Attacchi cardiaci: la mortalità è determinata anche dai livelli di zuccheri nel sangue
I pazienti con alti livelli di glicemia nel sangue, così come i diabetici, avrebbero maggiori probabilità di morire a seguito di un attacco di cuore rispetto a coloro che non presentano queste condizioni
Attenzione ai livelli di zuccheri nel sangue, sia perché possono essere indicatori o l’anticamera di malattie, ma anche perché se si è vittima di un evento cardiovascolare come un infarto o attacco di cuore si rischia di avere più probabilità di morirne.
Questo quanto suggerisce uno studio a cura dei ricercatori dell’Accademia Sahlgrenska, presso l’Università di Göteborg, in Svezia.
I pazienti con coronaropatia dunque sarebbero a maggiore rischio di morte se hanno alti livelli di glicemia nel sangue o se sono affetti da diabete di tipo 2, ritengono gli autori dello studio, coordinati dal dottor Petur Petursson. Allo stesso modo, chi soffre di diabete o pre-diabete che sia stato sottoposto a intervento chirurgico coronarico è oggetto di una prognosi meno favorevole rispetto a chi non è diabetico.
«I diabetici di tipo 2 con sospetta malattia coronarica che sono in terapia insulinica hanno una minore sopravvivenza – spiega il dottor Petursson – Non siamo stati in grado di dimostrare la causa esatta, ma gran parte di questa può essere spiegata nel perché coloro che sono in terapia insulinica hanno una malattia più grave».
Nel comunicato UG, l’autore della ricerca sottolinea la necessità di ottenere una diagnosi precisa quando si tratta di malattie coronariche, poiché in questi casi può fare una grande differenza nella gestione del paziente, della malattia stessa e, infine, nella sopravvivenza delle persone coinvolte.
«Il personale medico può tranquillamente ipotizzare che i pazienti affetti da malattie delle arterie coronariche abbiano un qualche tipo di disordine di zuccheri nel sangue, quindi devono essere stabilite delle strategie per la gestione di questi disturbi in ogni clinica del cuore del Paese», conclude Petursson.
Teniamo dunque sotto controllo i livelli di glucosio nel sangue e l’eventuale diabete. Anche se non soffriamo necessariamente di malattie cardiache – almeno per il momento.
La Stampa.it