Test “casalingo” per l’HIV: i microbiologi avvertono, non risolve i veri problemi diagnostici

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Molto scalpore e speranze sta suscitando nel mondo l’annuncio che la Food and Drug Administration ha rilasciato l’autorizzazione per la commercializzazione, a partire da ottobre 2012, su tutto il territorio degli Stati Uniti, del primo kit per effettuare autodiagnosi di infezione da Hiv. Si tratta di un dispositivo monouso che, basandosi sull’esame di un campione di saliva, permette di evidenziare o meno la presenza degli anticorpi salivari contro il virus in soli 40 minuti. L’aspetto più rilevante sollevato dai media di tutto il mondo è che questo test probabilmente porterà più precocemente alla diagnosi molti di coloro che non vogliono recarsi dal medico per affrontare apertamente il problema.

“In generale un maggiore ricorso ai test diagnostici è senz’altro una delle soluzioni più efficaci della politica di contenimento nella diffusione dell’infezione – spiega il presidente dell’Amcli-Associazione Microbiologi Clinici Italiani Pierangelo Clerici -. Il test in questione ricerca, nella saliva, gli anticorpi contro il virus e ha una sensibilità del 92% e una specificità del 99%. Non bisogna però pensare che questo test risolva i problemi diagnostici complessi che l’infezione da HIV pone nelle su diverse fasi. La ricerca diretta del virus, la sua quantizzazione, la determinazione della presenza di resistenze ai farmaci attualmente in uso: tutte queste sono indagini indispensabili per una corretta gestione dei pazienti e solo un laboratorio di microbiologia clinica può offrire”.

“Gli entusiasmi per questo test devono essere raffreddati in quanto la ricerca degli anticorpi può dare risultato positivo solo dopo che gli anticorpi vengono prodotti dall’ organismo – aggiunge Mariapaola Landini direttore dell’U.O. di Microbiologia del Policlinico Sant’Orsola di Bologna -. Ciò avviene dopo un periodo di tempo molto variabile da persona a persona che può andare da 12 giorni a sei mesi. In tutto questo periodo di tempo l’individuo non ha anticorpi ma ha il virus ed è contagioso. Si tratta del cosiddetto “periodo finestra”. Il risultato di questo e di altri test che ricercano la presenza di anticorpi, quindi, ha molto valore se positivo, ma deve essere ignorato, se negativo”.

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