Incontinenza urinaria e dolore cronico della pelvi: in Italia il 7 percento ne soffre – diagnosi tardiva
In Italia si stima che il 7% della popolazione soffra di incontinenza urinaria, quasi 4 milioni sono le persone che cronicamente fanno i conti con la stipsi, con un’incidenza prevalente femminile e che aumenta con l’età.
Sono due dei disturbi collegati alle disfunzioni pelvi-perineali. “Il dolore pelvico cronico ha una prevalenza molto simile a quella dell’emicrania e del dolore lombare”, spiega ad Asca Silvia Malaguti neurologa-neurofisiologa consulente scientifico dell’Ospedale Niguarda-Unità Spinale di Milano e direttore del centro Medico di Neurofisiologia e Biomeccanica applicata alle disfunzioni pelvi-perineali di Milano, che all’ultima conferenza Congresso Nazionale della Società Italiana di Uroginecologia tenutosi a Torino a novembre ha presentato un documentato lavoro di ricerca su un metodo di “rieducazione” del pavimento pelvico che si basa su un approccio biomeccanico, evitando, quando possibile, interventi chirurgici e riabilitativi.
Le indagini diagnostiche posso essere lunghe, complesse e dispendiose. “Il sospetto di una ‘nevralgia’ del Pudendo deve essere confermato dalla diagnostica neurologica specifica che comprende elettromiografia, test di conduzione del nervo Pudendo, potenziali evocati e riflessi sacrali”, ricorda Malaguti.
L’intervento si basa su una “metodica terapeutica incentrata sul recupero della funzione biomeccanica e posturale deficitari che offre il vantaggio di lavorare sulla causa che ha portato all’emergenza del sintomo prevedendo un percorso di normalizzazione, cioè il recupero dei normali rapporti osteo-articolari e miofasciali, ed esercizi terapeutici basati sul riapprendimento delle strategie motorie e sensitive alterate”, spiega Malaguti. Un lavoro che ha delle ricadute sul lungo-periodo e sulla possibile ricomparsa del sintomo.
“In una percentuale elevatissima di casi il dolore è legato all’interessamento del nervo pudendo che è il ‘regista’ delle funzioni pelvi-perineali: tuttavia il tempo medio della diagnosi è di circa 5 anni con un numero medio di otto specialisti consultati – continua la specialista -, a causa della scarsa conoscenza dell’innervazione e della biomeccanica pelvi-perineale”.
La diagnosi e gli interventi sono resi più difficili dalla complessa anatomia e funzione dell’area: un labirinto intricato di muscoli e nervi che si intrecciano fra loro, abbracciano l’apparato urinario (uretra, vescica) e vaginale (nella donna) formando il pavimento anteriore, fino a coinvolgere l’apparato ano-rettale nel pavimento posteriore.
La zona sacrale (osso sacro-coccige) può essere considerata un “organo” a tutti gli effetti, estremamente sensibile: basta una banale caduta sull’osso sacro o una deambulazione forzatamente scorretta. Altre condizioni predisponenti sono, ad esempio, scoliosi, iperlordosi, alluce valgo oppure posture lavorative viziate: si passa troppo tempo seduti, seduti male e su sedute precarie o inadatte.
“La pelvi occupa un ruolo centrale del sistema biomeccanico del corpo, ha una funzione di protezione e di sostegno per la vescica, l’intestino e gli organi sessuali – ricorda Malaguti -. Quando siamo in posizione verticale il contatto dei piedi col suolo crea delle forze di resistenza che si trasmettono alla pelvi attraverso le gambe, e nello stesso tempo la forza di gravità ed il peso del corpo si scaricano sulla pelvi”. (ASCA)