hera –onlus e di SOS Infertilità – onlus

La Grande Camera della Corte di Strasburgo ha ritenuto non sussistere la violazione dell’art.8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo da parte dell’Austria e della sua normativa che consente solo la donazione di gamete maschile in vivo e non in vitro e fa divieto della donazione di gamete femminile.

La sentenza non prende in esame la violazione dell’art. 14 e cioè il divieto di discriminazione.

La pronuncia – come nel caso della sentenza della prima Sezione emessa il 1 aprile 2010– procede con una analisi attenta della legge austriaca e della situazione della legislazione dei paesi aderenti alla Convenzione europea dei diritti umani (cd CEDU):

–          Riconosce che sussiste una distonia tra l’evoluzione della medicina e il consenso della società

–          Sottolinea in più punti che la legge è del 1999 e che, pur non sussistendo violazione, è necessario verificare i cambiamenti all’interno della società. Dà indicazione all’Austria di monitorare la situazione.

La Corte di Strasburgo:

–          Ricorda come sussista un diritto di una coppia ad avere un bambino e di accedere alle metodiche di PMA e che tale diritto è sotto la protezione dell’art. 8 della Convenzione EDU (convenzione europea per la tutela dei diritti umani);

–          Dichiara che esiste un chiaro trend nella legislazione dei paesi che compongono il Consiglio d’Europa e aderiscono alla Convenzione EDU verso l’ammissibilità della donazione dei gameti attraverso la fecondazione in vitro;

–          invita gli Stati a tenere conto della evoluzione della medicina e del consenso sociale che sono in continuo mutamento. Gli stati sono tenuti a evolversi e a cambiare la legislazione in un campo in cui il diritto è in continua evoluzione.

–          La legge austriaca non viola l’art. 8 poiché  ammette sia  la fecondazione in vitro sia  la donazione di gamete in vivo del seme maschile,  rispettando in qualche modo  il margine di apprezzamento riconosciuto agli Stati.

–          riconosce come sia corretto tenere conto del fatto che settori della società austriaca siano ancora incerti su temi eticamente sensibili considerato come in Austria persistano rischi di sfruttamento della donna donatrice e problemi legati alla doppia figura “materna” non essendo stati approntati rimedi legislativi specifici.  La Corte sottolinea come sussista  la sovranità di ogni Stato a individuare rimedi e tutele.

–          Riconosce che nel sistema legale degli stati aderenti al Consiglio d’Europa siano accettate le relazioni atipiche nell’ambito famigliare, come nel caso della adozione dove non sussistono legami tra genitori e figli, ma che andrebbe mantenuto il principio del diritto civile sulla certezza della identità della madre.

 

Il nodo è il rapporto tra l’evoluzione della scienza e della medicina e la cultura di un paese. La Corte invita l’Austria a monitorare tale rapporto e a mutare la legislazione in virtù dei cambiamenti. Il criterio – accettato dalla Corte costituzionale austriaca – di tenere insieme l’evoluzione della medicina e il consenso della società  implica il fatto che l’Austria dovrà  monitorare tale rapporto e procedere alle modifiche in presenza di  qualsiasi cambiamento  in futuro.

La Corte invita tutti i paesi a tenere in particolare conto lo sviluppo dinamico della medicina e della legge.

Le differenze con l’Italia:

–          la legge italiana, al contrario di quella austriaca,  fa divieto assoluto della donazione di gameti e in tal senso si può affermare che probabilmente la pronuncia sarebbe stata diversa se riferita all’Italia.

–          La Corte costituzionale italiana è chiamata a decidere sulla base dei principi della Costituzione italiana, rivestendo la Convenzione EDU ai sensi dell’art. 117 primo comma della Cost. it. un parametro di interpretazione. Non sussiste alcun obbligo da parte della Corte costituzionale di decidere adeguandosi alla Corte di Strasburgo, poiché la sentenza non ha alcun impatto diretto sulla dimensione italiana riguardando solo l’Austria.

