Ossigeno iniettabile liquido: risultati promettenti sugli animali.
Esperimenti sui conigli hanno permesso agli animali di sopravvivere per 15 minuti senza alcun respiro: è la prima volta, grazie a microparticelle che trasportano il gas direttamente ai globuli rossi, bypassando i polmoni. La tecnica potrebbe essere utilizzata in futuro sull’uomo.
Ossigeno in forma liquida, da iniettare direttamente nel sangue evitando il passaggio attraverso i polmoni. Per la prima volta al mondo, la tecnica ha dato risultati positivi nei test su animali, aprendo la strada anche ad un possibile utilizzo sull’uomo. Lo dimostra uno studio del Boston Children’s Hospital, pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine che potrebbe in futuro salvare la vita a pazienti che non riescono a respirare o hanno le vie aeree ostruite.
Grazie ad una “iniezione” di ossigeno, per la prima volta, i ricercatori sono riusciti a riportare alla normalità il livello del gas nel sangue di alcuni conigli, facendoli sopravvivere per 15 minuti senza alcun respiro.
Già in passato erano state condotte alcune sperimentazioni, ma i primi medici che hanno provato ad iniettare l’ossigeno lo hanno usato in forma gassosa, con il risultato di provocare letali bolle d’aria nel sangue. Nella nuova tecnica descritta nello studio, invece, le molecole di ossigeno sono ‘incapsulate’ in microparticelle in cui il gas è circondato da una bolla di acidi grassi, e la soluzione risultante viene iniettata. Quando le microparticelle ‘incontrano’ il sangue, la molecola di ossigeno all’interno viene rilasciata subito e ‘catturata’ dai globuli rossi. Infusa in conigli a cui era stata bloccata la trachea, uno scenario abbastanza frequente anche nei pronto soccorso ‘umani’, la soluzione ha mantenuto stabili i livelli di ossigeno per 15 minuti, riducendo il danno agli organi e il numero di infarti.
“Questa infusione è un sostituto temporaneo dell’ossigeno, e l’obiettivo futuro è utilizzare tale tecnica per dare supporto ai pazienti non in grado di respirare nei minuti più critici”, spiega John Kheir, uno degli autori, che ha iniziato a lavorare al progetto quando ha perso una paziente che non riusciva a respirare nei pochi minuti impiegati ad attaccarla ad una macchina cuore-polmoni. Le ‘siringhe di ossigeno’, afferma il ricercatore, “potrebbero ad esempio essere trasportate nelle ambulanze o tenute al pronto soccorso per le emergenze”.