Tumore alla prostata: la chemioterapia allunga sopravvivenza anche nei casi più avanzati
Il tumore della prostata rappresenta circa il 20% dei tumori maligni diagnosticati ogni anno nell’uomo e colpisce, secondo le stime, poco più di 42.000 persone l’anno in Italia. Oggi per i casi più gravi, che non rispondono più al trattamento con la terapia ormonale e che manifestano una progressione della malattia anche dopo la chemioterapia con docetaxel (lo standard di prima linea), è disponibile anche in Italia cabazitaxel, una molecola semisintetica frutto della ricerca Sanofi, che ha mostrato un’elevata capacità di inibire la divisione cellulare delle cellule tumorali non più sensibili alla terapia con docetaxel.
“Il tumore avanzato della prostata è ‘diverso’ dalle altre malattie tumorali: spesso ha un andamento molto lento, anche se a volte può assumere un decorso molto rapido e aggressivo, soprattutto nei giovani – spiega Sergio Bracarda, direttore Unità operativa complessa di Oncologia medica della Usl 8 di Arezzo e coordinatore nazionale dello studio sul farmaco – Per questo è importante giocare al meglio le diverse opportunità di cura disponibili, adattando il percorso terapeutico al malato e personalizzando, quindi, la terapia”.
Una volta fatta la diagnosi, nel caso di malattia localizzata si può procedere ad un intervento chirurgico che rimuova la ghiandola ed eventuali linfonodi, o sottoporre il paziente ad una radioterapia radicale, associata o meno a terapia ormonale, sulla base delle preferenze del paziente, della sua età e soprattutto dell’estensione di malattia e della presenza o meno di fattori di rischio.
Nel caso di malattia avanzata il trattamento di prima scelta è invece rappresentato dalla terapia ormonale che prevede la somministrazione di farmaci che inibiscono la produzione di ormoni androgeni, cui le cellule tumorali sono particolarmente sensibili. Dopo un certo periodo, però, i pazienti sviluppano una resistenza al trattamento ormonale e, ad oggi, devono essere valutati per ricevere una chemioterapia. Il nuovo chemioterapico ha consentito di estendere ulteriormente la sopravvivenza anche nei pazienti già trattati con docetaxel. “Cabazitaxel è la prima terapia chemioterapica ad aver dimostrato un beneficio in termini di sopravvivenza in malati, che fino a poco tempo fa, non avevano altre risorse terapeutiche”, dice Bracarda. “Da sempre Sanofi è impegnata nel tradurre le nuove scoperte scientifiche in terapie efficaci e personalizzate, con l’obiettivo di dare risposte adeguate ai bisogni clinici non ancora soddisfatti dei pazienti”, afferma Marco Scatigna, direttore medico e scientifico di Sanofi Italia.