La vista nasce settecento milioni di anni fa.
Un punto fermo nella ricostruzione dell’ evoluzione della capacità visiva degli animali è stato posto da una ricerca che è riuscita a identificare un’antica proteina, da cui si è sviluppata anche la melatonina, che è all’origine di tutte le opsine, le proteine che permettono ai fotorecettori la trasduzione dello stimolo luminoso in segnale nervoso.
Le opsine rappresentano la parte proteica transmembrana dei fotorecettori e hanno un ruolo essenziale nella trasduzione dello stimolo luminoso in segnale elettrico in tutti gli organismi che abbiano strutture specificamente destinate a qualche forma di visione, dagli ocelli di limitata sensibilità di alcune meduse fino ai più sofisticati occhi dei vertebrati, fino all’uomo.
Davide Pisani, che ha diretto lo studio, e colleghi, hanno concentrato la loro attenzione sulle forme animali che possono essere considerate evolutivamente più vicine all’ultimo antenato comune a tutti gli animali con qualche capacità visiva: cnidari, ctenofori, placozoi e spugne.
Attraverso un’analisi integrata di tutte le informazioni genomiche disponibili relative a questi lignaggi, i ricercatori hanno quindi sviluppato modelli al computer della storia delle duplicazioni e delle delezioni dei geni che codificano per le opsine, ricavandone una linea temporale dell’evoluzione delle opsine. Stando a questa ricostruzione l’opsina ancestrale da cui sono derivate tutte le altre sarebbe comparsa circa 700 milioni di anni fa. Questa opsina sarebbe stata “cieca”, ossia incapace di reagire alla luce, ma nell’arco di 11 milioni di anni il suo gene ha subito importanti alterazioni, dando alla proteina la capacità si svolgere la sua funzione di trasduttore.
In particolare, Pisani e colleghi hanno scoperto che la prima opsina avrebbe avuto origine dalla duplicazione del gene per una proteina ancestrale, che è all’origine anche della melatonina, l’ormone che ha un ruolo centrale nel ritmo sonno veglia e più in generale nella regolazione dei ritmi circadiani. Due successive duplicazioni di questo gene ancestrale, in cui sarebbero intervenute delle mutazioni, avrebbero poi dato origine alle opsine che oggi sono comuni a tutti gli animali dotati di occhi; l’opsina rabdomerica (opsina R), e dell’opsina ciliare (opsina C), e l’opsina Go/RGR.
“La grande rilevanza del nostro studio – ha dichiarato Pisani – è che abbiamo identificato l’origine prima della visione e abbiamo scoperto che ha avuto origine una sola volta negli animali.”