Gli “occhi del cervello”, parola di scienziati, che stanno studiando come vengono interpretati i segnali visivi
Il cervello ha occhi ovunque. Parola di scienziati: l’uomo è in grado di riconoscere gli oggetti che vede nel giro di poche centinaia di millisecondi e senza alcun apparente sforzo, ma dietro c’è un complesso processo cognitivo, che nessun sistema di visione artificiale o potente calcolatore è stato finora in grado di riprodurre con gli stessi risultati. Un ricercatore italiano, affiancato da due collaboratori americani, si cimenta nella sfida di svelare i segreti della visione umana.
Il tema dei meccanismi neuronali che ci consentono di interpretare le scene visive ed estrarne informazioni essenziali per interagire con il mondo circostante e per guidare le nostre azioni motorie viene affrontato sulla rivista ‘Neuron’ da Davide Zoccolan, scienziato della Sissa (Scuola internazionale superiore di studi avanzati) di Trieste, istituto in cui dirige il laboratorio di neuroscienze visive.
Il neuroscienziato ha pubblicato con James Di Carlo del Mit di Boston e Nicole Rust, University of Pennsylvania, un articolo che fa il punto su quanto sappiamo in merito a questo processo computazionale che, precisa, resta tuttora poco compreso: “Noi riusciamo con apparente semplicità a identificare e riconoscere le lettere sullo schermo del computer, una tazzina di caffè sul tavolo e un volto familiare, centinaia di migliaia di oggetti diversi indipendentemente dagli infiniti modi in cui possono presentarsi davanti ai nostri occhi: per la posizione, l’orientamento, la dimensione, il contesto e le condizioni di illuminazione”, osserva il ricercatore torinese dal 2009 in forze alla Sissa.
Questa facoltà, spiega ancora l’esperto, è detta ‘riconoscimento invariante’ e da un punto di vista evolutivo è funzionale alla nostra sopravvivenza: molte delle nostre attività quotidiane, dalla ricerca del cibo alle interazioni sociali, dipendono infatti dalla capacità di estrarre in modo accurato e veloce l’identità degli oggetti tra tutte le informazioni che raggiungono la nostra retina.
La comprensione di questi meccanismi neuronali, continua Zoccolan, “rappresenta non solo una delle maggiori sfide delle neuroscienze sistemiche e computazionali, ma anche un passo fondamentale verso lo sviluppo di sistemi di visione artificiale”. Il riconoscimento visivo è infatti un processo di elaborazione dell’informazione molto complesso, tanto che nei primati non umani metà della corteccia cerebrale è destinata allo svolgimento di compiti visivi, assicurano gli esperti.
Zoccolan e il suo team hanno scoperto recentemente che anche i ratti riescono a codificare in modo invariante gli oggetti. Nel laboratorio della Sissa studiano le proprietà e i limiti del riconoscimento visivo invariante, effettuando esperimenti di psicofisica e neurofisiologia, con l’obiettivo di scoprire i meccanismi neuronali della visione per poter sviluppare sistemi artificiali che si ispirano all’architettura cerebrale.(ADNKRONOS Salute)