Nasce “Anemia Alliance Italia”: task force di esperti per migliorare la gestione di una malattia troppo spesso sottovalutata
Nel mondo, 700 milioni di persone soffrono di anemia da carenza di ferro, una condizione che – se associata ad alcune importanti affezioni croniche – può aggravare il quadro clinico di base. Tra i campanelli d’allarme: stanchezza, predisposizione a stress e infezioni, calo delle prestazioni mentali. Modificare l’approccio alla patologia, colmare l’enorme gap assistenziale presente nella pratica clinica quotidiana, stimolare nuove politiche d’intervento e linee guida aggiornate: questi gli obiettivi di “Anemia Alliance Italia”, piattaforma multidisciplinare che riunisce esponenti del mondo clinico, accademico e istituzionale, nel comune intento di garantire ai pazienti una migliore qualità di vita. Cruciale un cambiamento nella concezione del problema: non semplice comorbidità, ma malattia vera e propria. In arrivo un position paper con le raccomandazioni degli esperti, un forum nazionale, eventi formativi regionali e l’avvio di studi clinici, epidemiologici e di costo-efficacia.
Roma, 29 gennaio 2013 – La mancanza di ferro, o sideropenia, è la più comune carenza nutrizionale, all’origine del 50% dei casi di anemia: colpisce 1,62 miliardi di persone, il 25% della popolazione mondiale, causando 841.000 decessi. Spesso correlata a patologie croniche quali scompenso cardiaco, malattie infiammatorie intestinali e insufficienza renale, ma anche a sanguinamenti uterini gravi, post-partum e chemioterapia, benché contribuisca a peggiorare ulteriormente lo stato di salute, l’anemia è ancora gravata da una condizione di sottostima riconducibile a un deficit educazionale e di diagnosi.
Per favorire una nuova consapevolezza del fenomeno e percorsi diagnostico-terapeutici più appropriati e costo-efficaci, è nato il progetto “Anemia Alliance Italia”, promosso da Fondazione Charta e dall’Associazione Parlamentare per la Tutela e la Promozione del Diritto alla Prevenzione, con il patrocinio del Senato della Repubblica e con un grant non condizionato di Vifor Pharma. L’iniziativa è stata presentata oggi in conferenza stampa a Palazzo Madama, alla presenza di Istituzioni, clinici, farmacisti e media.
“Anemia Alliance Italia è una piattaforma partecipativa di esperti con competenze diverse, ma con la comune missione di ridurre l’impatto dell’anemia e prevenirne complicanze e disabilità”, spiega Francesco Fedele, Direttore DAI Malattie Cardiovascolari e Respiratorie, Azienda Policlinico Umberto I, Direttore Scuola di Specializzazione in Malattie Cardiovascolari, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, e Presidente Onorario di Anemia Alliance Italia “Il tutto attraverso l’aumento della consapevolezza sulla malattia, promuovendo programmi di prevenzione, facilitando l’accesso a nuovi farmaci e a nuove tecnologie.
A questo proposito, stiamo lavorando a un position paper con le prime raccomandazioni trasversali alle diverse aree terapeutiche, per una gestione più appropriata della patologia. Verrà poi organizzato un forum a cadenza annuale per discutere lo stato dell’arte dell’anemia in Italia, oltre a eventi educativi sul territorio, per la formazione della classe medica. Anemia Alliance Italia sarà inoltre attiva sul fronte della ricerca, promuovendo studi clinici, epidemiologici e di costo-efficacia”.
“L’anemia è una patologia verso la quale permane una percezione di scarsa gravità. È giunto il momento di portarla all’attenzione di clinici e Istituzioni”, ha esordito il Senatore Antonio Tomassini, Presidente XII Commissione Igiene e Sanità del Senato e Presidente dell’Associazione Parlamentare per la Tutela e la Promozione del Diritto alla Prevenzione.[one_fourth last=”no”]
[/one_fourth] “Occorre uno sforzo congiunto per sviluppare specifiche e strutturate politiche assistenziali, da implementare su scala sia nazionale che locale. L’obiettivo è quello di arrivare a cambiare l’approccio dei medici, che devono imparare a farsi carico del problema, ma anche dei pazienti, da sensibilizzare sul loro diritto ad essere curati. Il primo passo da compiere in questa direzione è favorire una rivoluzione culturale, che punti a riconoscere all’anemia la dignità di malattia vera e propria”.
