Leucemia: Emma guarisce con cellule immunitarie riprogrammate

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Il sistema immunitario della piccola è stato alterato usando il virus Hiv disattivato, per aggredire le cellule tumorali. A sette mesi dal trattamento, nessuna traccia del cancro. I ricercatori hanno presentato il caso alla società americana di ematologia: “In futuro potrebbe sostituire il trapianto di midollo”.
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Emma Whitehead, da un’immagine del sito del Children’s Hospital di Philadelphia (ansa)
INSEGNARE al sistema immunitario a riconoscere le cellule tumorali per curare la leucemia, o per lo meno farla sparire per mesi: è quasi una favola natalizia la storia di Emma, una bimba di sette anni la cui guarigione miracolosa suggerisce una nuova via per la cura del tumore del sangue. La piccola gravemente malata, ad un soffio dalla morte per una leucemia linfoblastica acuta, è divenuta la prima bambina cui è stato rieducato il sistema immunitario per fargli eliminare il cancro.

Grazie alla terapia sperimentata dai ricercatori del Children’s Hospital di Philadelphia fino a questo momento, a sette mesi dal trattamento, nella bimba non c’è più traccia del tumore. E se la sperimentazione avrà successo, spiegano i ricercatori che hanno presentato il caso insieme agli altri su cui stanno lavorando al convegno della società americana di ematologia ad Atlanta, negli Stati Uniti, la terapia potrebbe sostituire il trapianto di midollo, spesso l’ultima spiaggia per i pazienti.

Il trattamento, che fino allo scorso aprile era stato provato solo su pochi adulti, consiste nel prelevare qualche milione di cellule T, un gruppo di cellule del sistema immunitario, e attraverso il virus Hiv disattivato ‘insegnare’ loro a riconoscere le cellule B, anche loro facenti parte delle difese dell’organismo ma che nel tipo di leucemia della paziente impazziscono diventando maligne. Una volta corretti i linfociti T vengono reimmessi nel sangue, dove si moltiplicano e, almeno in teoria, eliminano il cancro: “Tre settimane dopo il trattamento Emily era in remissione – racconta Stephan Grupp, uno dei ricercatori, sul sito dell’ospedale – abbiamo controllato il suo midollo osseo dopo tre e sei mesi, e ancora non c’era nessun segno della malattia. Le cellule che combattono il cancro sono ancora nel suo organismo”.

“Emma” (Emily) Whitehead faceva parte di quel 15 per cento di malati che non risponde alla chemioterapia tradizionale, e quando ha varcato la soglia dell’ospedale in Pennsylvania aveva già avuto due ricadute della malattia. La sperimentazione in corso sugli adulti ha avuto risultati contrastanti, con alcuni successi e altri pazienti che non hanno risposto. Ma i passi in avanti compiuti fin qui hanno convinto la multinazionale Novartis a scommettere sul team di ricercatori destinando 20 milioni di dollari per la costruzione di un centro ricerche che dovrebbe portare il trattamento sul mercato, se possibile estendendolo oltre che a tutti i tipi di tumori del sangue anche a quelli solidi: “Il nostro obiettivo è avere una cura per la leucemia, ma ancora non usiamo questa parola – ha spiegato al New York Times Carl June, il principale ricercatore coinvolto – speriamo che un giorno questo sistema possa rimpiazzare il trapianto di midollo, una procedura ancora più rischiosa e costosa”.

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