Terapia del dolore: Tor Vergata centro di eccellenza, ma a due anni dalla legge ancora molte criticità
Formazione, integrazione dei percorsi assistenziali e attenzione al paziente al centro del convegno tenutosi oggi presso il Policlinico Tor Vergata/ Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Roma, 28 gennaio 2012 – In Italia circa un quarto della popolazione soffre di dolore cronico non oncologico e 250-270.000 persone all’anno si ammalano di tumore e dolore associato alla patologia: il 19% dei malati perde il posto di lavoro; il 21% va incontro alla depressione; tra il 50% e l’ 88% ha disturbi del sonno. Nonostante l’entrata in vigore, da marzo 2010 della Legge 38, che disciplina l’accesso alla terapia del dolore e alle cure palliative, permangono ancora grandi ostacoli alla sua piena attuazione.
Ostacoli che, tra gli altri, riguardano l’insufficiente preparazione specifica del personale sanitario, la difficile integrazione tra gli attori che intervengono nel cammino terapeutico del paziente- i centri di riferimento per la terapia del dolore (hub) e gli ambulatori territoriali di terapia antalgica (spoke) e le AFT (Aggregazioni Funzionali Territoriali) dei Medici di Medicina Generale – e soprattutto la scarsa informazione dei cittadini sulla legge e sulle opportunità di cura da essa garantite.
Discutere e focalizzare tali criticità ed individuare possibili soluzioni sono gli obiettivi del convegno organizzato oggi dal titolo “Ruolo dell’assistenza primaria dalla terapia farmacologica alla terapia neuromodulatoria nel dolore” organizzato presso l’Aula Anfiteatro del Policlinico Tor Vergata/ Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, cui hanno partecipato Alessandro Fabrizio Sabato, Direttore del Dipartimento Emergenze Urgenze medicina critica, medicina del dolore e scienze anestesiologiche della Fondazione PTV/ Policlinico “Tor Vergata” di Roma, Caterina Pizzutelli, Presidente Scuola di Formazione in Medicina d i famiglia della Regione Lazio, Antonio Gatti, Direttore dell’Hub Medicina del Dolore Fondazione PTV/ Policlinico “Tor Vergata” di Roma, Mario Dauri, Direttore Responsabile della U.O.S.D. Gestione delle Attività Anestesiologiche dei Blocchi Operatori e Coordinamento Donazione Organi Fondazione PTV/ Policlinico “Tor Vergata” di Roma, Roberto Arcioni, Direttore Responsabile dell’U.O.S. Terapia del dolore dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma, Pier Luigi Bartoletti, Segretario Generale FIMMG del Lazio, Giuseppe Scaramuzza, Vice presidente nazionale Cittadinanzattiva/ Segretario Regionale Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del malato del Lazio e Roberto Messina, Presidente Federanziani.
Questo appuntamento si inserisce nel lungo dibattito nato dall’approvazione della legge, e viene dopo la precedente iniziativa realizzata sabato scorso 21 gennaio “La Neuromodulazione: nuovi modelli operativi” rivolta agli specialisti presenti nelle strutture ospedaliere. Con questi appuntamenti, l’Hub di Medicina del Dolore del Policlinico Tor Vergata, anche per quest’anno ha fatto partire una serie di iniziative di formazione, informazione ed aggiornamento, all’interno e all’esterno della sua struttura, con particolare riferimento all’art.4, 6, 7, 8, 10 della legge 38 per rendere operativa la “ rete “ a beneficio dei pazienti.
“Prendersi cura della persona che soffre e controllare il dolore nei suoi diversi aspetti sono i valori fondanti delle attività del centro di Terapia del Dolore del Policlinico Tor Vergata che, grazie a un sistema integrato di assistenza, rappresenta un HUB di eccellenza a livello regionale e nazionale. – dichiara il professor Sabato – Tuttavia, il centro specializzato è spesso il punto d’arrivo di un paziente con dolore cronico cancer e non cancer pain, a cui si giunge dopo un tortuoso e a volte inappropriato percorso di cura: l’appuntamento di oggi e il precedente rappresentano importanti occasioni per definire i ruoli degli attori coinvolti in questo cammino, dal MMG allo specialista.”
