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Asbesto, asbestosi. Parole enigmatiche, con una storia carica di dolore. Lo stesso vale per il mesotelioma pleurico, vera “bestia”, che uccide velocemente, nel giro di 1 o 2 anni dalla diagnosi.

A unire i punti di questa croce è la parola amianto (asbesto, appunto), fuori legge dal 1992, ma in grado di far migliaia vittime prima e ancora dopo quella data. Oltre 2.191 morti, quelli accertati dalla sentenza di condanna del Tribunale di Torino ai magnati dell’Eternit. Molti di più secondo i dati epidemiologici. Secondo stime passate dell’Ispesl, l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro, il bilancio tragico è destinato ad aggravarsi: altre 10mila, forse 15mila vittime ancora e un picco nel 2017.

L’amianto, appunto, che fuoriesce in polvere dagli scarti di lavorazione o dalla frantumazione delle fibre. “Si tratta di un vero killer, silenzioso, latente, subdolo, spietato”, spiega a Salute24 Roberto del Negro, pneumologo, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Pneumologia della Ulss22 della Regione Veneto. A farne le spese anche mogli inconsapevoli che respiravano “morte” scuotendo le tute dei mariti lavoratori dalla polvere killer e persino i barbieri che, tagliando i capelli di clienti appena usciti dalla fabbrica, stavano scrivendo la loro condanna. “Questo perché i danni provocati dall’inalazione delle polveri di lavorazione dell’amianto scatenano una ‘reazione atomica’ che si manifesta 20, 30 anni dopo la contaminazione”. Come? “La polvere di amianto, è una polvere biologicamente attiva, costituita da aghi filiformi talmente sottili e microscopici da penetrare fin nel polmone più profondo, arrivando agli alveoli polmonari, fino a superarli e ad entrare in circolo”, spiega lo specialista. “Si tratta di sostanze fortemente irritanti, che possono scatenare lesioni tumorali e un particolare tumore maligno, il mesotelioma pleurico, che colpisce i mesoteli, le pleure, i sottili ‘fogli’ di membrana sierosa che avvolgono e proteggono il polmone”.

Spesso chi si è ammalato, quando ancora non si conosceva il volto della “bestia”, avvertiva forti dolori al torace, fatica nel respirare, sintomi che venivano scambiati con quelli di una “banale” pleurite. Era l’anticamera del cancro. “Si trattava, infatti, di una pleurite con una rapidissima evoluzione e quando i medici aspiravano il liquido formatosi per via dell’infiammazione ci si accorgeva che era quasi del tutto frutto di emorragie, prodotte dalla metastatizzazione”. Il cancro che aveva già aggredito il polmone. “E poi la pleura finiva per accartocciarsi sul polmone, incarcerandolo”. Con un paradosso. “Visto il lungo periodo di latenza, dai 10 ai 40 anni – spiega Del Nero – si arriva a scoprire il tumore sempre tantissimo tempo dopo il contatto”. Che tra l’altro può essere anche di breve durata. “Per questo, anche quando si devono smantellare pochi metri quadrati di tettoia – ricorda lo specialista – , casomai su di un vecchio garage, non bisogna mai rischiare in proprio. Ci si può rimettere la vita”.
di Cosimo Colasanto
Il Sole 24

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