La sostituzione del DNA di un nucleo ora è possibile anche nell’uomo

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Già dimostrata valida su altre specie di primati, nell’uomo la nuova tecnica, che riguarda il DNA mitocondriale (mtDNA), presenta qualche problema in più, ma apre le porte allo sviluppo di una terapia genica per le malattie ereditarie del mtDNA. Un bambino nato a seguito di questa procedura sarà figlio genetico della madre, ma porterà i geni mitocondriali sani della donatrice. 

Il DNA mitocondriale (mtDNA) può essere efficacemente sostituito negli ovociti umani. Lo ha dimostrato un gruppo di ricercatori diretti da Shoukhrat Mitalipov della Oregon Health & Science University, che firmano un articolo pubblicato su “Nature”. La tecnica costituisce un importantissimo progresso nello sviluppo di una terapia genica per le malattie ereditarie del DNA mitocondriale (mtDNA), ma necessita ancora di studi per garantirne la sicurezza prima di poter essere applicata a livello clinico.

I mitocondri, che costituiscono la centrale energetica della cellula, sono organelli dotati di un proprio DNA, e sono ereditati per via materna, dato che non sono presenti negli spermatozoi. Le manifestazioni cliniche delle malattie mitocondriali sono variabili, ma spesso colpiscono gli organi e i tessuti che consumano più energia, fra cui cervello, cuore, muscoli, pancreas e reni.

L’espressione e la gravità dei sintomi di queste malattie, che si stima colpiscano un bambino ogni 4000, dipendono dalla specifica mutazione e dal numero di mitocondri che ne sono interessati (in una cellula possono esserci anche migliaia di mitocondri).[one_fourth last=”no”]




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Nella tecnica messa a punto da Mitalipov e colleghi, il materiale genetico cromosomale di un ovocita non fecondato di una paziente con un difetto al mtDNA viene isolato e trapiantato nel citoplasma di un altro uovo enucleato, contenente DNA mitocondriale sano e altri organelli, RNA e proteine, donato da un’altra donna. Un bambino nato a seguito di questa procedura sarà figlio genetico della madre ma porterà i geni mitocondriali sani della donatrice.

Studi precedenti effettuati dallo stesso gruppo di ricerca su modelli animali, ovvero primati non umani, avevano dimostrato non solo la fattibilità della procedura, ma anche la sua efficacia e compatibilità con la fecondazione e la nascita di una prole sana. Nel nuovo esperimento, i ricercatori hanno sostituito il mtDNA in 65 ovociti umani, usandone altri 33 come controlli. Il tasso di fecondazione riuscita negli ovociti sottoposti alla procedura (73 per cento) è risultato simile a quello dei controlli (75 per cento). Tuttavia, a differenza di quanto osservato nel modello animale, in una parte significativa (il 52 per cento) degli zigoti su cui era stato operato il trasferimento, la fecondazione è riuscita in modo anomalo, con un numero irregolare di pronuclei.

Tra gli zigoti fecondati normalmente, la percentuale di quelli che hanno dato origine a blastocisti (uno stadio di sviluppo in cui si ha uno strato di cellule esterne che delimita una cavità contenente liquido e una piccola massa di cellule da cui ha origine il nuovo organismo) e di cellule staminali embrionali è risultata pari rispettivamente al 62 e al 38 per cento, valori paragonabili a quelli ottenuti con i controlli. Tutte le linee di cellule staminali embrionali derivate da questi zigoti avevano un numero normale di cromosomi e contenevano esclusivamente mtDNA della donatrice.

Per condurre adeguatati perfezionamenti dei protocolli che garantiscano la sicurezza della tecnica, osservano gli autori, “queste tecnologie riproduttive innovative richiederebbero modifiche alle attuali restrizioni ai finanziamenti degli US National Institutes of Health, così da consentire studi clinici finanziati dal governo statunitense”.

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