Tuttavia, un primo ostacolo deriva, paradossalmente, dallo stesso specialista. “E’ necessario modificare abitudini e pregiudizi consolidati, che spesso fanno parte del bagaglio culturale del medico, a volte restio a concepire il “dolore” come parametro vitale da monitorare (così come previsto dalla Legge):- dichiara il professor Gatti- in particolare l’articolo 7 prevede l’obbligo di riportare all’interno della cartella clinica, nelle sezioni medica ed infermieristica, le caratteristiche del dolore rilevato e della sua evoluzione nel corso del ricovero, nonché la tecnica antalgica e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e il risultato antalgico conseguito. Il cambiamento quindi deve partire dalla formazione della classe medica – riferita, ad esempio anche alla semplificazione delle procedure di accesso ai farmaci impiegati nella terapia del dolore (a rticolo 10) e al suo corretto utilizzo, ancora oggi sottoutilizzati – fino ad arrivare al coinvolgimento del paziente rendendolo responsabile di un’ attività di verifica e feedback dell’assistenza ricevuta. Nel precedente convegno del 21 gennaio, in cui il tema dominante erano i nuovi approcci terapeutici della neuromodulazione e le sue molteplici applicazioni nel trattamento dei casi di dolore resistente alle comuni terapie, illustri colleghi hanno relazionato sulle linee guida di tali approcci e sull’esperienza maturata in alcuni centri con la presentazione di alcuni casi clinici particolari, che hanno dato luogo ad un’importante dibattito sulla necessità di prevedere un’apposita “c onsesus regionale.”
Il primo punto da mettere in evidenza, ai fini di garantire l’efficacia del trattamento, è che non si può parlare di “dolore” in senso generale. Esistono diverse tipologie, definibili sulla base dei meccanismi fisiopatologici responsabili che vanno conosciuti. Tra gli altri obiettivi del 2012 dell’Hub di Medicina del Dolore del Policlinico Tor Vergata, uno in particolare sarà quello di valutare, insieme alla collaborazione multidisciplinare dei colleghi Ginecologi, Urologi e Gastroenterologi, il dolore pelvico cronico nella donna: endometriosi, cistite interstiziale, vestibulite vulvare, dispareunia, sindrome del colon irritabile, patologie che rappresentano in Italia un problema per oltre 3.000.000 di donne, che arrivano alla diagnosi solo dopo 7/9 anni.
Un altro problema di cui si è discusso riguarda l’accesso alle terapie appropriate, una criticità emersa recentemente anche dalla ricerca dell’Associazione “Vivere senza dolore”: solo nella metà dei casi i pazienti con dolore persistente si rivolgono a un clinico, che nel 57,9% è il medico di famiglia, molto raramente il terapista del dolore (5,8%). Al contrario, è fondamentale coinvolgere maggiormente il MMG nel corretto percorso di cura dei pazienti, per facilitare la continuità assistenziale del malato e migliorare l’accessibilità alla rete t erritoriale (AFT) di strutture sanitarie e assistenza domiciliare.
“Tra i compiti che la legge assegna ai MMG che si aggregano territorialmente in AFT, è auspicabile- continua Gatti- che si venga a definire un modello articolato sulla base di una struttura organizzativa della medicina generale in grado di dare la prima risposta diagnostica e terapeutica ai bisogni del paziente con dolore ed indirizzare, quando necessario e secondo i criteri condivisi di appropriatezza, il paziente allo Spoke o all’Hub di riferimento territoriale: in questo modo si può garantire la continuità della gestione nell’ambito di percorsi definiti nella rete, rendendosi – conclude Gatti- parte attiva della continuità assistenziale”.
La Legge 38 ha assegnato un ruolo di grande importanza al MMG: in primo luogo ha semplificato la prescrizione dei farmaci oppiacei non iniettabili con una semplice ricetta del Servizio Sanitario Nazionale.
“Alla luce di questa semplificazione, che facilita al MMG la cura di pazienti con dolore cronico anche severo – dichiara Bartoletti – il nostro ruolo è prima di tutto quello di informare il paziente che necessita di terapia antidolorifica con farmaci oppiacei del corretto utilizzo del farmaco e tranquillizzare, sia lui che i familiari, della congruità del trattamento e l’assenza di rischio di tossicodipendenza.”
“Nella Regione Lazio – prosegue Bartoletti – dal 2005 sono presenti le Unità Cure Primarie, che, oltre ad essere funzionali all’organizzazione della medicina generale, sono vere unità erogatrici di servizi. Nostro costante impegno è integrarci, attraverso queste forme organizzative, con i centri identificati dalla Regione, condividendone i percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali per fornire la continuità assistenziale auspicata nella gestione del malato con dolore cronico dalla legge stessa.”
Uno dei maggiori ostacoli riscontrati alla piena attuazione degli obiettivi della legge è l’insufficiente informazione e sensibilizzazione dei cittadini sul tema: nonostante i grandi numeri, infatti, ben 7 persone su 10 non conoscono la Legge 38. Un nodo cruciale, come dichiara lo stesso Gatti: “Lo scorso 16 giugno abbiamo condotto nella struttura del Policlinico Tor Vergata un’iniziativa volta a valutare la conoscenza della legge mediante la somministrazione di un questionario che prevedeva un’ indagine a tre livelli: 1) i pazienti ricoverati nei vari reparti; 2) il personale medico e paramedico; 3) i cittadini che in quel giorno accedevano al Policlinico. E’ risultato che il 70.3% dei cittadini intervistati non era a conoscenza dell’esistenza della Legge 38 e il 72.1% dei cittadini aveva difficoltà ad individuare i centri specialistici di terapia del dolore. Anche alla luce di questi risultati vorremmo proporre un intervento per estendere all’intera Regione simili iniziative. per avere un’iniziale corretta dimensione del problema ai fini dell’attuazione della Legge 38.”
