Stipsi Cronica: il primo riferimento è l’esperienza nella pratica clinica.

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Focus sulla patologia in occasione del Congresso

organizzato da ANEMGI Onlus – Associazione per la Neurogastroenterologia

e la Motilità Gastrointestinale.

In occasione del congresso, presentata la monografia che il professor Enrico Corazziari, ordinario di gastroenterologia dell’Università la Sapienza di Roma e presidente del Congresso, ha dedicato alla stipsi cronica.


Roma, 14 giugno 2012 – Le malattie funzionali gastrointestinali sono probabilmente i disturbi che più spesso entrano nel vissuto di ciascuno di noi, ciononostante ancora non ricevono l’attenzione che meriterebbe il loro impatto sociosanitario. In questa categoria, infatti, rientrano condizioni ad alta prevalenza quali la sindrome dell’intestino irritabile, la stipsi cronica, la diarrea, l’incontinenza fecale, la dispepsia, la malattia da reflusso gastro-esofageo che, complessivamente,costituiscono dopo i disturbi osteo-articolari, la causa più frequente di accesso alle prestazioni sanitarie.

 

Il CONGRESSO

Questa complessa materia e, in particolare, la gestione diagnostica e terapeutica dei pazienti con disturbi funzionali sono al centro del Congresso “Approccio al paziente con malattie funzionali gastrointestinali”, in corso a Roma fino al 16 giugno, organizzato da ANEMGI Onlus – Associazione per la Neurogastroenterologia e la motilità gastrointestinale – e presieduto dal Professor Enrico Corazziari, ordinario di gastroenterologia all’Università di Roma “La Sapienza”.

La giornata di domani sarà caratterizzata da un workshop interamente dedicato alla stipsi cronica, disturbo che ben riassume le caratteristiche delle malattie funzionali gastrointestinali, in quanto alla forte prevalenza – si stima ne soffra il 10% della popolazione italiana soprattutto femminile – associata a pesanti effetti sulla percezione del proprio stato di salute e sulla qualità della vita e ad un’obiettiva difficoltà di diagnosi e trattamento.

 

LA STIPSI CRONICA

In Italia le persone affette da stipsi cronica sono per l’80% donne, con un’età media di 50 anni, e soffrono di questa patologia per molti anni, in media 17, prima di rivolgersi a un centro specialistico. La stipsi cronica, come molti dei disturbi cronici gastrointestinali, può comportare un considerevole grado di sofferenza individuale, come conseguenza di un alterato stato di salute, con pesanti effetti persino sulle relazioni sociali e lavorative e sul quadro psicologico della persona.

 

“Lo conferma la recente pubblicazione dei dati ottenuti dall’indagine LIRS – Laxative Inadequate Relief Survey – prosegue il prof. Corazziari – condotta a livello nazionale da Doxa Pharma, con il supporto non condizionato di Shire Italia, su un campione di 900 pazienti con stipsi cronica, afferenti a 39 centri di gastroenterologia in tutta Italia. Dall’indagine LIRS risulta, infatti, che il 46% del campione giudica “non buona” la propria salute e, in generale, chi soffre di questa patologia percepisce la propria condizione come quella di un malato cronico e si attribuisce un grado di invalidità pari a quello di una persona ipertesa o colpita da artrosi e superiore a quello di chi soffre di emicrania”.

 

La stipsi cronica, dunque, è un disturbo che condiziona pesantemente la vita di chi ne soffre e per il quale, come ha sottolineato Enrico Corazziari “l’interazione tra le alterazioni anatomiche e funzionali con lo stato psicologico, il comportamento da malattia e le condizioni socio-ambientali consigliano di avere un approccio medico secondo il modello bio-psico-socio-comportamentale, che non si limiti a considerare solo la malattia o il disturbo, ma ne valuti lo stato di sofferenza, le aspettative e gli effetti sulle relazioni sociali, sull’attività fisica e sul comportamento sia fisico che emozionale”.

 

IL VOLUME

Il volume “La Stipsi Cronica”, edito da Messaggi International, fornisce un’esauriente panoramica sulla storia della malattia e sullo stato dell’arte in diagnosi e terapia, dalla quale emerge il primato della pratica clinica nel corretto approccio al paziente.

