Cervello ed intelligenza coniati da un pool di geni
Un’ampia collaborazione internazionale è riuscita a individuare alcuni geni le cui varianti sono correlate allo sviluppo cranico e cerebrale. Quattro di essi controllano la velocità con cui l’ippocampo tende a restringersi con l’età , indicando il livello di rischio di incorrere nella malattia di Alzheimer, mentre uno è associato alle dimensioni del cervello e al quoziente di intelligenza.
Un importante passo in avanti nella comprensione delle componenti genetiche che influiscono sullo sviluppo del cervello e, in età avanzata, della malattia di Alzheimer, è stato compiuto da un gruppo internazionale di oltre 200 scienziati appartenenti a 100 istituzioni di ogni parte del mondo che ne riferiscono in tre articoli pubblicati online sulla rivista “Nature Genetics”.
“In questo studio abbiamo cercato due cose”, spiega Paul Thompson, professore di neurologia all’Università della California a Los Angeles, che ha partecipato alla ricerca. “Abbiamo cercato i geni che aumentano il rischio di una singola malattia che può essere trasmessa ai figli. E abbiamo cercato i fattori che causano l’atrofia dei tessuti cerebrali riducendone la dimensione, che è un marker biologico per patologie ereditarie come la schizofrenia, disturbo bipolare, la depressione, il morbo di Alzheimer la malattia e la demenza. ”
La ricerca è la più vasta mai effettuata finora sul cervello. “Le singole istituzioni – ha aggiunto Thompson – non disponevano di un numero sufficiente di scansioni cerebrali da analizzare per ottenere risultati definitivi. Per questo abbiamo condiviso i nostri dati nel progetto ENIGMA (Enhancing Neuro Imaging Genetics through Meta-Analysis)”, che ha messo in comune scansioni cerebrali e dati genomici posseduti da tuite le istituzioni coinvolte.
Il primo studio, basato su un’analisi genetica di oltre 9000 persone con un’età media di 67 anni, ha scoperto che alcune versioni di quattro geni potrebbero accelerare la riduzione volumetrica di una struttura del cervello, l’ippocampo, coinvolta nella formazione di nuove memorie. E’ noto che l’ippocampo con l’età tende a subire normalmente una riduzione di volume, ma se il processo accelera, ciò potrebbe aumentare la vulnerabilità alla malattia di Alzheimer, la ricerca suggerisce.
Le varianti genetiche individuate non causano di per sé il morbo di Alzheimer, ma possono privare l’ippocampo di una sorta di “riserva” di sicurezza contro la malattia. Gli scienziati hanno calcolato che nelle persone con queste varianti la riduzione dell’ippocampo accelera in media di circa quattro anni. Dato che a partire dall’età di 65 anni il rischio di Alzheimer raddoppia ogni cinque anni, un portatore delle varianti di quell’età ha un rischio doppio di dover fronteggiare la malattia rispetto a un coetaneo non portatore. O, da un’altra prospettiva, se un portatore delle varianti si ammala, arriverà a uno stadio più grave della malattia a un’età inferiore.
“Sappiamo già che il morbo di Alzheimer provoca gran parte del suo danno riducendo il volume dell’ippocampo”, osserva Charles DeCarli, dell’Università della California a Davis e uno dei coordinatori della ricerca. “Se qualcuno perde una quantità superiore del volume alla media a causa delle varianti del gene che abbiamo identificato, l’ippocampo è più vulnerabile alla malattia.”
Perché con l’invecchiamento l’ippocampo diminuisca normalmente in volume non è chiaro. La nuova ricerca mostra che i geni maggiormente legati al fenomeno sono coinvolti nella maturazione dell’ippocampo e nell’apoptosi, il processo continuo di suicidio cellulare attraverso cui vengono rimosse le cellule tropo vecchie o danneggiate. Gli scienziati pensano che le varianti genetiche identificate influiscano sia sulla maturazione dell’ippocampo sia sulla velocità con cui le cellule muoiono.
“Abbiamo trovato una prova inequivocabile a sostegno di un legame genetico fra funzione del cervello e intelligenza”.
Il secondo studio, effettuato nell’ambito del consorzio CHARGE (Cohorts for Heart and Aging Research in Genomic Epidemiology), ha invece individuato due geni associati al volume intracranico, lo spazio all’interno del cranio occupato dal cervello quando il cervello raggiunge il suo completo sviluppo, di solito intorno ai 20 anni.
In particolare, i ricercatori hanno scoperto che il volume intracranico è significativamente associato adue loci (noti come rs4273712, e rs9915547). “Poiché sono già conosciute altre funzioni di questi geni, associarli al volume intracranico può aiutarci a comprendere meglio lo sviluppo del cervello in generale”, ha detto Decarli. “Per esempio, sappiamo che uno di questi geni ha svolto un ruolo evolutivo unico nello sviluppo umano, e forse la nostra specie sta selezionando questo gene come strumento per consentire ulteriori progressi nello sviluppo del cervello.”
Infine, i ricercatori in un terzo articolo illustrano come hanno scoperto che una variante di un gene chiamato HMGA2 appare correlata alle dimensioni del cervello, nonché all’intelligenza di una persona. Uno degli aspetti che più ha sorpreso i ricercatori è che la variazione interessa una sola base:i soggetti in cui il cui il gene HMGA2 presenta in una specifica posizione una base “C” invece di “T” hanno cervelli più grandi e ottengono punteggi più elevati in test di intelligenza standard.
“Si tratta di una scoperta davvero emozionante: il cambiamento di una singola lettera porta a un cervello più grande,” commenta Thompson. “Abbiamo trovato una prova piuttosto inequivocabile a sostegno di un legame genetico fra funzione del cervello e intelligenza. Per la prima volta, abbiamo la prova certa di come questi geni influenzano il cervello. Questo ci fornisce nuovi indizi su come mediare il loro impatto”.
Il prossimo obiettivo del progetto ENIGMA sarà l’individuazione dei geni che influenzano le connessioni cerebrali, che risultano danneggiate in patologie come il morbo di Alzheimer, l’autismo e la schizofrenia. I ricercatori useranno la tecnica di imaging per risonanza magnetica in diffusione, una nuova metodologia che consente di ottenere una mappa delle vie di comunicazione tra i neuroni in vivo.