La resurrezione di ancestrali retrovirus endogeni
Normalmente, i retrovirus endogeni, resti di infezioni ancestrali diventate parte integrante del DNA, sono silenti e innocui. Ma in assenza di alcuni specifici anticorpi, la cui produzione è collegata all’equilibrio della flora batterica intestinale, questi retrovirs possono sperimentare traslocazioni e ricombinazioni genetiche che restituiscono loro la capacità di riprodursi e diffondersi nell’organismo.
I retrovirus endogeni – resti di ancestrali infezioni retrovirali che sono diventati parte integrante del DNA ereditato – possono riattivarsi in mancanza di una serie di specifici anticorpi, la cui produzione è legata anche allo stato della flora intestinale. Questa riattivazione potrebbe inoltre essere in relazione con lo sviluppo di alcune forme di cancro. E’ questo il risultato ottenuto da una ricerca diretta da George Kassiotis, del MRC National Institute for Medical Research di Londra, in collaborazione con biologi dello statunitense National Cancer Institute e dell’Università francese di Aix-Marseille, pubblicata su “Nature”.
Nel corso della loro evoluzione, tutti i mammiferi hanno sviluppato rapporti di simbiosi con un gran numero di specie microbiche e anche alcuni retrovirus endogeni. Le conseguenze a lungo termine delle interazioni tra l’ospite e i microrganismi possono variare dal mutualismo, in cui entrambi traggono reciproco vantaggio dal rapporto, fino al al parassitismo più spinto, e non sempre sono del tutto chiare.Kassiotis e colleghi hanno dimostrato che solitamente questi retrovirus endogeni mancano di alcune parti del materiale genetico necessarie a innescare il processo di replicazione, cosa che li rende silenti e innocui. In questo ultimo studio, i ricercatori hanno lavorato con un ceppo di topi portatori di un’alterazione genetica che li rende incapaci di produrre alcuni tipi di anticorpi, in particolare quelli in grado di prevenire la produzione da parte di batteri presenti nell’organismo, soprattutto nel tratto intestinale, di determinate sostanze (nello specifico, alcuni lipopolisaccharidi).
I ricercatori hanno dimostrato che in presenza di questi liposaccaridi i retrovirus endogeni silenziati, o parti di essi, possono sperimentare fenomeni di traslocazione e ricombinazione con altro materiale genetico, riuscendo a volte a recuperare la loro capacità di replicazione e quindi generare virus infettivi trasmissibili. Lo sviluppo dei batteri in grado di produrre i liposaccaridi in questione è apparso peraltro in relazione all’equilibrio del microbiota intestinale, sensibile alle condizioni di allevamento e alla dieta dei topi. La presenza di questi retrovirus attivi, a sua volta, ha facilitato lo sviluppo di linfomi.
Secondo gli autori dello studio, il potenziale oncogeno dei retrovirus endogeni, ben stabilito nel topo, non è stato osservato nell’essere umano, tuttavia alcune famiglie di “frammenti” di questi retrovirus sono state identificate come causa di tumori umani attraverso un meccanismo di spostamento e inserimento in altri punti del genoma di cellule somatiche, nelle quali innescano la degenerazione cancerosa.
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