Fumo e cancro della prostata: connessione molto forte, diagnosi sempre più frequenti

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I fumatori hanno maggiori probabilità di sviluppare il cancro della prostata e, sempre gli stessi, hanno anche meno probabilità che questo gli venga diagnosticato per tempo perché restii a sottoporsi agli esami clinici. 

Non solo chi fuma ha maggiori probabilità di sviluppare il cancro della prostata ma, a quanto pare, è anche soggetto ad avere la metà delle probabilità che questo gli sia diagnosticato, suggerisce uno studio congiunto di un team di ricercatori britannici, statunitensi e italiani.

Sarà perché chi fuma ha un’ottimistica stima del proprio stato di salute, fatto sta che i fumatori sono quelli più restii a sottoporsi a uno screening preventivo per determinate malattie. Questo atteggiamento fa sì che i fumatori rischino maggiormente la vita a causa della mancata diagnosi di una qualche malattia. In particolare quelle correlate al vizio del fumo come le patologie cardiovascolari, delle vie aeree e i tumori come, in questo caso, quello della prostata.

Ciò che il dottor Yaniv Hanoch, professore Associato di Psicologia presso l’Università di Plymouth, e colleghi hanno scoperto è che, mentre il 63,5% degli ex-fumatori e il 50,4% dei non fumatori si era sottoposto a screening per il rischio di cancro della prostata, solo il 31,7% dei fumatori lo aveva fatto. Un dato significativo.
«I fumatori – spiega  Hanoch nel comunicato UP – per la natura della loro abitudine sono apparentemente meno preoccupati riguardo il loro stato di salute generale rispetto al resto della popolazione. Ma gli individui che s’intrattengono in comportamenti non salutari come il fumo sono ad aumentato rischio sia di sofferenza per una qualche una malattia che il non rilevarla».

Il problema sta dunque non solo nel vizio di per sé che già comporta tutta una serie di rischi per la salute, ma anche nel fatto che chi fuma è più restio a sottoporsi agli esami di controllo. Così accade che oltre a esporsi a un pericolo maggiore si rischia di non diagnosticare per tempo la malattia riducendo di molto la possibilità di guarirne.
«Gli operatori sanitari hanno un ruolo importante da svolgere nel rendere le persone consapevoli della rischi del fumo – ha dichiarato Talya Miron-Shatz, coautrice dello studio – e le preoccupazioni per la salute sono uno dei motivi principali che spingono le persone a smettere [di fumare]. Tuttavia, il nostro studio indica che i fumatori sono meno propensi a sottoporsi a screening e possono perdere una opportunità vitale per ricevere un’indispensabile consulenza sulla salute. Chiaramente, maggiore enfasi deve essere data dagli operatori sanitari quando si parla di problemi con i fumatori. In tal modo, questo può procurare un mezzo importante per fornire la necessaria consulenza per la salute».

Forse sarebbe il caso di sentirsi meno invincibili e, visto che il fumo è riconosciuto come un fattore di rischio anche per questo tipo di cancro, sottoporsi magari ogni tanto a un controllo. Un piccolo sforzo da compiere oggi che potrebbe però risparmiare grandi guai domani.
(La Stampa.it)

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