Gestione del dolore, istruzioni per luso: dagli esperti arriva il “metodo guida” per medici e farmacisti
La guerra contro la sofferenza inutile in Italia non è ancora vinta. Da un pool di esperti arriva un manuale di indicazioni operative rivolto a chi rappresenta, nel quotidiano, il primo riferimento per i pazienti con dolore. Obiettivo: diffondere sul territorio una reale appropriatezza di diagnosi, prescrizione e consiglio.
Firenze, 29 giugno 2012 – Un attento esame del profilo clinico globale del paziente, la valutazione costante e sistemica del dolore in tutte le sue dimensioni (origine, intensità e durata) e, sulla base di queste caratteristiche, la prescrizione e la dispensazione di una specifica terapia personalizzata e multimodale.
Questi alcuni dei contenuti del manuale presentato oggi a Firenze “Dolore in Italia. Analisi della situazione e proposte operative”, messo a punto da un gruppo multidisciplinare di esperti* per guidare l’operato del medico di famiglia e del farmacista nell’approccio al paziente che soffre. Il volume, realizzato con il grant non condizionante di Angelini, ha visto il coinvolgimento di diverse Società Scientifiche attive nell’area dolore. Secondo alcuni dati riportati nel documento, attualmente in Italia il 21,7% della popolazione convive con la sofferenza inutile, circa 13 milioni di persone, e il 41% considera inefficaci le terapie ricevute.
“A più di due anni dall’approvazione della Legge 38, in Italia esistono ancora dei margini di miglioramento nella misurazione del dolore e nel trattamento antalgico”, afferma Guido Fanelli, fra i componenti della “cabina di regia” che ha redatto il manuale e Presidente della Commissione Terapia del Dolore e Cure Palliative del Ministero della Salute. “L’obiettivo di questo volume è contribuire al necessario cambiamento culturale nella gestione del dolore sul territorio, partendo dalla corretta diagnosi per arrivare all’appropriatezza prescrittiva in medicina generale e all’appropriatezza di consiglio in farmacia. Abbiamo voluto sviluppare uno strumento che fungesse da supporto decisionale, applicabile dal primo approccio diagnostico fino alla dispensazione dell’analgesico più opportuno. Nell’ottica di realizzare quel modello di continuità assistenziale auspicato dalla Legge, medici di famiglia e farmacisti dovranno svolgere un ruolo di crescente importanza, poiché sono le prime figure di riferimento per il paziente che soffre. Il documento presentato oggi è solo il primo passo di un percorso articolato, che proseguirà con specifiche iniziative formative rivolte a queste figure professionali, chiamate a contribuire con il loro impegno a un importante progresso nella qualità delle cure”.
Cruciale è innanzitutto il problema della valutazione. Il dolore è un’esperienza complessa e, come tale, implica una diagnosi in “3D”, che tenga conto di tre parametri fondamentali: origine, intensità e durata, oltre che della situazione globale del paziente.
“Il carattere soggettivo dell’esperienza dolorosa richiede l’utilizzo di strumenti diagnostici appropriati e universalmente condivisi”, dichiara Pierangelo Lora Aprile, Responsabile area Dolore di SIMG e co-autore del progetto. “In funzione delle caratteristiche del dolore, la terapia in grado di coniugare efficacia ed efficienza dev’essere personalizzata rispetto al quadro clinico generale del paziente e multimodale, associando più farmaci, a più basse dosi. Su questo fronte, il medico di famiglia si configura sempre più come un attore di primo piano: l’80-90% del problema dolore dovrebbe infatti trovare risposta nell’ambito delle Cure Primarie, con l’avvio solo dei casi più complessi ai Centri Specialistici. A tal proposito, SIMG sta sperimentando un nuovo modello formativo sul territorio, il progetto TESEO, in base al quale alcuni MMG con particolare interesse alla medicina del dolore forniscono un continuo supporto formativo a un’Aggregazione Virtuale di 20 Colleghi, tramite consulenza on-line, audit, incontri informali e affiancamento nel proprio ambulatorio”.
In base alla sua origine, si distinguono tre principali tipologie di dolore: neuropatico (dovuto a lesione neurologica), nocicettivo infiammatorio e nocicettivo non infiammatorio (entrambi causati da una stimolazione periferica dei sensori dolorifici). Ai fini di una scelta farmacologica appropriata, gli esperti evidenziano la necessità di promuovere l’analgesia pura, ossia paracetamolo e oppioidi, il cui impiego nel trattamento del dolore di tipo non infiammatorio andrebbe adeguato agli standard europei, limitando l’uso improprio di FANS. Per quanto riguarda, invece, il dolore acuto di natura infiammatoria, i FANS sono considerati un valido approccio terapeutico che, in base alla terapia multimodale, può essere eventualmente associato a paracetamolo o oppiacei.
Anche la figura del farmacista entra a pieno titolo nella rete di alleanze che la Legge vuole rafforzare sul territorio. “Le manifestazioni dolorose sono da sempre la prima causa di ricorso al professionista della salute e quindi anche al farmacista di comunità, che rappresenta il presidio più accessibile sul territorio. I farmacisti hanno dunque il dovere professionale di dedicare al dolore la massima attenzione anche in fatto di aggiornamento, sia per consigliare al meglio il cittadino che presenti un problema affrontabile con gli strumenti dell’automedicazione, sia quando si tratta di cogliere i segni di un problema più grave e, quindi, indirizzare tempestivamente al medico la persona che ha davanti”, osserva Andrea Mandelli, Presidente della Federazione Ordini Farmacisti Italiani. “Soltanto con queste sinergie sul territorio sarà possibile sviluppare tutte le potenzialità della Legge 38. Da qui la nostra grande attenzione, anche nell’attività di formazione a distanza (pharmafad.it), al trattamento delle patologie algiche, calibrando il messaggio sulle necessità del farmacista di comunità, ma anche nell’ottica dell’integrazione con gli altri professionisti della salute a vantaggio del paziente”.
In sintesi – concludono gli esperti – la rivoluzione che porterà a un’adeguata gestione del dolore passa necessariamente attraverso l’appropriatezza nella diagnosi, nella terapia e nella dispensazione del farmaco, nell’ambito di una presa in carico globale del paziente. Solo così si potrà pervenire a un concreto, doppio beneficio: per il cittadino, da un lato, che riceverà una risposta assistenziale efficace e vedrà migliorare realmente la sua qualità di vita, e per il Servizio Sanitario Nazionale, dall’altro, che potrà beneficiare di un circolo virtuoso in grado di ridurre prestazioni ospedaliere non necessarie e prescrizioni di farmaci inappropriate.