Coma e traumi cerebrali: esperti in grado di rilevare comunicazione tra diverse aree cerebrali
Un gruppo di ricercatori dell’Università degli Studi di Milano e del Coma Science Group di Liegi (Belgio) è riuscito a misurare, attraverso la combinazione di elettroencefalogramma (EEG) e stimolazione magnetica transcranica (TMS), il dialogo tra le aree corticali in pazienti con gravi lesioni cerebrali e incapaci di comunicare, permettendo la distinzione tra i pazienti in stato vegetativo (VS) e quelli che hanno recuperato un livello minimo di coscienza (MCS).
Lo studio, pubblicato su Brain, spiega che l’esperienza cosciente può essere interamente generata all’interno del cervello come accade, ad esempio, quando sogniamo e siamo completamente disconnessi dall’ambiente esterno. Tuttavia, la nostra valutazione del livello di coscienza di una persona si basa unicamente sulla capacità di quella persona di comunicare con l’ambiente esterno. Questa discrepanza può assumere particolare importanza nel caso di quei pazienti che, dopo essere sopravvissuti a una grave lesione cerebrale, possono recuperare coscienza senza riprendere la capacità di comprendere, muoversi e comunicare.
Il gruppo di Marcello Massimini del Diparimento di Scienze Cliniche “Luigi Sacco” dell’Università degli Studi di Milano è riuscito, grazie alla collaborazione con il Coma Science Group di Steven Laureys dell’Université de Liège, a mostrare come, misurando la comunicazione tra le aree cerebrali, si possano distinguere i pazienti in stato vegetativo (VS) e quelli che hanno recuperato un livello minimo di coscienza (MCS). È importante sottolineare, spiegano gli autori della ricerca, che tale misura può essere ottenuta al letto del paziente, e non richiede né l’integrità delle vie di senso e motorie né la capacità del soggetto di comprendere o eseguire dei comandi. I risultati del lavoro potrebbero avere delle notevoli ricadute in campo clinico, dato che la distinzione tra pazienti in stato vegetativo e quelli in minima coscienza può essere tanto difficile da portare a un errore diagnostico che può raggiungere il 40% dei casi.
Lo studio è stato condotto su 17 pazienti gravemente cerebrolesi che hanno mostrato un’evoluzione dal coma verso altri stati clinici. “I risultati di questo lavoro – spiega Marcello Massimini, coordinatore dello studio – suggeriscono che ‘interrogando’ direttamente il cervello (con la TMS) per stimare la sua capacità di dialogo interno (con l’EEG) si possono monitorare in maniera efficace i correlati neurali del recupero di coscienza nei pazienti gravemente cerebrolesi e incapaci di comunicare”.