Chemioterapia del futuro: cellule “da trasporto” appositamente ingegnerizzate
Cellule staminali mesenchimali che si trasformano in ‘taxi’ per trasportare i farmaci a destinazione. E’ il futuro della chemioterapia, tracciato da uno studio dell’università Statale di Milano e dell’Istituto neurologico Carlo Besta, pubblicato sulla rivista ‘Plos One’.
I ricercatori aprono la strada a una nuova ‘carriera’ per le staminali: quella di cellule farmaco. Lo studio firmato da Augusto Pessina, del Dipartimento di sanità pubblica, microbiologia, virologia della Statale, in collaborazione con Giulio Alessandri, del Laboratorio di neurobiologia del Besta e con l’università Cattolica del Sacro Cuore ha dimostrato per la prima volta che “cellule mesenchimali umane isolate dal midollo osseo, possono essere ‘caricate in vitro’ con farmaci chemioterapici e successivamente utilizzate con efficacia per il trattamento dei tumori”, spiegano gli autori in una nota.
La strategia potrebbe essere alla base di “nuove forme di chemioterapia”, assicurano gli esperti. Le cellule bambine verrebbero usate come un inedito dispositivo-farmaco, semplice e low cost, per cure sempre più mirate e in grado di diminuire o eliminare alcuni effetti collaterali. “Il dispositivo – spiegano gli autori – può essere preparato mediante semplici e poco costose procedure, che non comportano manipolazioni genetiche e quindi ne evitano tutti i rischi correlati”.
“Il dispositivo – sostiene Alessandri – mantiene la sua funzionalità terapeutica anche dopo congelamento in azoto liquido aprendo così la strada alla possibilità di conservazione di queste cellule, che potrebbero essere utilizzate, nello stesso paziente donatore, anche tempo dopo la loro preparazione, per esempio in caso di recidive”.
La possibilità di usare cellule dello stesso paziente (trattamento autologo) ottenute da midollo osseo, tessuto adiposo e altri tessuti, aggiunge Pessina, “elimina il rischio immunologico e riduce anche il rischio di trasmissione di agenti patogeni. La dimostrazione sperimentale dell’efficacia del metodo è stata eseguita su tumori, ma l’applicazione potrà riguardare anche altre patologie ove sia richiesto un potenziamento sia della specificità che della attività terapeutica”.
La caratteristica biologica che permette di essere caricate con farmaci, continuano gli autori dello studio, sembra essere condivisa anche da altre popolazioni cellulari, come fibroblasti, cellule dendritiche, monociti e macrofagi, che sono presenti nel sangue e quindi facilmente isolabili dai pazienti. “Che le staminali mesenchimali – commenta Eugenio Parati, Direttore del Laboratorio di Neurobiologia del Besta di Milano – possano rigenerare e riparare tessuti danneggiati era già stato dimostrato. Con questa nuova scoperta viene dimostrato che le stesse cellule possono essere utilizzate come ‘veicoli’ per trasportare farmaci che, raggiungendo in modo mirato le cellule dell’organo malato, avranno una maggiore capacità terapeutica”.