Individuato il meccanismo attraverso il quale il cuore riesce ad autorigenerarsi

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cardiomiociti

Individuato il meccanismo attraverso cui il cuore può rigenerarsi da solo: un gruppo di studiosi tutto italiano ha scoperto, per la prima volta, che proprio i cardiomiociti – ovvero le cellule muscolari cardiache – possono essere una fonte di cellule staminali con caratteristiche ‘differenziative’ vantaggiose rispetto alle altre staminali.


La ricerca, condotta dagli studiosi dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ibcn-Cnr) di Roma in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico MultiMedica di Milano coordinati da Roberto Rizzi e Claudia Bearzi, apre alla possibilità di utilizzare i cardiomiociti come cellule staminali cardiache passando per lo stadio embrionale.

Lo studio – Gli autori dello studio – pubblicato sulla rivista Cell Death and Differentiation del gruppo Nature – sono rientrati in Italia dopo un lungo periodo lavorativo negli Usa alla Harvard Medical School di Boston. «Le cellule muscolari cardiache, come è noto, hanno una ridottissima percentuale di rigenerazione – spiega Rizzi -. I cardiomiociti, una volta danneggiati, non sono in grado di rigenerarsi in modo autonomo, come invece succede in altri organi: ciò significa che, a seguito di un danno dovuto, ad esempio, a un infarto, si crea una ‘cicatrice’ che riduce la capacità funzionale del cuore».

Grazie al loro studio i ricercatori italiani sono riusciti a generare nuove cellule cardiache partendo da cardiomiciti già specializzati: «Introducendo 3 geni embrionali nel genoma di cardiomiociti già differenziati, abbiamo spinto queste cellule ‘adulte’ a tornare indietro nel tempo, allo stato embrionale, e a riacquisire l’abilità a moltiplicarsi e a differenziarsi nuovamente in cellule cardiache battenti».

Bastano pochi geni – Grazie alle loro capacità differenziative, queste cellule potranno essere utilizzate per la riparazione del muscolo cardiaco danneggiato. «La nostra ricerca – spiega Bearzi – ha messo in evidenza che le cellule staminali multipotenti indotte ottenute dai cardiomiociti hanno una capacità maggiore di ridiventare nuovamente cellule cardiache contrattili, rispetto ad altre cellule staminali, e ne ha definito le basi molecolari stabilendo che questa ‘memoria’ dipende da pochi geni».

Staminali pluripotenti e multipotenti: l’approfondimento – Le cellule staminali che vengono definite «pluripotenti» «sono le staminali embrionali che derivano dalla prime divisioni cellulari durante l’embriogenesi, e vengono chiamate così perché sono in grado di generare qualunque tessuto del corpo – spiega Rizzi -. Sono le stesse cellule da cui deriviamo. Nonostante le loro grandi potenzialità rigenerative, il loro utilizzo e/o studio, per limitazioni etiche, è vietato nel nostro Paese». Ci sono poi le staminali multipotenti: «Sono linee cellulari presenti nel nostro corpo in grado di differenziarsi nelle cellule di alcuni organi per cui sono predisposte. Di grande rilievo sono quelle che derivano dal midollo osseo». Esistono infine cellule che risiedono in «nicchie» presenti in specifici organi, anche in età adulta, deputate a rigenerare quello specifico tessuto: «Queste ultime sono definite ‘progenitori’ di una particolare linea cellulare». Un approfondimento meritano poi le staminali pluripotenti indotte (iPS): «Una cellula si definisce ‘Pluripotente Indotta (iPS)’ quando è il ricercatore, attraverso procedure genetiche, a riportare una cellula già differenziata a una condizione di ‘pluripotenza’ con caratteristiche pari a quelle delle staminali embrionali, ma senza limitazioni etiche».

Le prospettive terapeutiche – Per ora, conclude Rizzi, «non possiamo parlare di terapia clinica ospedaliera, dal momento che lo studio è ancora in fase sperimentale». Poiché, però, la riprogrammazione di una cellula cardiaca mima perfettamente l’evoluzione di una patologia genetica, «grazie a questo studio sarà ora più facile capire le dinamiche di queste patologie e affrontare il problema individuando nuovi target».
Il Sole 24

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