Sull’importanza di una nuova prospettiva con cui guardare al problema, ha posto l’accento anche Achille Caputi, Direttore Unità Operativa SD di Farmacologia Clinica, Azienda Ospedaliera Universitaria “G. Martino” di Messina, oltre che professore ordinario di Farmacologia presso l’Università di Messina: “Nei casi in cui si presenta associata a patologie quali scompenso cardiaco, insufficienza renale e malattie infiammatorie croniche dell’intestino, l’anemia viene interpretata prevalentemente quale fattore di comorbilità indotto dalla malattia di base. L’approccio terapeutico che ne deriva è quello di curare solo quest’ultima patologia, con la convinzione di far fronte automaticamente anche alla carenza di ferro. Ma così non avviene. Inoltre, diversi studi confermano come l’anemia non solo amplifichi la gravità delle condizioni patologiche di base ma, indipendentemente da queste, possa anche determinare una significativa riduzione della qualità di vita del paziente, oltre a un aumento del tasso di ospedalizzazione. Occorre quindi una nuova concezione dell’anemia quale entità gnoseologica distinta, che per essere curata, laddove necessario, richiede l’impiego di strumenti terapeutici ad hoc”.
Anche l’armamentario farmaceutico attualmente in uso risente di questa situazione di scarsa attenzione. Da un lato, la somministrazione di ferro per via intravenosa si avvale di farmaci poco maneggevoli, che sottopongono il paziente a un numero elevato di infusioni, ciascuna della durata di diverse ore. Dall’altro lato, i preparati orali permettono di assorbire solo il 10-20% di ferro e inducono scarsa aderenza alle cure, perché causano spesso intolleranza intestinale. Opzioni terapeutiche innovative sarebbero già disponibili, ad esempio farmaci iniettabili di ultima generazione che, con un’unica infusione e in tempi molto più rapidi, forniscono la quantità di ferro necessaria al paziente. Colmare questo gap conoscitivo permetterebbe di porre in atto percorsi diagnostico-terapeutici più costo-efficaci. È inoltre cruciale la definizione di linee guida che uniformino l’accesso alle terapie sul territorio nazionale, dove tuttora permane una situazione disomogenea.
“Lo studio osservazionale retrospettivo CARMES 1 – continua Fedele – eseguito in 3 centri cardiologici del Lazio ha mostrato come, nei pazienti ricoverati per insufficienza cardiaca, l’anemia e le sue cause vengano indagate solo in un terzo dei casi e, a questa carenza diagnostica, corrisponde poi una carenza terapeutica, con risvolti prognostici negativi (mortalità e riospedalizzazione). Da qui la spinta ad approfondire ulteriormente il problema: stanno infatti partendo i progetti CARMES 2-pilota e CARMES 2-osservazionale prospettico. Il primo, coordinato dal centro da me diretto presso il Policlinico Umberto I di Roma, ha l’obiettivo di confrontare le nuove terapie marziali con la terapia standard attualmente utilizzata. Il secondo, condotto dalla Società Italiana di Cardiologia, valuterà invece qual è l’attuale approccio diagnostico-terapeutico all’anemia nei pazienti con scompenso cardiaco in diversi centri cardiologici di Nord, Centro e Sud, oltre all’efficacia della terapia standard adottata, in termini di miglioramento dei parametri clinico-strumentali e prognostici”.
Lorenzo Mantovani, del Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia, Università degli Studi di Napoli Federico II, ha sottolineato come l’anemia non rappresenti solo un importante problema clinico, ma anche organizzativo ed economico: “Non è possibile oggi stimare i costi dell’anemia in Italia, nonostante il quadro di gravità della malattia, che ci deriva dall’esperienza dei clinici e dai loro riferimenti sull’impatto del fenomeno in termini di ‘quantità’ (ovvero di tassi di mortalità) ma anche di ‘qualità’ della vita. Questo perché non conosciamo le reali dimensioni del problema, essendo l’anemia sotto-diagnosticata e mancando dati epidemiologici riferiti alle diverse aree terapeutiche interessate. Paradossalmente, conosciamo invece il valore della ‘soluzione’ al problema. Nei soggetti con insufficienza cardiaca congestizia e deficienza di ferro, una nostra analisi di costo-efficacia ha mostrato come, con le più recenti, efficienti e sicure terapie con ferro endovenoso, il rapporto di costo per QALY (Quality Adjusted Life Year – un indice sintetico che incorpora sia la quantità, sia la qualità della vita) appaia molto al di sotto dei limiti accettati dalle agenzie di technology assessment e dalla letteratura internazionale, pari circa a € 22.500 per QALY guadagnato”.
Fare luce sulla reale prevalenza dell’anemia nel nostro Paese e sul suo impatto a livello di costi socio-sanitari è uno degli altri importanti obiettivi che l’Anemia Alliance Italia si pone nel prossimo futuro.