Appropriatezza e sostenibilità nella gestione dell’incontinenza urinaria: ASL e cittadini a confronto

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Lombardia, Piemonte, Toscana e Campania sotto la lente per quantificare l’impatto economico e sociale dell’incontinenza urinaria nell’anziano fragile e nel suo nucleo familiare

Milano, 14 maggio 2012 – Fondazione italiana continenza, di concerto con l’Area Sanità e Salute di Fondazione ISTUD, presenta oggi i risultati dello studio “Gestione dell’Incontinenza nell’anziano: appropriatezza e sostenibilità” realizzato per conoscere e valutare l’incontinenza urinaria sotto il profilo dell’impatto socio-economico sulle persone affette da tale patologia, sui loro familiari e su chi se ne occupa.

L’incontinenza rappresenta un problema socio-sanitario rilevante per il quale è importante trovare risposte soddisfacenti sia in termini di efficacia, sia di rapporto costo/beneficio, soprattutto in relazione all’invecchiamento della popolazione. È una patologia in continuo aumento. Nella sola Europa nel 2000 gli ultra65enni erano 71 milioni e si stima che arriveranno a essere 107 milioni nel 2025 e 165 milioni nel 2050. L’incontinenza può interessare qualunque fascia d’età ed entrambi i sessi, con una maggiore prevalenza nelle donne: nella popolazione di età compresa tra i 15 ed i 64 anni, infatti, la prevalenza negli uomini varia dall’1,5% al 5% mentre nelle donne dal 10% al 30%. L’insorgenza d’incontinenza urinaria cresce all’aumentare dell’età: per i soggetti non ospedalizzati di età superiore ai sessant’anni, infatti, la prevalenza di incontinenza urinaria varia dal 15% al 35%. Nelle case di riposo, nelle residenze assistite e nelle corsie geriatriche fino al 70% dei degenti risulta incontinente, senza contare le persone anziane che vivono al proprio domicilio e ne sono frequentemente colpite.

“L’incontinenza urinaria costituisce un problema socio-sanitario rilevante. Un ruolo chiave per ridurre l’entità del disagio, che deriva dalla condizione clinico-patologica, è costituito dal corretto impiego degli ausili per l’incontinenza. Pertanto la loro qualità tecnica e le caratteristiche dell’offerta da parte del sistema assistenziale sono elementi cardine per analizzare le modalità con cui è possibile far fronte ai bisogni della persona incontinente, soprattutto se affetta da una forma di incontinenza medio-grave ed è in età matura o avanzata.” ha commentato il prof. Aldo Bono, componente del comitato scientifico della Fondazione italiana continenza che ha coordinato la ricerca, Primario Urologo Emerito dell’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese e già Presidente SIU, Società Italiana di Urologia

. “Non dimentichiamo che l’incontinenza ha un impatto molto negativo sulla vita quotidiana della persona che ne soffre: la paura di bagnarsi, il disagio legato all’odore e alla sensazione di scarsa igiene provocano ripercussioni negative sullo stato di salute complessivo, nelle relazione sociali e nella qualità di vita, nonostante ciò spesso non si pone la dovuta attenzione alle fasi di diagnosi, di classificazione, di terapia e soprattutto di eventuale recupero.”

I pazienti e i loro familiari hanno espresso un forte disagio sociale e sono sottoposti a un elevato carico assistenziale ed economico, di cui non risultano consapevoli i responsabili delle ASL. In molti casi i pazienti non segnalano il proprio disagio, per paura di perdere quanto riconosciuto, ma anche le ASL, dal canto loro, mostrano scarso interesse a valutare la soddisfazione dell’utenza per servizi erogati.

La sanità ha cominciato la propria spending review da tempo, indirizzando le gare per l’acquisto dei presidi prevalentemente su un risparmio a breve termine. Questo atteggiamento ha distratto il focus dagli aspetti prioritari nella fornitura di ausili, ossia la qualità del prodotto e la capacità di migliorare la qualità di vita. Il prezzo infatti è risultato essere il primo criterio di valutazione all’interno dei capitolati d’acquisto nel 58% delle ASL che hanno aderito allo studio, in un caso addirittura l’unico parametro preso in considerazione. La qualità del prodotto e del servizio, in genere, rivestono un ruolo minoritario nell’ambito della gara: hanno rispettivamente un valore medio pari a 33,6% e 22,5%. Si tratta di una modalità “miope” di risparmio, perché non tiene conto dei numerosi risvolti economici legati alla scelta di un ausilio piuttosto che di un altro e soprattutto non considerano gli aspetti principali per il paziente, il quantitativo e la qualità degli ausili fornito dall’ASL. Dalla ricerca emerge infatti che per il 31% dei pazienti il quantitativo è insufficiente (14% per i cateteri) e il 27% delle persone acquistano di tasca propria prodotti aggiuntivi a quelli forniti dall’ASL, cui si sommano eventuali spese connesse a visite specialistiche e assistenza a pagamento da parte di una persona esterna (badante o infermiere). Oltre al carico di cura e assistenza le persone anziane fragili e il loro nucleo familiare devono spesso sostenere ulteriori spese aggiuntive rilevanti.

