DIABETE: “Let’s get Physical”

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SIDFocus su esercizio fisico ed diabete: lo sport come medicina

 

  • Camminare a passo svelto almeno 150 minuti a settimana, aiuta a prevenire il diabete. Ma anche fare le scale e alzarsi spesso dalla sedia o dal divano!
  • Uno studio appena pubblicato su ‘Diabetologia’ dimostra che ridurre la sedentarietà (il tempo trascorso seduti o sdraiati) di 90 minuti al giorno, apporta grandi benefici alla salute
  • Da mettere al bando la sedentarietà,  il fattore di rischio principale per lo sviluppo di obesità, insulino-resistenza, sindrome metabolica e diabete di tipo 2
  • L’esercizio fisico, se ben strutturato e prescritto su misura, funziona proprio come una medicina anche nei pazienti con diabete
  • Il diabete non è un ostacolo all’attività sportiva: lo dimostrano i successi del nuotatore Gary Hall, medaglia d’oro olimpica e dei calciatori Paul Aaron Scholes e Nicolas Amodio

Ecco i consigli per un esercizio fisico ‘DOC’ stilati dal professor Pierpaolo De Feo, direttore del Centro Universitario Ricerca Interdipartimentale Attività Motoria (C.U.R.I.A.MO.) dell’Università di Perugia, centro di riferimento del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) e della FMSI (Federazione Medico Sportiva Italiana) per gli atleti con diabete tesserati con le varie federazioni medico-sportive. Il professor De Feo, che è anche un maratoneta, è l’esperto della Società Italiana di Diabetologia (SID) per il tema esercizio fisico e diabete ed è stato fondatore e presidente del Gruppo Attività Fisica SID/AMD.

Sono sempre più numerosi gli studi che indicano che l’esercizio fisico funziona come una vera e propria medicina anti-diabete. Che l’esercizio fisico faccia bene è d’altronde noto a tutti. Meno chiaro è quale forma di esercizio fisico sia realmente benefica per il paziente e per il suo diabete; insomma si continuano a dare indicazioni vaghe di ‘fare più attività fisica’, senza tuttavia arrivare a ‘prescrivere’ l’esercizio fisico, indicandone la durata, l’intensità e la tipologia degli esercizi. Ma presto si potrebbe arrivare ad una ‘prescrizione’ su misura del singolo paziente, anche grazie alla corposa mole di studi che si stanno accumulando sull’argomento. Questo mese ad esempio, la rivista ‘Diabetologia’, organo ufficiale dell’EASD (European Association for the Study of Diabetes), ha pubblicato una metanalisi e un lavoro sui benefici dell’esercizio fisico nel trattamento ma anche nella prevenzione del diabete. Abbiamo chiesto ad uno dei massimi esperti sull’argomento, il professor Pierpaolo De Feo, professore associato di Endocrinologia presso l’università di Perugia ed esperto della Società Italiana di Diabetologia, di farci il punto della situazione su questo argomento che sta prendendo forma giorno per giorno.

Quale importanza riveste l’esercizio fisico nella prevenzione del diabete?

Gli studi di intervento (trial clinici randomizzati) dimostrano che il miglioramento dello stile di vita, inteso come sana alimentazione e regolare attività fisica,  comporta una riduzione del 50-60% del rischio di comparsa di diabete in persone ad alto rischio, cioè in quelle che già presentano un’alterazione dell’intolleranza ai carboidrati. Ampi studi come quello finlandese – il Diabetes Prevention Study – dimostrano che per prevenire il diabete è sufficiente camminare 150 minuti alla settimana.

Quale importanza riveste l’esercizio fisico per il trattamento del diabete?

Anche in questo caso gli studi di intervento, tra i quali due italiani, uno dell’Università di Perugia (1) e l’altro dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma (2), hanno dimostrato che l’attività fisica migliora il controllo glicemico e riduce il rischio per malattia cardiovascolare in pazienti con diabete mellito di tipo 2. Alla luce di queste evidenze, le principali Società Scientifiche Internazionali indicano l’esercizio come terapia fondamentale per la cura della malattia diabetica (3,4).

