Cancro colorettale: ricercatori ottengono nuovi indizi sulla resistenza ai farmaci caratteristica di alcuni pazienti

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Secondo le nuove scoperte di ricercatori italiani finanziati dall’UE e di loro colleghi negli Stati Uniti, mutazioni in un gene chiamato KRAS sono associate con un ruolo causale alla resistenza acquisita a terapie mirate per i cancri colorettali (CRC). 

Scrivendo nella rivista Nature, il team spiega che i pazienti spesso sviluppano una resistenza ai farmaci per il cancro al colon-retto che sono diretti ai recettori del fattore di crescita dell’epidermide (EGFR). Il team mostra in modelli di linee cellulari che le mutazioni del KRAS possono causare resistenza a una medicina anti-EGFR chiamata cetuximab. Queste mutazioni possono essere acquisite durante il trattamento o possono essere già presenti in una piccola percentuale di cellule tumorali prima del trattamento.

Due degli autori italiani dello studio, il professor Alberto Bardelli dell’Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Torino e Salvatore Siena della Divisione di Oncologia Medica Falck dell’ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano, sono stati supportati dal progetto COLTHERES (“Modelling and predicting sensitivity to targeted therapies in colorectal cancers”) finanziato dall’UE che ha ricevuto 5.999.300 di euro nell’ambito del tema “Salute” del Settimo programma quadro (7° PQ) dell’UE.

Il professor Bardelli ha commentato: “La comparsa di resistenza secondaria alle terapie anti EGFR (progressione della malattia) nei cancri del colon-retto è attualmente stabilita mediante valutazione radiologica. Nello studio noi descriviamo per la prima volta il fatto che le alterazioni del gene KRAS sono un meccanismo di resistenza acquisita alle terapie anti EGFR nei CRC che si verifica approssimativamente nel 50% dei pazienti.”

Le scoperte in questo recente studio arrivano proprio mentre un secondo team di ricercatori pubblica i propri risultati che dimostrano come le mutazioni nella resistenza nel KRAS e in altri geni sono molto probabilmente presenti in una sottopopolazione di cellule tumorali già prima del trattamento. In questo studio complementare, sempre pubblicato su Nature, ricercatori provenienti da Austria, Cina e Stati Uniti mostrano che queste mutazioni possono essere individuate mesi prima che vi siano le prove cliniche del fallimento del trattamento, e ciò potrebbe fornire un segnale per iniziare trattamenti alternativi.

Questi ricercatori hanno usato la modellazione matematica per fornire le prove che le mutazioni del gene KRAS già esistono nelle cellule tumorali prima del trattamento con il farmaco panitumumab anti-EGFR. Questo potrebbe spiegare per quale motivo la ricomparsa clinica si verifica solitamente nello stesso lasso di tempo, circa da 5 a 7 mesi dopo l’inizio del trattamento.

Entrambi gli studi mostrano che il DNA proveniente da queste mutazioni può essere rilevato in biopsie liquide diversi mesi prima che siano osservabili delle prove radiografiche della progressione della malattia. La speranza adesso è che gli scienziati siano in grado di progredire da questi risultati usando la politerapia per prevenire e contrastare la resistenza prima che i pazienti abbiano una ricaduta.

Il professor Bardelli spiega che entrambi i gruppi di studio hanno dimostrato che queste mutazioni possono essere individuate nel plasma usando un approccio chiamato “biopsia liquida”.

Egli aggiunge: “Questo significa che è ora possibile monitorare l’evoluzione del tumore in risposta alla terapia usando un prelievo di sangue per rilevare le prime mutazioni che causano la resistenza acquisita. Il concetto di biopsia liquida rappresenta un importante passo in avanti in questo settore. Già si sapeva che la misurazione del DNA libero da tumore circolante nel sangue dei pazienti poteva essere usato per monitorare la gravità del tumore. Il nostro lavoro mostra che i determinanti molecolari della resistenza acquisita possono essere rilevati molti mesi prima della manifestazione clinica della ricaduta.”

Il professor Bardelli sottolinea inoltre che è importante chiarire che ciò che hanno scoperto non è “un nuovo modo per diagnosticare il cancro al colon”, loro hanno invece trovato una strategia non invasiva per rilevare precocemente una ricaduta nella terapia di pazienti con cancro colorettale.

Oltre che in Italia, COLTHERES, che è iniziato nel 2011 e durerà fino al 2014, supporta ricercatori in Belgio, Paesi Bassi, Spagna, Svizzera e Regno Unito, e il suo obbiettivo principale è quello di aiutare a sviluppare conoscenze nell’approccio “personalizzato” alla cura del cancro in cui la “giusta” combinazione di farmaci è somministrata ai “giusti” pazienti, sulla base di una comprensione dettagliata del loro background genetico.

Alcune delle questioni affrontate dal progetto COLTHERES sono il profiling molecolare dei campioni prelevati da pazienti affetti da cancro al colon usando tecnologie omiche multiple per lesioni con cosegregazione che potrebbero trasmettere la resistenza alle terapie mirate esistenti o emergenti, e la creazione e lo screening predittivo di modelli in vitro basati su questi dati per permettere la rapida determinazione sperimentale di biomarcatori della resistenza al farmaco.

Per maggiori informazioni, visitare:

Nature:
http://www.nature.com

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