Anche l’aspetto informativo e la libertà di scelta, che non sempre comportano un aggravio nei costi, sono sottovalutati e più della metà dei pazienti dichiara di non essere stato coinvolto nella scelta di marca e tipologia di prodotto (61% per i prodotti assorbenti, 53% per i cateteri).

Il sistema di distribuzione rappresenta un altro elemento importante per gli utenti, che varia da regione a regione. Solo un’esigua parte delle ASL/distretti del campione lascia la possibilità di scelta della modalità distributiva all’utente (11,8% per i prodotti assorbenti e 6,7% per i cateteri). Questo dato è in linea con quanto affermano i pazienti, che nella maggior parte dei casi (58%) non hanno potuto decidere come ricevere o ritirare gli ausili. Oltre a non essere coinvolti nella decisione del prodotto di cui poi usufruiranno, e a non poter scegliere la modalità di ritiro, i pazienti lamentano anche una scarsa informazione sulle caratteristiche e il costo degli assorbenti che ricevono (il 61% del campione ne è all’oscuro).

Questi dati, pertanto, evidenziano come la fornitura di ausili per l’incontinenza non sia vissuta dalle Aziende Sanitarie come un servizio offerto al paziente, bensì come una mera consegna del prodotto. I risultati evidenziano come il Piemonte sia in controtendenza rispetto a tali aspetti, in quanto la maggior parte delle persone (60%) è a conoscenza dei prezzi e delle caratteristiche dei prodotti che utilizza, nell’83% dei casi sono mediamente informate sul loro corretto utilizzo e vengono coinvolte sia per l’assegnazione dei prodotti assorbenti, sia per l’assegnazione dei cateteri (60% e 82%, rispettivamente).

“L’auspicio della Fondazione italiana continenza e della Fondazione ISTUD è che questa ricerca contribuisca a un ripensamento dell’approccio all’erogazione degli ausili per incontinenza che, per essere efficace ed efficiente, deve essere sistemico e porre il paziente sempre al centro” commenta il prof. Roberto Carone, Presidente della Fondazione italiana continenza e Direttore della Struttura complessa di Neuro-Urologia dell’ospedale CTO/Maria Adelaide di Torino. “È necessario che l’attenzione evolva da un acquisto di beni al prezzo più basso verso l’erogazione di una prestazione sanitaria appropriata. Puntare alla reale appropriatezza prescrittiva, promuovendo anche attraverso la libera scelta una corretta formazione e informazione di operatori sanitari e pazienti, sembra essere la via da seguire, come evidenziano i dati della ricerca”.

“Questa ricerca ha rappresentato per la Fondazione ISTUD una grande opportunità nell’esaminare il vissuto dei pazienti rispetto alla qualità dei servizi offerti” afferma Luigi Reale, Area Sanità e Salute Fondazione ISTUD. “Lo scopo non è stato solo fornire una base conoscitiva sulla quale valutare la migliore soluzione organizzativa per un servizio di fornitura degli ausili per l’incontinenza, ma migliorare la qualità di vita delle persone che soffrono di questa patologia. ‘La tecnologia aumenta tantissimo la qualità della vita quindi non tagliamo le risorse, semmai aumentiamo i controlli per evitare gli sprechi’ questo è il commento di uno degli intervistati, rappresentativo sia del sentimento generale sia del messaggio che lo studio esprime”.

 

La Fondazione italiana continenza, ente senza fini di lucro, nasce nel 2000 e si propone di far conoscere all’opinione pubblica le tematiche dell’incontinenza, di identificare i bisogni dei pazienti e le possibili soluzioni, di contribuire al miglioramento della loro qualità di vita e al superamento degli aspetti più critici della patologia. Inoltre, la Fondazione italiana continenza vuole contribuire a migliorare l’educazione sanitaria dei cittadini in materia di incontinenza, contribuire alla preparazione degli operatori sanitari e sostenere il principio della qualità dei servizi delle strutture sanitarie in termini di prevenzione, riabilitazione e cura. Oltre a promuovere la ricerca, l’istituzione di figure professionali specifiche e la sperimentazione scientifica, la Fondazione italiana continenza vuole svolgere un ruolo attivo in qualità di interlocutore del Ministero della Salute, delle Regioni  e delle altre istituzioni governative, per tutti i temi relativi a incontinenza urinaria e fecale.

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La Fondazione ISTUD è una Business School indipendente che opera in Europa nel campo della formazione professionale superiore e della ricerca sul management. Fondata nel 1970 per iniziativa di Assolombarda e di un gruppo di grandi aziende italiane e multinazionali (fra cui Pirelli, Olivetti, IBM, SMI), la Fondazione ISTUD ha da sempre accompagnato l’evoluzione del management italiano, contribuendo in modo significativo alla diffusione di una moderna “cultura gestionale”. La missione della Fondazione ISTUD è di sostenere la crescita delle imprese e dei manager che vogliono competere attraverso la realizzazione di un nuovo modello economico sostenibile, incentrato sulla creazione di valore per tutti gli attori del processo; offrendo un portafoglio integrato di programmi di ricerca e formazione manageriale, direttamente applicati alle realtà e alle sfide che le organizzazioni stanno affrontando.

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