Stipsi cronica: una malattia che compromette seriamente la qualità di vita dei pazienti
Presentati a Milano i risultati della ricerca
LIRS (Laxative Inadequate Relief Survey) condotta da Doxa Pharma
con il contributo non condizionato di Shire Italia.
Quasi il 50% del campione, costituito da circa 900 pazienti con stipsi cronica, giudica negativamente il proprio stato di salute.
La malattia condiziona la salute fisica ed emotiva dei pazienti:
4 le ore di lavoro perse ogni settimana per i casi più gravi.
Inoltre, 1 paziente su 3 non è soddisfatto delle attuali terapie disponibili.
Milano, 9 marzo 2012 – In Italia le persone affette da stipsi cronica sono per l’80% donne, con un’età media di 50 anni, e da circa 17 anni soffrono di questa patologia.
Questo, in estrema sintesi, l’identikit del paziente affetto da stipsi cronica, patologia che colpisce circa il 15%-20% della popolazione italiana, descritto dalla ricerca LIRS – Laxative Inadequate Relief Survey.
L’indagine LIRS, condotta da Doxa Pharma con il supporto non condizionato di Shire Italia e presentata oggi a Milano, ha coinvolto 39 centri di gastroenterologia in tutta Italia e circa 900 pazienti, con l’intento di fare il punto sulla qualità di vita (fisica, psicologica e sociale) di chi soffre di questa patologia, sull’impatto socio-economico della stessa, e sul grado di soddisfazione/insoddisfazione dei pazienti nei confronti delle terapie oggi disponibili.
“La stipsi cronica non si limita all’alterazione dell’alvo, ma è il risultato di una sintomatologia più complessa che include, ad esempio, gonfiore, sforzo, sensazione di evacuazione incompleta, fastidio all’addome, che riducono la qualità di vita del paziente.” – dichiara il Professor Enrico Corazziari, Ordinario di gastroenterologia all’Università di Roma “La Sapienza” – “Infatti, da quanto emerge dai dati dell’indagine LIRS, questi sintomi sono le manifestazioni più sgradevoli e frequenti avvertite in modo forte e molto forte da circa il 50% del campione”.
Una qualità di vita, fisica ed emotiva, compromessa – Secondo i risultati LIRS, il 46% dei pazienti con stipsi cronica giudica “non buona” la propria salute. La ricerca evidenzia, inoltre, che il superamento della soglia sotto la quale si registra una significativa limitazione della salute fisica, nel caso della stipsi cronica, è condizionato dalla numerosità e dall’intensità dei sintomi. Sintomi ai quali, nonostante l’andamento cronico della malattia, non ci si abitua ma che, anzi, peggiorano con il passare degli anni.
Nel campione LIRS, chi soffre di stipsi cronica percepisce la propria condizione di malato cronico e avverte la medesima limitazione di questa situazione al pari di un iperteso o di un malato di artrosi e in modo maggiore rispetto a chi soffre di emicrania.
La stipsi cronica è, dunque, un disturbo che condiziona la vita, restituisce un vissuto di profondo disagio, determinando un processo di ridefinizione della propria “normalità”.
“Le maggiori sensazioni fisiche riferite dal paziente sono: pesantezza (72% nei casi severi), stimolo all’evacuazione senza riuscirci (66%), e gonfiore di intensità anche severa (63%).” – commenta il Professor Guido Basilisco, gastroenterologo presso l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – “Sensazioni che si concretizzano in difficoltà nella vita quotidiana come: attenzione alla propria alimentazione (51%), sensazione di imbarazzo nel rimanere a lungo in bagno (49%) e preoccupazione di dover cambiare abitudini (41%)”.
Le implicazioni emotive, poi, al pari di quelle fisiche, provocano un’alterazione del benessere del paziente, condizionando il modo di affrontare la quotidianità. Esse riguardano sensazioni provate in modo molto forte quali, ad esempio, la preoccupazione di non essere riuscito ad andare di corpo al bisogno (67%), la sensazione che il corpo non funzioni bene (62%), o la paura che i disturbi peggiorino (58%).
“E’ interessante sottolineare inoltre, – continua il Professor Basilisco – come la sofferenza emotiva dei malati di stipsi cronica sia simile a quella di importanti malattie organiche, collocandosi tra l’ulcera peptica e l’infarto miocardico”.
L’impatto socio-economico della patologia – Oltre all’impatto fisico ed emotivo dei sintomi sulla qualità di vita del paziente, non meno significativo è l’effetto della malattia nel contesto sociale.
Dalla ricerca LIRS è emerso, infatti, che il numero di ore lavorative perse in una settimana a causa della stipsi cronica va da 4 ore nei casi più gravi, a circa 1 in quelli più lievi.