 

Ma quale attività fisica va ‘prescritta’?

Innanzitutto, bisogna fare una distinzione tra attività ed esercizio fisico. L’attività fisica si identifica con qualsiasi movimento corporeo prodotto dai muscoli scheletrici che si traduce in un consumo di energia. L’esercizio fisico, invece, è un’attività fisica caratterizzata da contrazioni muscolari strutturate, ripetitive e finalizzate al miglioramento o il mantenimento dello stato di forma fisica. Come per la terapia farmacologica, anche per l’esercizio-terapia è necessario prescrivere il tipo, la giusta dose (intensità, frequenza, volume) e, allo stesso tempo, valutarne i possibili effetti collaterali e le controindicazioni.

IL VADEMECUM PER UN ESERCIZIO FISICO ‘DOC’

A MISURA DI PERSONA CON DIABETE

  • Quale tipo: sia l’esercizio fisico aerobico, che quello di resistenza per l’aumento della forza muscolare sono indicati nella terapia del diabete di tipo 2. L’esercizio aerobico (es. camminare a passo svelto, corsa, bicicletta, sci da fondo, etc.) serve a ridurre il peso, in particolare la massa grassa addominale, migliora l’efficienza del sistema cardiovascolare (VO2max ovvero il trasporto massimo di ossigeno ai muscoli), il controllo metabolico e riduce i fattori di rischio cardiovascolare. L’esercizio di resistenza (es.  sollevamento pesi o esercizi con bande elastiche) serve ad aumentare la forza muscolare e quindi a  prevenire infortuni e cadute, ad aumentare la massa muscolare (il metabolismo basale: spesa energetica a riposo) e a ridurre la glicemia.

 

  • Quale intensità: l’esercizio fisico per una persona sedentaria deve essere commisurato allo stato di forma fisica, basato su una valutazione specialistica che valuti la capacità aerobica (test su tapis roulant) e stimi la massima forza dei vari distretti muscolari (ripetizioni con pesi) a cura dello specialista in medicina dello sport.  In linea di massima è meglio iniziare con un’intensità pari al 50% della capacità massima e poi incrementare gradualmente (ogni 6 sedute) sino al 65% della capacità aerobica e di forza massimali (5). Ad esempio, per quanto riguarda il lavoro aerobico, si può stimare che una persona di  50 anni che abbia una frequenza cardiaca (FC) massimale di 170 battiti minuto (220-età) ed una FC a riposo di 70, per lavorare al 50% della FC di riserva debba esercitarsi ad una FC di  105 battiti al minuto. Questo ultimo valore si ottiene utilizzando la formula della riserva cardiaca di Karvonen: [(FCmax-Fcriposo)x 0,5 (% intensità)-FC riposo].

 

  • La frequenza minima di esercizio fisico che comporta benefici nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 è di due sedute settimanali, distribuite ad intervalli omogenei (6) (ad esempio il lunedì ed il giovedì). Le Società scientifiche raccomandano tuttavia almeno tre sedute settimanali, dato che vi è una correlazione tra numero di sedute di allenamento e benefici (3,4).

 

  • Il volume di esercizio o la quantità di dispendio energetico ottenuta con l’esercizio fisico deve essere di almeno 10 MET·h-1·settimana-1 che equivalgono a circa 150 minuti di esercizio alla settimana (ad esempio trenta minuti per 5 giorni alla settimana). Il massimo dei benefici si ottiene se i pazienti praticano l’esercizio per 25-30 MET·h-1·settimana-1 (1,2), che equivale a percorrere circa 30 km alla settimana alla velocità di 4-5 km/h.

 

  • L’esercizio fisico, può essere praticato, dopo valutazione medica di idoneità, a tutte le età. Dati non pubblicati del Centro Universitario di Ricerca Interdipartimentale Attività Motoria (C.U.R.I.A.MO.) dimostrano che su un numeroso campione di soggetti  con obesità e/o diabete (dai 20 agli 80 anni), la percentuale di miglioramento della forma fisica aerobica e della forza muscolare è simile, indipendentemente dall’età. In pratica, non è mai troppo tardi, perché i sistemi cardiovascolare e muscolo-scheletrico, se stimolati correttamente, hanno sempre margini di miglioramento.

