Il premio Nobel James Watson: “Nuove strategie sulla cura dei tumori”
Nel suo studio lo scienziato punta l’attenzione su un gruppo di molecole chiamate ROS e sul ruolo cruciale degli antiossidanti
«Sebbene negli ultimi anni la mortalità per molti tipi di cancro sia andata stabilmente diminuendo, soprattutto per quelli del sangue, restano purtroppo ancora in larga parte inguaribili tante forme di tumori epiteliali (carcinomi) e mesenchimiali (sarcomi)». Con queste parole lo scienziato e biologo James D. Watson, che scoprì la struttura della molecola del DNA insieme a Francis Crick e Maurice Wilkins con i quali ricevette anche il Premio Nobel per la medicina nel 1962, apre la sua ultima pubblicazione sulla rivista Open Biology , giornale della Royal Society britannica. Lo studio espone una nuova ipotesi sull’azione compiuta da ossidanti e antiossidanti soprattutto nelle neoplasie in fase metastatica avanzata e Watson stesso lo definisce come «uno dei miei lavori più importanti dall’epoca della doppia elica».
IL RUOLO CRUCIALE DEGLI ANTIOSSIDANTI – Al centro della sua nuova tesi c’è un gruppo di molecole che gli scienziati chiamano ROS (dall’inglese reactive oxygen species), ovvero Specie Reattive dell’Ossigeno: i radicali liberi a maggior diffusione, che giocano un ruolo importante in molti altri processi chimici, compresi quelli che riguardano la fisiologia umana. Solo per fare un esempio, basti pensare che i radicali liberi possono determinare mutazioni o danneggiare macroscopicamente lo stesso Dna e alterare la struttura chimica delle cellule. Secondo lo scienziato i ROS «hanno una funzione cruciale, perché da un lato hanno una parte importante nell’apoptosi, cioè il meccanismo naturale che spinge le cellule con il Dna troppo danneggiato a morire, ma dall’altro sono capaci di danneggiare irreversibilmente i componenti della cellula, proteine chiave e acidi nucleici».
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LE CONCLUSIONI – In conclusione, sostiene Watson, nei tumori in stadio avanzato gli antiossidanti sembrerebbero promuovere (invece che prevenire, come si è ritenuto finora) la progressione della malattia. Così, la capacità di uccidere cellule cancerose di alcune attuali terapie (come agenti chemioterapici tossici quali il taxolo o la radioterapia) è dovuta principalmente all’azione dei ROS che inducono apoptosi. «Questo spiegherebbe – dice il premio Nobel – perché quelle forme di cancro che diventano resistenti alla chemio lo sono perlopiù anche alla radio. La caratteristica comune è la dipendenza, sempre presente, dal ruolo giocato dai ROS nell’uccidere le cellule malate».
Corriere.it