Nato da un progetto congiunto dell’autore Enrico Corazziari con Emanuela Crescini, coordinatrice delle attività formative ed informative dell’associazione ANEMGI Onlus, la monografia sarà presentata nel corso del workshop ospitato dal Congresso. Un testo che si propone di sensibilizzare e informare sulla natura della patologia e, soprattutto, sulle possibilità oggi disponibili di intervenire in modo efficace e mirato.

 

“La storia della stipsi cronica ha origini molto antiche e, per secoli, i rimedi terapeutici sono rimasti sostanzialmente invariati – ha spiegato Enrico Corazziari – La svolta che ha cambiato l’approccio alla gestione del paziente con stipsi si è avuta, invece, di recente con il riconoscimento della cronicità del disturbo e dellasofferenza nei casi severi e con l’introduzione di farmaci efficaci, sicuri e con scarsi effetti indesiderati. Il cambiamento – conclude Corazziari – è stato tale da modificare non solo la terapia ma anche l’iter diagnostico del paziente che riferisce stipsi e di potere istituire, nei casi dove sia prevedibile, la prevenzione della patologia e delle sue complicanze”.

 

Il medico oggi lavora comunque in un contesto ancora privo di saldi riferimenti, spiega il clinico romano, “perché, malgrado siano numerose le indicazioni derivate da consensus di autorevoli società mediche e chirurgiche ed esperti di rinomanza internazionale, mancano linee guida validate da evidenze scientifichein quanto non sono noti i meccanismi fisiopatologici della stipsi primaria né esistono test diagnostici che abbiano dimostrato di essere sufficientemente sensibili o specifici. In mancanza di riferimenti oggettivi – Conclude Corazziari – questa monografia è basata sull’esperienza personale acquisita dal rapporto diretto con i pazienti che continua ininterrottamente dal 1971 presso il nostro centro dedicato alla stipsi”.

 

 

IL TRATTAMENTO E LE NOVITA’ TERAPEUTICHE

La presa in carico del paziente risulta particolarmente complessa per diverse e importanti ragioni, specialmente nei quadri clinici nei quali frequentemente si associano più disturbi funzionali o disturbi funzionali e malattie organiche. Le ragioni della complicazione dell’iter diagnostico e terapeutico delle malattie funzionali possono essere: la mancanza di un marker biologico che le identifichi, l’incertezza della loro fisiopatologia e la mancanza di percorsi standardizzati se concomitanti con altre patologie.

 

E’ sempre più importante, quindi, un approccio multidimensionale che il medico dovrebbe adottare fin dal primo incontro con il paziente, momento nel quale viene determinata l’impostazione terapeutico – diagnostica in funzione del comportamento avuto in precedenza dal paziente. Sul piano terapeutico, ad oggi l’opzione principale è il ricorso ai lassativi (formatori di massa, osmotici, stimolanti), che non sempre, però, portano risultati risolutivi. Dall’indagine LIRS emerge, ad esempio, che solo 1 paziente su 5 è soddisfatto della terapia in atto, mentre la percentuale di chi si dichiara insoddisfatto va dal 35% per i pazienti di grado moderato al 50% per quelli più severi.

 

Ma in questo quadro, in cui si conferma fattore fondamentale l’esperienza del medico curante, non mancano progressi che autorizzano a un certo ottimismo nel trattamento di alcune forme di stipsi cronica e di alcune popolazioni di pazienti. “Questo, per esempio è il caso della popolazione femminile affetta da stipsi cronica – conclude Corazziari – che non ha trovato una risposta soddisfacente nelle terapie tradizionali come i lassativi. Oggi infatti abbiamo a disposizione un nuovo farmaco procinetico in grado di favorire la motilità dell’intestino attraverso un migliorato coordinamento dei movimenti peristaltici che portano i contenuti intestinali verso il retto, facilitando, quindi, la normale evacuazione”.

 

Altri progressi non mancheranno, come confermano i lavori del Congresso, ma per ottenerli è necessario innanzitutto che si sappia guardare alla stipsi e alle malattie funzionali gastrointestinali sia con lo spirito del ricercatore sia con l’esperienza del clinico.

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