La memoria spaziale di una muffa senza cervello
Una muffa unicellulare, Physarum polycephalum, detta anche melma policefala, è in grado esplorare un labirinto senza ritornare sui percorsi già battuti, dove evidentemente “ricorda” di essere già passata, poiché, pur essendo priva di un sistema nervoso, sfrutta come “memoria esterna” una sua secrezione. La scoperta arriva da una ricerca ispirata allo studio dei movimenti dei robot mobili autonomi
Non ha cervello, ma è in grado di sfruttare una memoria spaziale. E’ il protista Physarum polycephalum il quale, benché unicellulare, è capace di “ricordare” dove è già passato e sa trovare una fonte di alimentazione anche quando è nascosta in un labirinto. La dimostrazione della memoria spaziale di questo microrganismo viene da una ricerca condotta da un gruppo di biologi dell’Università di Sydney e di quella di Tolosa, che la illustrano in un articolo pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”.
P. polycephalum – una muffa, propriamente un mixomiceto, che vive in ambienti ombreggiati e umidi, come le foglie in decomposizione, ed è noto anche come melma policefala – è dotato di molte piccole unità oscillanti, la cui frequenza di oscillazione dipende dall’ambiente locale e dalle interazioni con gli oscillatori vicini.
Quando le molecole provenienti, per esempio, da una fonte di alimentazione si legano a specifici recettori presenti sulla superficie della sua membrana, la frequenza di oscillazione nella zona più vicina al cibo aumenta, facendolo spostare verso la fonte. Se le molecole invece sono di un repellente, entra in funzione un meccanismo inverso. Questi comportamenti si basano unicamente sul moto dei suoi oscillatori e sul gradiente di densità delle molecole nell’ambiente, e non richiedono una memoria spaziale.
Se l’ambiente è complesso, per esempio se ci sono più fonti di cibo, il protista estroflette una serie di pseudopodi che gli permettono di mappare l’area circostante, per poi dirigersi verso la fonte più vicina, dove riesce ad arrivare anche all’interno di un labirinto, che sa esplorare in modo efficiente: se si trova di fronte a un vicolo cieco, torna indietro ed esplora strade alternative senza ripercorrere quelle già battute.
Per studiare questo fenomeno i ricercatori hanno predisposto una trappola in cui, seguendo il gradiente molecolare, P. polycephalum veniva tratto in inganno, finendo in un vicolo cieco.
In una serie di esperimenti, i ricercatori hanno scoperto che per riconoscere le zone già esplorate il protista si serve di una “memoria esterna”, costituita da una sorta di melma extracellulare traslucida, una glicoproteina polianionica, che lascia dietro di sé quando si sposta, e che evita – attraverso i suoi soliti meccanismi di spostamento – quando si trova a incontrarla.
“Il nostro studio – siegano gli autori, che dichiarano di essersi ispirati al modo in cui i robot reattivi utilizzano il feedback ambientale per evitare di rimanere intrappolati – è la prima evidenza empirica di un sistema di memoria spaziale reattiva in un organismo non neuronale, e costituisce un forte sostegno alla teoria secondo cui il feedback da sostanze chimiche depositate nell’ambiente è stato il primo passo verso l’evoluzione della memoria negli organismi con funzioni neurologiche più sofisticate.”
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