Cancro: una corretta alimentazione è importante quando una chemioterapia ben modulata

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Una nuova ricerca conferma l’importanza dell’alimentazione nelle terapie anticancro, partendo dal diverso effetto che hanno i cibi sulle cellule sane e su quelle malate. Nell’approccio alla cura diventa più importante il rapporto tra oncologo e nutrizionista.

Il digiuno può davvero mettere ko le cellule neoplastiche, ma quanti medici sarebbero pronti a prescriverlo ai propri malati e quanti pazienti oncologici, già sofferenti per la malattia, sarebbero disposti a seguirlo? Questi interrogativi spiegano perché anche l’ultimo studio su digiuno e chemioterapia, pubblicato di recente su Science Translational Medicine, ha un interesse scientifico enorme, ma pochi risvolti pratici.

Lo studio ha dimostrato come il cibo o la mancanza di esso possano influenzare gli esiti della chemioterapia non solo rendendo più vulnerabili le cellule tumorali, ma ritardando anche la progressione del tumore. In particolare, i ricercatori identificano le 72 ore peri-chemioterapia (il giorno prima, il giorno del trattamento e il giorno successivo) come un intervallo di tempo in cui interventi mirati possono determinare grandi risposte cliniche.

Su queste conclusioni (che si aggiungono a quelle di molti altri studi clinici), il New England Journal of Medicine ha chiesto un commento al gruppo di ricerca della Sapienza, coordinato da Filippo Rossi Fanelli, direttore del dipartimento di Medicina clinica, impegnato da molti anni nello studio del rapporto tra nutrizione e cancro.

“Da molti anni conduciamo ricerche sull’attività che i vari nutrienti svolgono sulle cellule neoplastiche e abbiamo compreso che il cibo non ha solo un valore calorico o proteico, ma anche una funzione metabolica”, spiega il professor Fanelli. Lo sanno molto bene i culturisti che si riempiono di aminoacidi per aumentare la massa muscolare.

Ma ciò che fa bene alle cellule sane fa male a quelle tumorali e viceversa. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che il metabolismo della cellula cancerogena è in difficoltà se non riceve glucosio, mentre le cellule “normali” utilizzano sia i grassi che i carboidrati per svilupparsi e difendersi. “Le cellule normali e quelle neoplastiche differiscono fra di loro per la diversa capacità di rispondere a stimoli esterni – spiega Rossi Fanelli – : in assenza di nutrienti disponibili, le cellule normali attivano delle vie metaboliche di protezione, mentre quelle neoplastiche non ne sono capaci per l’azione inibitoria degli oncogeni”.

Questa differenza potrebbe essere sfruttata per aumentare la resistenza delle cellule normali agli effetti tossici della chemioterapia e aumentare invece la sensibilità delle cellule tumorali agli effetti terapeutici della stessa. “Questo meccanismo di risposta differenziale allo stress (DSR) – aggiunge Angelo Rossi Fanelli – permetterebbe di rendere la chemioterapia più efficace senza dover aumentare le dosi dei farmaci o svilupparne di più aggressivi e dunque esporre il paziente ai loro effetti negativi come nausea, vomito, fatigue, calo ponderale”.

La strategia indicata dal team di Fanelli, dunque, non è quella del digiuno, ma quella della “manipolazione nutrizionale della cellula neoplastica”. “Già anni fa – spiega ancora l’esperto – abbiamo dimostrato che nei pazienti che si nutrivano con una dieta ricca di carboidrati piuttosto che di lipidi la crescita tumorale era maggiore rispetto a chi assumeva più grassi”. Una strategia che sta destando l’attenzione degli oncologi che stanno capendo sempre più quanto sia importante il coinvolgimento del nutrizionista sin dalle prime fasi dell’approccio terapeutico.

“La nostra strategia è quella di temporizzare il tipo di dieta con la chemioterapia: prima di iniziare, una dieta ricca di carboidrati che stimola la crescita delle cellule tumorali, poi la chemio che a questo punto diventa più efficace perché può colpire un maggior numero di cellule e poi, a ciclo finito, una dieta ricca di grassi che le cellule cattive sopravvissute utilizzano poco e male”. Una strategia che, se confermata, ha delle enormi potenzialità perché consentirebbe di aumentare l’efficacia della chemioterapia semplicemente agendo sulla dieta, ovvero su qualcosa di facilmente realizzabile ed anche economico.

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