Dolori da cancro: oncologi e pazienti chiedono l’uso di farmaci più appropriati e con meno effetti collaterali

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Un’indagine commissionata dal Centro Studi Mundipharma e condotta da Demoskopea su 200 oncologi e 200 pazienti colpiti da tumore fotografa lo scenario attuale del trattamento del dolore da cancro in Italia. Ne emerge una situazione in parte controversa e non sempre idilliaca, con alcune significative discrepanze tra i 2 campioni intervistati, in merito alla misurazione della sofferenza e alle cure prescritte.

Milano, 18 Luglio 2012 – Da un lato, il desiderio dei pazienti di ricevere cure più efficaci e una maggiore attenzione da parte di medici e Istituzioni; dall’altro, la necessità espressa dagli oncologi di terapie con minori effetti collaterali e di farmaci oppioidi a dosaggi più elevati, per rispondere in maniera più adeguata alle esigenze antalgiche dei propri assistiti. E ancora: per 6 pazienti su 10 il dolore, specie moderato-severo, incide sulla qualità della vita, limitandone le attività, mentre un terzo degli intervistati lamenta disturbi derivanti dalla terapia in atto. Secondo 6 specialisti su 10, inoltre, oggi si ricorre ancora troppo poco ai medicinali oppiacei, rispetto a quanto accade con i FANS.

Questo, in sintesi, il quadro che emerge da un’indagine svolta a livello nazionale, nel periodo Maggio–Giugno 2012, dall’Istituto di ricerca Demoskopea per conto del Centro Studi Mundipharma, su un campione di 200 oncologi e 200 pazienti oncologici (60% donne, età media 44 anni). Scopo della survey: verificare la prevalenza e le modalità di gestione del dolore da cancro, ma anche le problematiche e i bisogni evidenziati dagli specialisti e dai pazienti.

 

Il dolore cronico costituisce una presenza importante nella vita di coloro che soffrono di una patologia neoplastica: secondo quanto affermano gli specialisti, oltre la metà dei pazienti (54%) convive con la sofferenza fisica, nel 68% dei casi di intensità moderata-severa. Cancro al colon-retto, al seno e al polmone le tipologie di tumore più diffuse. Tra gli oncologi, 8 su 10 dichiarano di misurare sempre la sintomatologia dolorosa, utilizzando come primo strumento la scala numerica da 0 a 10. Il dato è in parziale contrasto con quanto emerso dalle interviste ai pazienti, un terzo dei quali lamenta il fatto che il proprio medico generalmente non misuri l’intensità del dolore. Inoltre, quasi 1 malato su 3 con dolore severo rivela di non ricevere alcun trattamento antalgico.

E per quanto riguarda i farmaci? Per il controllo del dolore cronico moderato, gli oppioidi vengono impiegati in monoterapia dal 26% degli oncologi, mentre il 54% li somministra in associazione a farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Il quadro prescrittivo cambia, quando il clinico deve trattare un dolore severo: in questo caso, in accordo con le Linee Guida internazionali, nell’83% dei casi la terapia di prima linea è costituita quasi esclusivamente da oppioidi forti, mentre è marginale (11%) la loro associazione con FANS. Le risposte dei pazienti rileverebbero invece un elevato ricorso agli antinfiammatori (45%, da soli o in associazione a oppiacei), prescritti soprattutto dal medico di famiglia, contro il 34% di oppioidi (da soli o in associazione a FANS), il cui impiego è diffuso in particolare tra coloro che affrontano il problema con lo specialista.

Nel trattamento del dolore cronico, sia moderato che severo, gli oncologi dichiarano un buon livello di soddisfazione circa l’efficacia degli oppioidi, in particolare di quelli forti, mentre il giudizio sui FANS è più contenuto. Un’ulteriore riprova arriva dall’atteggiamento adottato dai clinici in caso di effetto analgesico non ottimale: fino al 63% di chi prescrive oppioidi forti, infatti, tende ad aumentarne il dosaggio piuttosto che passare ad un’altra classe farmacologica; al contrario, nel caso dei FANS si registra uno switch terapeutico che raggiunge il 63% dei casi. Insoddisfatto degli antinfiammatori anche il 39% dei pazienti, mentre un complessivo 85% conferma l’efficacia degli oppiacei.

 

La presenza di effetti collaterali derivanti dai trattamenti terapeutici in atto viene evidenziata da entrambi i campioni, benché il loro impatto sulla qualità di vita sia sottostimato dai medici, rispetto a quanto segnalato dai malati. In particolare, questi ultimi lamentano la comparsa di disturbi gastrici, costipazione e sonnolenza.

Nel complesso, l’esigenza più avvertita dagli oncologi per un miglior controllo del dolore è di poter contare su medicinali meno “invasivi” (54%) e, nel caso degli oppioidi, potersi avvalere di farmaci con dosaggi superiori rispetto a quelli oggi disponibili (48%). Cure con minori effetti collaterali sono anche tra i desiderata dei pazienti, insieme alla richiesta di terapie più efficaci e di un maggiore supporto da parte dei clinici e delle Autorità sanitarie.

 

“Abbiamo ritenuto importante promuovere questa indagine – spiega Marco Filippini, Direttore del Centro Studi Mundipharma – per contribuire a fare luce su un aspetto rilevante legato alle diverse forme di neoplasia, il dolore. Se l’esperienza di un tumore è di per sé devastante, diventa un dovere morale di tutti gli addetti ai lavori fare il possibile per alleviare ai malati oncologici l’incubo della sofferenza fisica, inutile e crudele. La ricerca ha evidenziato che occorre ancora insistere sulla formazione dei clinici e sulla comunicazione ai cittadini, sia per promuovere la conoscenza della Legge 38, sia per favorire un approccio terapeutico più appropriato al dolore neoplastico, in grado di garantire a questi pazienti l’assistenza e l’attenzione cui hanno diritto”.

 

Ma quali sono i dati emersi sul livello di informazione circa gli oppioidi e la Legge 38?

Il 64% degli oncologi ritiene che in Italia manchi un’adeguata conoscenza di questi farmaci, il 62% giudica il loro impiego sottodimensionato a favore dei FANS e un complessivo 87% segnala di aver incontrato resistenze (spesso 33%, qualche volta 54%) presso i medici di medicina generale nel prescriverli. Uno scenario confermato anche dalle risposte dei pazienti: quasi la metà, infatti, ignora che cosa siano gli oppioidi e il 46% conferma la scarsa propensione di certi medici a consigliarli nel trattamento del dolore.

Per quanto concerne la Legge 38, solo il 57% degli oncologi e il 14% dei pazienti dichiarano di conoscerla bene: tra i principali vantaggi apportati dalla normativa, il 49% degli specialisti e il 35% degli assistiti indicano la maggiore facilità di prescrizione dei medicinali a base oppiacea.

 

In conclusione, la fotografia che si evince da questa indagine sul trattamento del dolore da cancro mostra una situazione in parte controversa. Se, da un lato, gli specialisti dichiarano una forte attenzione al malato e un comportamento che nel complesso segue le Linee Guida, i pazienti rivelano un quadro più eterogeneo e meno idilliaco, soprattutto per quanto riguarda la misurazione costante del dolore, i farmaci prescritti e l’impatto reale che la sofferenza fisica ha sulla qualità di vita. Su un aspetto, però, entrambi i campioni concordano: la reticenza dei medici, e in particolare dei generalisti, a fornire un’adeguata informazione sugli oppioidi e a prescriverli.

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