Rigetto post-trapianti: utile un mix di staminali del donatore

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Trovato un modo per ‘ingannare’ il sistema immunitario e indurlo ad accettare un organo trapiantato. La scoperta, pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine, riguarda l’uso delle staminali del donatore e potrebbe aiutare i pazienti che ricevono l’organo a evitare di assumere farmaci a vita per prevenire il rigetto.

Un gruppo di ricercatori dell’Universita’ di Louisville in Kentucky ha sottoposto alla procedura otto pazienti che hanno ricevuto un trapianto di rene. Ebbene, il nuovo approccio ha avuto effetti positivi su cinque pazienti che sono riusciti a evitare di assumere farmaci anti-rigetto gia’ da un anno dopo l’intervento.

“Con i trapianti di organi convenzionali, i destinatari devono prendere le pillole per condizionare il sistema immunitario per il resto della vita. Questi farmaci possono causare gravi effetti collaterali, tra cui la pressione sanguigna alta, il diabete, infezioni, malattie cardiache e cancro. Questo nuovo approccio potrebbe potenzialmente offrire una migliore qualita’ di vita e rischi minori per la salute”, ha spiegato Suzanne Ildstad, autrice della ricerca e direttore dell’Istituto di Terapia Cellulare dell’Universita’ di Louisville. “L’idea – ha continuato – e’ quella di utilizzare le cellule staminali dei donatori per ottenere un migliore attecchimento del trapianto. In pratica, cio’ che stiamo cercando di fare e’ ottenere che le cellule del donatore e quelle del ricevente riescano a convivere pacificamente dopo il trapianto”. Il metodo prevede che circa un mese prima del trapianto, ai pazienti sia iniettato un farmaco nel sangue che funge da ‘agevolatore’ per la creazione di un ambiente favorevole alle staminali del donatore. Il paziente e’ inoltre sottoposto a radiazioni e chemioterapie per ridurre il ruolo del sistema immunitario. Segue il trapianto effettuato chirurgicamente e qualche giorno dopo, il paziente subisce l’innesto di un mix arricchito di cellule staminali del donatore, mix brevettato da Ildstad, con la speranza di formare due sistemi di midollo osseo che siano in grado di coesistere e funzionare in una sola persona. A seguito di tali procedure, il destinatario inizia a prendere farmaci anti-rigetto con l’obiettivo di smettere di assumerli entro un anno dopo il trapianto.

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