Tumori: si rinnova l’interesse per la proteina P53: potrebbe essere focus di un futuro farmaco
Mammella, prostata, fegato, polmone: diversi tipi di tumori potrebbero in futuro essere trattati grazie a una nuova terapia in grado di colpire un gene responsabile della crescita di diversi tipi di neoplasie, indipendentemente dall’organo o dal tessuto in cui hanno avuto origine. La notizia arriva dal New York Times secondo cui, nonostante ci siano ancora “grandi incertezze”, questo farmaco genetico del futuro potrebbe rappresentare la svolta per il trattamento di diversi tipi di tumori, da quelli più comuni a quelli più rari, per un totale della metà circa di quelli attualmente conosciuti. La chiave, si legge nell’articolo, è nella proteina P53, coinvolta nella nascita e nella crescita di molti tumori, contro la quale la comunità scientifica cerca di combattere da ormai oltre 20 anni. A cercare di sconfiggerla, ancora oggi, sono in prima linea alcune tra le più importanti aziende farmaceutiche che mirano a trovare un farmaco in grado di ripristinare il meccanismo di “morte programmata” di quelle cellule che, irrimediabilmente danneggiate, sono tra le cause della comparsa di diversi tumori.
Le cellule sane sono programmate per autodistruggersi se nei processi di replicazione sviluppano danni o difetti al loro Dna troppo gravi per essere riparati. In questo meccanismo di “morte programmata” svolge un ruolo importante proprio la proteina P53, che partecipa all’attivazione del processo di autodistruzione delle cellule divenute “difettose”. Le cellule tumorali, però, sono in grado di disabilitare P53 – sia direttamente, con una mutazione, che indirettamente, ovvero collegandola a un’altra proteina che ne blocca l’attività – consentendo alle cellule danneggiate di sopravvivere e replicarsi, favorendo così lo sviluppo delle neoplasie. L’obiettivo dei ricercatori, quindi, è trovare un farmaco in grado di ripristinare il funzionamento di P53 in modo da consentirle di funzionare come “spazzina” delle cellule difettose, preservando quindi l’organismo dallo sviluppo di molte neoplasie.
Per ora la maggior parte degli studi è stata condotta in laboratorio, e mancano ancora le ricerche sugli uomini. Ma gli studi non si fermano. Per la messa a punto di farmaci anticancro più efficaci di quelli attuali, spiega Otis Brawley Webb, direttore medico e scientifico dell’American Cancer Society, “questo è un assaggio dei prossimi sviluppi dei farmaci anticancro. Mi aspetto che, in futuro, l’organo da cui il cancro origina risulti sempre meno importante nella scelta delle terapie, e che il target molecolare acquisti invece maggior importanza”. Per favorire la ricerca in una sorta di “unione fa la forza”, spiega Brawley, potrebbe inoltre essere decisivo passare dalle attuali raccolte di fondi per singoli tumori a una raccolta fondi collettiva, per consentire di analizzare in contemporanea i meccanismi alla base dello sviluppo di diversi tipi di neoplasie.