 

  • Alcune patologie associate al diabete e all’obesità possono limitare alcuni tipi di esercizio; in questi casi la ginnastica in acqua o l‘uso di alcuni ergometri (ad esempio ergometro a braccia per chi problemi di artrosi dell’anca o del ginocchio) possono supplire a deficit funzionali o patologie osteo-articolari.

 

  • La parola d’ordine per un sedentario che voglia finalmente avvicinarsi allo sport è iniziare con gradualità possibilmente dopo una valutazione specialistica e  pianificare il programma di esercizio fisico con il supporto del medico e del laureato in Scienze Motorie. Una regola importante è dare tempo all’apparato muscolo scheletrico di condizionarsi al nuovo lavoro e di incrementare l’intensità ed il volume in modo graduale. Se si ha troppa fretta si rischia di fermarsi a causa di infortuni.

 

  • La mentalità vincente è fare dell’esercizio fisico una scelta di vita da mantenere il più a lungo possibile.

 

Esiste un tipo di attività fisica più salutare e dunque più adatta per i pazienti con diabete?

Una recente meta-analisi, pubblicata da Daniel Umpierre e altri sulla rivista ‘Diabetologia’, conferma l’importanza della quantità (volume) rispetto all’intensità dell’allenamento aerobico per migliorare il controllo glicemico. Per l’allenamento della forza muscolare il maggior numero di ripetizioni settimanali diventa importante solo se le sedute di allenamento includono anche il lavoro aerobico. In  sintesi, la tipologia di allenamento deve essere mista (esercizio aerobico e di resistenza) e maggiore è il volume dell’esercizio fisico, maggiore sarà la riduzione della glicemia. Per quanto riguarda la prevenzione del diabete, lo studio di Henson e colleghi dell’Università di Leicester, pubblicato su Diabetologia, dimostra una maggiore associazione tra le ore di sedentarietà ed il rischio di diabete di tipo 2, rispetto ai minuti di attività fisica moderata/vigorosa. Questo studio conferma i risultati di altri studi epidemiologici, eseguiti sia nell’adulto che nel bambino, che dimostrano come la sedentarietà (ore seduti in ufficio, auto, davanti alla TV, video giochi, etc.)  rappresenti il principale fattore di rischio per lo sviluppo di obesità, insulino-resistenza, sindrome metabolica e diabete di tipo 2. La prevenzione più semplice sta nello sfruttare tutte le occasioni utili ad aumentare il dispendio energetico, ad esempio camminando e facendo le scale in ogni occasione possibile.

 

Alcune persone con diabete hanno paura di incorrere in una crisi ipoglicemica facendo esercizio fisico. E’ un pericolo reale?

Il rischio che ‘un’attività fisica personalizzata possa indurre ipoglicemia in persone con diabete tipo 2 è solitamente trascurabile. Farmaci come la metformina e le incretine, soprattutto se non associati a farmaci ipoglicemizzanti, non aumentano il rischio di ipoglicemia anche a fronte di un aumento dell’attività fisica. Il rischio aumenta, invece, in quei soggetti che assumono sulfoniluree o insulina. Questi pazienti devono controllare la glicemia ogni 30-60 minuti durante la seduta di allenamento per poter introdurre zuccheri semplici (ad esempio bevande zuccherate) si riscontra una tendenza all’ipoglicemia. E’ inoltre opportuno con l’inizio di una regolare attività fisica pianificare con il diabetologo la riduzione della terapia ipoglicemizzante perché questo permette il regolare svolgimento di attività fisica anche di carattere sportivo in totale sicurezza. Tipico è l’esempio di noti sportivi con diabete di tipo 1, come la medaglia olimpica d’oro ad Atene nei 50 stile libero maschile Gary Hall e diversi calciatori quali Paul Aaron Scholes del Manchester United e Nicolas Amodio, già centrocampista del Napoli.

