Aspirina, nuova promessa “questa volta” contro il tumore al fegato
L’aspirina offre una nuova promessa, questa volta contro il tumore al fegato causato da epatite virale cronica. Ricercatori italiani dell’Irccs San Raffaele di Milano, in collaborazione con lo Scripps Research Institute di La Jolla in California, stanno studiando gli effetti anti-aggreganti dell’associazione di aspirina e clopidogrel nel trattamento del carcinoma epatocellulare. I primi test sui topi, raccolti su Pnas, sono incoraggianti: la terapia antipiastrinica aumenta significativamente la sopravvivenza degli animali trattati senza provocare effetti secondari indesiderati, come le emorragie.
Autoaggressione – Il cancro al fegato è uno delle possibile conseguenze dell’infezione virale che causa l’Epatite. In realtà non sono i virus dell’epatite B (HBV) o dell’epatite C (HCV) a provocare direttamente le lesioni all’organo che precedono il tumore, bensì è l’attività di difesa dei linfociti, cellule del sistema immunitario che vengono richiamate in risposta all’attacco virale. Non solo i linfociti sono impotenti contro il virus – attualmente esiste solo un vaccino per l’epatite B, mentre non è disponibile nessuna profilassi per l’epatite C -, ma sollecitati periodicamente dall’attività dell’infezione cronica protraggono la loro azione “tossica” per il fegato, aprendo le porte al cancro epatico.
L’ipotesi antiaggregante – Studi precedenti hanno messo sul banco degli imputati anche le piastrine, come concausa dell’affollarsi di linfociti citotossici nel fegato. Da qui l’ipotesi che l’uso di farmaci anti-piastrinici e anti-trombotici avesse effetti diretti sull’infezione in corso e sui rischi di tumore. Ipotesi che i ricercatori italiani del San Raffaele hanno verificato in questi mesi sui topi. “Prevenire l’insorgenza del carcinoma epatocellulare mediante l’uso di anti-piastrinici è un concetto innovativo che identifica le piastrine al centro di una malattia molto complessa” spiega Luca Guidotti, responsabile dell’Unità di Immunopatologia del San Raffaele. ”Il fatto poi che l’aspirina e il clopidogrel siano farmaci generici già approvati per il trattamento di disordini trombotici nell’uomo – continua -dovrebbe accelerare studi clinici in pazienti cronicamente infetti da HBV o HCV”. Il prossimo passo, quindi, è la sperimentazione sugli uomini. “Tali studi potrebbero inizialmente coinvolgere pazienti in cui la malattia epatica non è particolarmente avanzata” dichiara Giovanni Sitia, membro dell’Unità di Immunopatologia e primo autore dello studio “poiché spesso il rischio di sanguinamento in questi pazienti è inferiore al rischio di trombosi”.
La malattia in Italia: Campania la più colpita – Nel mondo sono 600 milioni nel persone colpite dal virus dell’epatite, circa il 10% della popolazione. La malattia, infatti, può presentarsi senza sintomi, per molti anni. L’esito peggiore è il cancro: ogni anno muore un milione di persone nel mondo. La Campania è ai primi posti in Italia e in Europa per numero di casi di epatite C e per mortalità legata alle malattie epatiche: la mortalità in Italia per malattie epatiche, considerando solo cirrosi ed epatocarcinoma, è stata di oltre 18.000 casi nel 2008, dei quali il 15% è concentrato in Campania.
“La Campania è al primo posto in Italia per quel che riguarda la cirrosi ed ora è prima anche per mortalità del tumore del fegato con tassi di incremento, rispetto all’Italia, del 45% per la cirrosi e del 15% per il tumore – ha spiegato Antonio Ascione, Consulente Epatologo del Centro per le malattie del Fegato dell’Ospedale Buonconsiglio Fatebenefratelli di Napoli durante l’incontro “Epatite: Ci confrontiamo” promosso da CNR Radio con la partecipazione di EpaC Onlus-. In Campania muoiono 7 persone al giorno per cirrosi epatica o tumore del fegato, soprattutto nelle classi di età tra i 35 e i 55 anni. Poiché circa il 70% delle cirrosi è legato ad infezione cronica da virus HCV, responsabile dell’Epatite C, appare evidente che una lotta molto intensa contro le infezioni da virus HCV è necessaria per abbattere la mortalità per cirrosi ed epatocarcinoma”.
“Poiché non esiste un vaccino contro il virus HCV, la prevenzione si basa su una chiara informazione sulle vie di trasmissione del virus, in modo da evitare comportamenti o pratiche a rischio – ha ricordato Giovanni Battista Gaeta, ordinario di Clinica Malattie Infettive presso la Seconda Università di Napoli -. Purtroppo esistono ancora molti falsi miti riguardo la trasmissione del virus, che avviene esclusivamente attraverso il contatto con sangue infetto. Purtroppo molte persone non sanno di avere l’epatite C perchè la malattia non provoca sintomi evidenti per molti anni e può essere scoperta solo praticando esami specifici. Uno dei primi campanelli d’allarme da tenere sotto controllo è il livello nelle transaminasi nel sangue: se questo livello è alterato si procede a un’analisi più approfondita per rilevare la presenza del virus. In alcuni casi, tuttavia, i pazienti manifestano transaminasi nella norma e sfuggono ai controlli di screening; in questi casi rilevare l’infezione da virus HCV in uno stadio precoce è ancora più difficile e spesso la diagnosi avviene in maniera del tutto occasionale”.