Infine, nel corso della giornata, è stato possibile analizzare il vissuto stesso delle persone che soffrono, grazie alle voci di Cittadinanzattiva e FederAnziani. Entrambe hanno potuto testimoniare che la principale difficoltà percepita dai pazienti con dolore cronico è, da parte degli operatori sanitari, una forte sottostima del problema.
“Il dolore cronico è uno dei fattori che più condizionano la qualità della vita delle persone, in particolare di quelle anziane, poiché intensità e frequenza tendono ad aumentare con l’età – dichiara Roberto Messina – Una recente indagine, condotta su un campione di 562 anziani dal centro studi SIC di FederAnziani, mostra che oltre la metà degli intervistati (58%) riferisce un dolore, costante o saltuario, nell’arco della giornata e un anziano su 10 necessita di assistenza continua per svolgere le basilari attività quotidiane. Solo un quinto del campione ritiene di ricevere attenzione da parte del pers onale medico e infermieristico, mentre la restante parte del campione è convinta che i medici non prestino sufficiente ascolto. I deficit che emergono sono la formazione quasi nulla dei medici, poca diffusione dei trattamenti domiciliari e mancanza di reparti nelle strutture pubbliche. Occorre dunque impegnarsi per abbattere questi ostacoli, educare pazienti, familiari e caregivers, e diffondere la consapevolezza che non soffrire è un diritto delle persone e che anche attraverso la tutela di tale diritto si misura la civiltà dei sistemi sanitari.” – termina Messina.
La percezione, da parte dei pazienti, di non essere ascoltati e non ricevere adeguate informazioni sulle cure disponibili sul territorio sono due punti riscontrati anche da un’analoga ricerca di Cittadinanzattiva, condotta per conto del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva.
“Dai nostri questionari, somministrati in 7 regioni, emerge che i pazienti riconoscono la centralità del medico di famiglia come primo contatto per l’identificazione del problema, ma lamentano visite spesso troppo brevi (meno di 5 minuti per il 37% degli intervistati), in cui raramente sono indirizzati verso cure specializzate: – dichiara Giuseppe Scaramuzza, che precisa – solo dopo la consultazione di numerosi specialisti (dai 2 ai 5 nel 53% e addirittura dai 6 ai 10 nell’11%), i pazienti raggiungono un hub di riferimento. Peraltro, il 75% degli intervistati dichiara di aver saputo dell’esistenza dei centri solo quando vi è arrivato. Tutto questo comporta un gran dispendio di tempo (nel corso del quale i pazienti per disperazione si sottopongono a ogni tipo di terapia alternativa) e di risorse economiche, per le visite private, per l’acquisto di farmaci e per le cure riabilitative. Ricordiamo infine che le conseguenze del dolore sulla vita lavorativa, psicologica e sociale degli individui sono enormi.”
Dalla ricerca di Cittadinanzattiva, anche la gestione dei pazienti all’interno dei centri di terapia del dolore, seppur considerata positiva dall’85,6%, presenta aree di miglioramento, soprattutto per quanto riguarda il supporto psicologico, di cui si lamenta una certa mancanza, e la verifica e rilevazione della qualità dell’assistenza.
“Sulla base del principio, sottolineato oggi, della corretta integrazione tra i percorsi assistenziali, che devono articolarsi in tre livelli di cura – territorio, ospedale e centri di terapia del dolore – le nostre proposte – prosegue Scaramuzza – si rivolgono ai MMG, per fornire loro una mappatura delle strutture esistenti sul territorio e metterli nelle condizioni di dedicare più tempo a ogni assistito, agli hub, per prevedere al loro interno un adeguato servizio di sostegno psicologico e strumenti di valutazione civica e infine all’opinione pubblica, per informarla dell’esistenza dei servizi sul territorio. In sintesi, il nostro obiettivo è diffondere il principio che “non siamo nati per soffrire”.
“La legge 38 rappresenta un significativo passo avanti verso una normativa più organica e soprattutto civile in materia di terapie antalgiche e cure palliative – conclude Gatti – Con essa si vuole assicurare l’accesso all’assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza nel rispetto della dignità e dell’autonomia della persona, anche nei confronti del bambino. Una buona legge che tuttavia stenta a venire attuata nella sua globalità perché trova ancora ostilità ambientali nella sua applicazione e ostacoli alla sua piena attuazione. Il momento purtroppo non è certo favorevole. I piani di rientro delle Regioni – conclude Gatti – sono in questo momento il vero focus della Sanità e tagli, blocchi e rinvii di decisioni sono all’ordine del giorno. Resta quindi aperto il divario tra potenzia lità terapeutiche da una parte e accesso alle cure dall’altra.”