Alleati nella lotta contro le tossine: le microscopiche autostrade di funghi

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I funghi hanno un ruolo importante nell’ecosistema, ma gli scienziati stanno scoprendo solo adesso quanto grande sia il ruolo che essi giocano in natura. Alcuni funghi sono facili da riconoscere, come quelli che sbucano dal terreno. Altri tipi di funghi invece vivono al di sotto della superficie della terra dove si espandono, creando file di funghi attraverso il terreno. Queste file di funghi funzionano in maniera simile alle reti stradali permettendo ai batteri di viaggiare attraverso di esse. Alcuni scienziati del Centro Helmholtz per la ricerca ambientale (UFZ) in Germania stanno scoprendo solo adesso un altro importante viaggiatore che percorre queste autostrade di funghi: le sostanze contaminanti che altrimenti rimarrebbero immobili nel terreno. Queste reti contribuiscono al recupero delle zone contaminate.

Questo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology, è stato in parte finanziato dal progetto BIOGRID (“Biotechnology information and knowledge grid”), che ha ricevuto quasi 835.000 euro nell’ambito dell’area tematica “Tecnologie della società dell’informazione” (TSI) del Quinto programma quadro (5° PQ) dell’UE.

La maggior parte dei funghi vivono nell’ambiente in un rapporto simbiotico, a volte vantaggioso, altre volte antagonistico, o semplicemente esistente senza creare danni o benefici. Secondo gli scienziati, queste file di funghi possono formare un rapporto con i batteri e aiutarli a mangiare le sostanze contaminanti. Esistono alcuni batteri che si nutrono di sostanze chimiche tossiche e allo stesso tempo le trasformano in sostanze innocue, bonificando così i terreni inquinati con mezzi naturali. I batteri però non sempre sono presenti. “Il problema è che le sostanze contaminanti spesso non li raggiungono affatto,” ha spiegato il ricercatore dell’UFZ, Lukas Y. Wick, che ha coordinato lo studio.

I batteri hanno difficoltà con le sostanze che non sono solubili in acqua. Queste includono, per esempio, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) che si trovano nel petrolio grezzo e nel carbone e sono rilasciati praticamente in tutti i processi di combustione. Nel complicato labirinto dei pori pieni di acqua e pori pieni di aria del terreno, però, i batteri e gli IPA si incontrano raramente, perché i microrganismi si trovano principalmente negli strati sottili di acqua e di liquidi fluidi.

“Gli IPA sono virtualmente insolubili in acqua, quindi spesso si agganciano a particelle di terra in piccolissimi pori pieni di aria,” che i batteri non possono raggiungere, ha detto il dott. Wick. Ci sono barriere di aria tra loro e la loro fonte di nutrimento.

In uno studio precedente, il dott. Wick e i suoi colleghi avevano scoperto che i batteri erano in grado di usare l’infrastruttura di queste reti di funghi. L’intreccio di funghi funziona come una specie di autostrada sulla quale i microrganismi possono viaggiare e propagarsi. Si muovono sulla superficie delle ife e superano le barriere di aria tra due pori pieni di acqua senza alcun problema. Nella nuova ricerca, insieme ai colleghi dell’Università di Lancaster nel Regno Unito, il team dell’UFZ ha esaminato la possibilità che le sostanze contaminanti viaggino anch’esse lungo gli stessi intrecci di funghi.

Ai fini dello studio, i ricercatori hanno usato un falso fungo, chiamato Pythium ultimum, che è molto diffuso nel terreno. Esso è stato messo su un piano centrale con sostanze nutrienti, a partire dal quale poteva estendere le sue ife a destra e sinistra verso due altre fonti di nutrimento. Questi tre posti di nutrimento erano connessi da rettangoli di materiale privo di nutrimento. C’erano comunque diversi vuoti tra i piani di nutrimento e i rettangoli che contenevano solo aria. Questi dovevano simulare i pori pieni di aria del terreno.

Sulla cima di un rettangolo i ricercatori dell’UFZ hanno applicato un carboidrato aromatico policiclico chiamato fenantrene. Hanno poi studiato a intervalli regolari se questa sostanza era presente in altre zone del percorso dell’esperimento. “I risultati sono stati stupefacenti,” ha detto il dott. Wick. In un paio d’ore il carboidrato si era spostato da un estremo della composizione dell’esperimento all’altro, da 10 a 100 volte più velocemente di quanto avrebbe potuto fare per semplice diffusione. È riuscito anche a superare i vuoti pieni d’aria senza difficoltà, una cosa che non era possibile nello stesso percorso senza la rete di ife.

“Le reti di ife sono quindi non solo autostrade per i batteri, ma anche condotti per le sostanze contaminanti,” ha detto il dott. Wick. “In un’ora una sola ifa può trasportare fino a 600 volte il peso di un singolo battere.”

Il team britannico ha osservato in dettaglio tale trasporto. La sostanza contaminante migra attraverso la parete cellulare all’interno dell’ifa. Qui è racchiusa in piccolissime bolle, che il Pythium ultimum può quindi pompare attraverso la sua vasta rete. In questo modo il condotto di funghi mobilita non solo il fenantrene ma anche le altre sostanze insolubili in acqua e quindi immobili.

I ricercatori hanno ripetuto l’esperimento con una serie di IPA diversi e tutti sono risultati trasportabili. In percorsi lunghi comunque il trasporto di piccole molecole funzionava meglio di quello di grandi molecole. “Presumibilmente queste ultime non vengono assorbite tanto bene dalle ife,” ha commentato il dott. Wick.

I ricercatori sperano che questo effetto possa essere utilizzato in futuro per il ripristino di terreni contaminati. L’uso mirato delle reti di funghi potrebbe accelerare la degradazione degli IPA e forse anche di altre sostanze insolubili in acqua. “Forse questo funziona però solo quando si associano i funghi giusti con i batteri giusti,” ha spiegato il dott. Wick. Alcuni tipi di questi organismi sono semplicemente incompatibili o si inibiscono a vicenda. I ricercatori dell’UFZ adesso stanno cercando i partner più adatti per la loro squadra di eliminatori di sostanze contaminanti.

Per maggiori informazioni, visitare:

Centro Helmholtz per la ricerca ambientale:
http://www.ufz.de/

Environmental Science & Technology:
http://pubs.acs.org/journal/esthag

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