Mele: solo il pediatra può garantire il “Baby Food”
Istanbul, 2 Dicembre 2011 – Cibi per bambini, alimenti per neonati e infanzia: chi garantisce genitori e figli? Da tempo la definizione di baby food, riferita a prodotti alimentari per l’infanzia viene utilizzata con sempre maggior consuetudine dai media e dalle pubblicità, non sempre in modalità appropriate. Chi può sostenere le famiglie nella corretta scelta dell’alimentazione per i più piccoli, superando le attrattive di tante pubblicità persuasive che quotidianamente appaiono sui giornali italiani e internazionali? Su questi temi è intervenuto Giuseppe Mele, presidente della FIMP, che a Istanbul nel corso della seduta plenaria dell’Alleanza Strategica in Pediatria, si è fatto portavoce di una preoccupazione medica ormai diffusa: “Le famiglie europee sono raggiunte da messaggi che tendono a presentare come ‘baby food’ cibi e alimenti sui quali non esiste chiarezza tossicologica e scientifica. La pediatria europea desidera ricordare alle famiglie e alle industrie che solo il pediatra è garante dell’equilibrio nutrizionale di singoli alimenti”.
La posizione espressa dalla FIMP è ampiamente condivisa dai maggiori specialisti europei e punta a far chiarezza in quella che non è una sfida commerciale – chi vende di più all’interno del “segmento infantile” – bensì una attenzione di grande rilevanza sanitaria. Dolci, omogeneizzati, carni, pesci, prodotti di trasformazione, cereali: le caratteristiche di correttezza nutrizionale e la sicurezza tossicologica dei ‘baby food’ sono garantite dal decreto 8/2009, che ha recepito la direttiva europea 2006/141/CE e proprio a questa si ancora fortemente l’intervento della FIMP, che assume così il ruolo di autentico soggetto di garanzia nei confronti dei genitori e delle famiglie, ricordando che “i prodotti per l’infanzia sono caratterizzati da una elevata specificità nutrizionale dovuta alla peculiarità dei consumatori cui sono destinati: i bambini infatti non sono piccoli adulti ma soggetti fragili, con esigenze nutrizionali specifiche, particolarmente esposti al rischio metabolico, biologico e tossicologico. Le norme specifiche definiscono dunque la loro composizione, puntualizzando limiti e restrizioni all’uso di particolari ingredienti o alla presenza di determinati contaminanti, le modalità di pubblicità e quelle di etichettatura”.
“Nell’immediato futuro l’azione dei pediatri italiani diventerà ancor più specifica”, ha sottolineato ancora Giuseppe Mele, “avviando un analisi sistematica di cibi e prodotti alimentari indirizzati all’infanzia per verificare le effettive composizioni alimentari. Questo per registrare l’eventuale presenza di componenti dannose per la salute dei più piccoli e per salvaguardarli nel momento più delicato del loro sviluppo”.