–          Due ragionamenti effettuati dalla Corte EDU possono essere utili per l’esame da parte della Corte costituzionale italiana: 1) il riferimento alla natura non drastica della legge austriaca che ammette la fecondazione eterologa in vivo maschile e quindi ha una “maggiore ragionevolezza” rispetto alla legge italiana; 2) il richiamo alla evoluzione della società e alla necessità di adeguare le legislazioni a tale evoluzione;

–          I casi portati davanti alla Corte Costituzionale italiana e, in particolare le ordinanze di Catania e di Milano, affrontano la questione della donazione dei gameti sotto diversi profili e soprattutto con una visuale costituzionale italiana che concerne il diritto alla salute, all’autodeterminazione nell’ambito famigliare e sanitario oltre al diritto alla non discriminazione tra coppie con problemi differenti di sterilità e infertilità o per condizioni sociali ed economiche. In questo senso, la Corte italiana viene chiamata a verificare sul piano nazionale le questioni in gioco.

–          Dal punto di vista legislativo italiano, l’eliminazione del divieto di fecondazione eterologa non  comporterebbe il rischio di sfruttamento o di doppia figura genitoriale atteso che la normativa antecedente alla legge 40 potrebbe ritornerebbe in vigore . Tale normativa prevede l’assoluta gratuità nella donazione di gamete;  stretti controlli dal punto di vista sanitario;  l’anonimato dei donatori. La stessa legge 40 inoltre esplicitamente contiene il divieto di disconoscimento di paternità e prevede  l’assenza di legame giuridico tra madre biologica (la donatrice) e il bambino.

 

 

Alcune considerazioni finali: la sentenza sul caso austriaco in merito alla fecondazione eterologa fornisce  all’Italia indicazioni concrete per cambiare la propria legge

Se oggetto della Corte di Strasburgo fosse stata la legge italiana probabilmente l’esito sarebbe stato diverso: la legge 40  vieta in assoluto la donazione di gamete e non ammette deroghe e possibilità intermedie come nel caso austriaco. La legge austriaca infatti consente la donazione di gamete maschile in vivo.

La Corte ha riconosciuto nuovamente che il diritto a crearsi una famiglia e ad avere bambini con la fecondazione in vitro  rientra ed è sotto la protezione dell’art. 8 della Convenzione Edu che concerne il rispetto della vita privata e famigliare. Se nel caso dell’Austria tale diritto è parzialmente tutelato, in Italia non è ancora così dato il divieto assoluto di eterologa.

La Corte ricorda in più punti della sentenza – e sussiste un  monito per tutti i paesi aderenti alla Cedu e anche per l’Italia  – la necessità di continui adeguamenti dal punto di vista legislativo ai cambiamenti della società.

Ora è alla Corte costituzionale italiana che si chiede  di tenere conto delle indicazioni provenienti da Strasburgo e di procedere alla modifica della legge 40  per renderla ancora una volta più ragionevole. Si tratta  di  evitare che più di 10.000 coppie all’anno debbano andare all’estero e incorrano in casi come quello di Cipro dove è stata sequestrata una clinica e dove le coppie italiane cercano ancora oggi di rintracciare i propri embrioni.

La  lentezza da parte del Parlamento italiano ad adeguarsi ai mutamenti della nostra società non può violare il diritto alla salute di coppie con sterilità accertata dal punto di vista medico:  la donazione di gamete  deve essere configurata infatti come trattamento sanitario in grado di rimuovere l’ostacolo ad avere un figlio., come d’altra parte affermano anche le linee guida europee. I casi portati davanti alla Corte costituzionale italiana –  una coppia siciliana e una milanese con problemi gravi di salute  (menopausa precoce e sterilità maschile genetica) –  hanno come oggetto l’eliminazione delle discriminazioni oggi esistenti dal punto di vista sanitario ed economico e il riconoscimento di un diritto di autodeterminazione e di scelta sulla propria vita famigliare.  La modifica della Legge 40 su questo punto

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