Tumori della vescica: il 50 percento riconducibile al vizio del fumo
L’Italia è tra i primi posti in Europa per incidenza del tumore della vescica con circa 20 mila persone che si ammalano ogni anno. E le diagnosi sono in costante aumento. Le cause? Anche se molti lo ignorano «nella metà dei casi è colpa del fumo e, a seguire, della sedentarietà. Probabilmente anche di una dieta scorretta e dell’abuso di alcol, ma su questo ancora non ci sono certezze» dice Pierpaolo Graziotti, primario dell’Urologia all’Istituto Humanitas di Milano e vice-presidente dell’Associazione urologi italiani (Auro ), riunita a congresso nei giorni scorsi a Sorrento. Oltre al tabacco, tra i fattori di rischio certi per la malattia c’è anche l’esposizione cronica alle amine aromatiche e alle nitrosamine (frequente nei lavoratori dell’industria tessile, dei coloranti, della gomma e del cuoio), un problema virtualmente risolto perché queste sostanze sono ormai fuori uso da molti anni. Non è da escludersi, però, che parte dei casi scoperti oggi siano conseguenza del loro passato utilizzo (visto che il periodo di latenza,fra l’esposizione e l’insorgenza del cancro, oscilla tra sei e 20 anni, con una massima estensione fino a 45 anni), motivo per cui chi è stato in contatto prolungato con questi agenti cancerogeni debba oggi prestare particolare attenzione a eventuali campanelli d’allarme.
UN CAMPANELLO D’ALLARME – «Al momento purtroppo non esistono programmi di screening o metodi di diagnosi precoce efficaci – precisa Paolo Puppo, urologo e direttore dell’Istituto Tumori di Genova -. Ecco perché, oltre a smettere di fumare e seguire un’alimentazione sana, è fondamentale non sottovalutare mai il primo segnale che c’è qualcosa che non va: la presenza di sangue nelle urine». Oppure, più raramente, un’irritazione vescicale simile alla cistite. In tal caso, rivolgendosi a uno specialista, con un’ecografia dell’addome si capisce spesso di cosa si tratta. In presenza di un carcinoma, una diagnosi precoce significa nella stragrande maggioranza dei casi poter puntare alla guarigione. E salvaguardare la qualità di vita, se s’interviene presto con la chirurgia conservativa.
NUOVE STRATEGIE ED ESPERIENZA: MORTALITÀ IN CALO – «In realtà esistono due tipi di tumore alla vescica diversi fra loro come il giorno e la notte – spiega Puppo -. Quelli cosiddetti “a basso grado di malignità” rappresentano l’80 per cento dei casi, si ripresentano spesso con una recidiva, ma non uccidono quasi mai. Gli altri, quelli “ad alto grado”, progrediscono velocemente, danno metastasi e sono purtroppo letali. Negli ultimi anni questa distinzione è emersa chiaramente e – sulla base della diagnosi istologica – abbiamo potuto migliorare le cure, sviluppare nuove strategie». In presenza di un carcinoma ad alto grado, insomma, si procede a trattamenti più aggressivi fin da subito. In ogni caso prima di procedere a un intervento chirurgico demolitivo di cistectomia (ovvero l’asportazione della vescica) si valuta sempre la possibilità di una nuova resezione endoscopica, sulla base della quale modulare il programma terapeutico. «Grazie al narrow band imaging (uno strumento che emana una peculiare luce blu che illumina meglio i margini del tumore) siamo poi in grado di asportare in modo più completo la massa neoplastica, riducendo notevolmente il numero di recidive» dice Puppo. In ogni caso la cistectomia oggi può essere effettuata risparmiando non solo la funzione minzionale attraverso l’uretra , ma anche la funzione sessuale. Grazie ai progressi nella diagnosi e nelle cure, sebbene i casi siano in aumento «la mortalità per questa forma di cancro è in costante diminuzione – conclude Graziotti -. Ed è bene ricordare che l’esperienza del centro a cui ci si rivolge può fare la differenza per i pazienti e per la loro qualità di vita».
Vera Martinella (Fondazione Veronesi)