Cervello: funzionalità legata ai gradi di acidità delle diverse aree

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I livelli di acidità nelle diverse aree cerebrali sarebbero correlati alla funzionalità dei circuiti neuronali. Lo rivela un nuova tecnica di visualizzazione dell’attività cerebrale che consente di monitorare in vivo e in modo non invasivo i cambiamenti del livello di acidità in specifiche aree del cervello, e che potrebbe contribuire agli studi di neuroscienze a fianco delle attuali metodiche di imaging .

Un eccesso di acidità nel cervello sembra collegato a disturbi di ansia, panico e depressione. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato sui “Proceedings of the  National Academy of Sciences” in cui viene descritta una nuova tecnica di brain imaging che permette di rilevare in modo non invasivo il livello di acidità cerebrale anche in aree localizzate, livello che si è rivelato in correlazione al livello di attività neuronale.

“Il nostro metodo per rilevare l’attività cerebrale dipende da variazioni di pH, ed è diverso dal segnale che misura la fMRI”, ha detto John Wemmie, professore associato di psichiatria all’Università dello Iowa. “Questo ci dà un altro strumento per studiare l’attività cerebrale.” Attualmente, infatti, la risonanza magnetica funzionale (fMRI) misura l’attività del cervello individuando un segnale che è legato ai livelli di ossigeno nel sangue che scorre nelle regioni cerebrali attive. Il nuovo metodo, invece, risponde ai cambiamenti di pH, ma non è influenzato dai cambiamenti ossigenazione del sangue.

“Ci siamo interessati all’idea che il pH possa cambiare la funzionalità del cervello perché abbiamo trovato indizi di recettori che vengono attivati da un pH basso”, ha aggiunto Wemmie. “La presenza di questi recettori implica la possibilità che un pH basso abbia un ruolo di segnalazione nelle normali funzioni cerebrali.”

Gli studi di Wemmie hanno dimostrato che queste proteine che rilevano l’acidità sono necessarie alle normali risposte di paura e all’apprendimento e alla memoria nei topi. Finora tuttavia non esisteva un metodo semplice per misurare le variazioni di pH nel cervello.

Con l’aiuto di Vincent Magnotta, esperto in ingegneria biomedicale presso la stessa università, il gruppo di Wemmie ha ora sviluppato una tecnica di MRI non invasiva che permette di rilevare e monitorare in vivo i cambiamenti di pH a livello cerebrale.
Nello studio ora pubblicato i ricercatori sono stati in grado di tracciare i cambiamenti generali del pH del cervello nei topi. La respirazione di anidride carbonica, che abbassa il pH (rendendo il cervello più acido), ha aumentato il segnale di risonanza magnetica, mentre le iniezioni di bicarbonato, che aumenta il pH del cervello, lo hanno fatto diminuire.

Più interessante è però il fatto che il metodo appare in grado di rilevare l’attività cerebrale localizzata. Quando a un gruppo di volontari umani è stata mostrata  una scacchiera lampeggiante – un esperimento classico che attiva una particolare regione del cervello coinvolta nella visione – i ricercatori hanno riscontrato un calo del pH in quella regione, risultato confermato anche con il ricorso ad altri metodi indiretti.

“Il nostro studio ci dice, in primo luogo, che disponiamo di una tecnica che riteniamo in grado di misurare variazioni di pH nel cervello; e in secondo luogo, questa tecnica basata sulla risonanza magnetica suggerisce che i cambiamenti di pH si verificano in correlazione con le funzioni cerebrali”, ha osservato Margiotta.

“Ciò significa che il cambiamento del pH, in concorso con i recettori sensibili al pH potrebbe essere parte di un sistema di segnalazione che influenza l’attività cerebrale e la funzione cognitiva”, ha concluso Wemmie.

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