Partendo da questo dato, si è calcolato che un paziente con stipsi cronica grave costa in media, in termini di assenteismo, 1.500 € all’anno. Costo che scende a 500 € all’anno nel caso di un paziente con stipsi cronica molto lieve. Da qui deriva che una terapia in grado di ridurre i sintomi della patologia potrebbe consentire un risparmio pari a 1.000 € l’anno a paziente (solo in termini di assenteismo dal lavoro). La malattia, tuttavia, non provoca soltanto assenteismo dal lavoro, ma anche una minor produttività, tanto maggiore quanto più gravi sono i sintomi della stessa. Si passa, infatti, da una riduzione delle performance lavorative del 35% per i pazienti più severi, al 20% per quelli con forme più lievi.
“Se l’assenteismo è una voce facilmente misurabile, la riduzione dell’efficienza sul lavoro, dovuta all’interferenza di una patologia funzionale, parametro molto importante nella valutazione quantitativa e qualitativa dell’attività produttiva, è di più difficile determinazione – dichiara il Professor Rosario Cuomo, Associato di gastroenterologia all’Università Federico II di Napoli – Non esistono ancora corretti misuratori che evidenzino in termini economici cosa significhi ridurre di un terzo le performance lavorative, anche se negli Stati Uniti ci sono gruppi di studio che stanno cercando di dare una risposta a questo aspetto. E’ importante, infatti, sottolineare che i pazienti affetti da stipsi cronica sperimentano una reale sofferenza che compromette la qualità di vita personale e lavorativa – conclude il Professor Cuomo – e questo ha un’importanza sociale, non solo individuale, con ripercussioni economiche rilevanti”.
I bisogni e le insoddisfazioni dei pazienti rispetto alla terapia – Spesso la percezione del “malessere” e del peggioramento della qualità della vita non sono legate solo al disturbo ma anche all’insoddisfazione del paziente con stipsi cronica rispetto all’offerta terapeutica oggi disponibile (rappresentata principalmente dai lassativi). L’indagine LIRS rileva, infatti, che solo 1 paziente su 5 è soddisfatto della terapia in atto. La percentuale di chi si dichiara, invece, insoddisfatto va dal 35% per i pazienti di grado moderato al 50% per quelli più severi.
“I medici sono consapevoli e sperimentano quotidianamente l’insoddisfazione nei confronti dei lassativi da parte dei propri pazienti. Questo può avvenire per diversi motivi, che vanno dagli effetti collaterali provocati, alla necessità di cambiare spesso tipo di farmaco perché non efficace” –
dichiara il Professor Vincenzo Stanghellini, Direttore del Dipartimento di Medicina Interna e Gastroenterologia dell’Università degli Studi di Bologna Policlinico S. Orsola – Malpighi.
Indipendentemente dalla tipologia di lassativo utilizzato il grado di non soddisfazione del paziente non cambia: si va dal 35% per chi assume fibre o lassativi formatori di massa, al 37% per i lassativi osmotici, al 42% per i lassativi stimolanti, al 39% per chi assume una combinazione di più lassativi.
“Fortunatamente – continua Stanghellini – da oggi la classe medica ha a disposizione una nuova opzione terapeutica rivolta alla popolazione femminile affetta da stipsi cronica che non ha trovato una risposta soddisfacente ai numerosi lassativi disponibili. Si tratta di prucalopride, una soluzione che favorisce la motilità dell’intestino in modo fisiologico. La molecola agisce, infatti, come agonista selettivo del recettore della serotonina (5-HT 4) che ha come bersaglio l’alterata motilità del colon.” – conclude Stanghellini – “In questo modo viene favorito il coordinamento dei movimenti peristaltici dall’alto verso il basso, che portano i contenuti intestinali verso il retto, facilitando la normale evacuazione.”
Un quadro complesso, dunque, quello che emerge dai risultati LIRS e che evidenzia la necessità di un approccio sempre più attento alla stipsi cronica e di opzioni terapeutiche sempre più mirate con l’intento di diminuire gli effetti invalidanti della patologia sulla qualità di vita dei pazienti.
SHIRE ITALIA SPA
Shire Italia S.p.A., fondata nell’anno 2000, è una consociata di Shire Plc (www.shire.com), società specialistica biofarmaceutica con sede principale nel Regno Unito. A Firenze, Shire Specialty Pharma opera in ambito ematologico, nefrologico, nella neuropsichiatria infantile e nella gastroenterologia mentre, a Genova, Shire Human Genetic Therapies svolge attività per il trattamento di malattie genetiche rare.
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