 

L’esercizio fisico fa bene dunque. Ma rende anche felici?

La risposta a questa domanda è in due recenti studi del C.U.R.I.A.M.O.: la dimostrazione che una regolare attività fisica migliora il tono dell’umore e la qualità della vita. I pazienti sono concordi nell’affermare che mentre inizialmente vedevano l’esercizio come un impegno pressoché impossibile dopo averlo sperimentato lo vivono come un’esperienza piacevole, di cui non si può fare a meno e che migliora il rapporto con se stessi e con gli altri (7).

 

Il commento del professor Stefano Del Prato, presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID)

 

“Da quanto tempo si parla di prevenzione del diabete? Da anni ormai e nonostante questo anche nel nostro Paese il numero di soggetti che sviluppano la malattia continua ad aumentare. Alimentazione troppo ricca di calorie e poca attività fisica – afferma il professor Stefano Del Prato, presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID) – sicuramente due fattori che contribuiscono in modo determinante a questo triste fenomeno. Ma forse contribuisce anche la preoccupazione dello sforzo enorme richiesto per ripristinare un peso ideale: ritagliare tempo e energia per attività fisiche che vengono viste come difficili da affrontare e sostenere nel tempo. Ma forse la cosa non è così tragica. I ricercatori dello studio pubblicato su ‘Diabetologia’ suggeriscono che non sono necessari sforzi titanici per ridurre il rischio di diabete e migliorare lo stato di salute. E’ vero, una prolungata e ‘routinaria’ attività sedentaria si associa ad un aumentato rischio di sviluppare diabete ma brevi interruzioni, qualche passo in ufficio, fare la rampa di scale per parlare con il collega del piano di sopra o di sotto, fare un giro intorno alla scrivania di tanto in tanto potrebbe già rappresentare una risorsa incredibile. Interrompere le lunghe ore seduti al tavolo di lavoro (o di svago) potrebbe essere il passo vincente contro il diabete e il rischio cardio-metabolico.  Questi risultati sono di grande interesse perché abbiamo sempre maggior bisogno di sviluppare strategie che possano essere applicate su larga scala per ridurre il rischio di diabete e malattie croniche. Soluzioni di questo tipo potrebbero portare a cambiamenti delle abitudini (se non della strutturazione stessa delle attività lavorative) che sui grandi numeri potrebbero avere impatti inimmaginabili”.

BIBLIOGRAFIA

 

  1. Di Loreto C, Fanelli C, Lucidi P, Murdolo G, De Cicco A, Parlanti N, Ranchelli A, Fatone C, Taglioni C, Santeusanio F, De Feo P. Make your diabetic patients walk: long-term impact of different amounts of physical activity on type 2 diabetes. Diabetes Care 2005;28:1295-302.
  2. Balducci S, Zanuso S, Nicolucci A, De Feo P, Cavallo S, Cardelli P, Fallucca S, Alessi E, Fallucca F, Pugliese G; Italian Diabetes Exercise Study (IDES) Investigators. Effect of an intensive exercise intervention strategy on modifiable cardiovascular risk factors in subjects with type 2 diabetes mellitus: a randomized controlled trial: the Italian Diabetes and Exercise Study (IDES). Arch Intern Med 2010;170:1794-803.
  3. Marwick TH, Hordern MD, Miller T, Chyun DA, Bertoni AG, Blumenthal RS, Philippides G, Rocchini A; Council on Clinical Cardiology, American Heart Association Exercise, Cardiac Rehabilitation and Prevention Committee; Council on Cardiovascular Disease in the Young; Council on Cardiovascular Nursing; Council on Nutrition, Physical Activity and Metabolism; Interdisciplinary Council on Quality of Care and Outcomes Research.. Exercise training for type 2 diabetes mellitus: impact on cardiovascular risk: a scientific statement from the American Heart Association. Circulation 2009; 119: 3244-262.
  4.  American College of Sports Medicine and the American Diabetes Association (2010). Joint Position Statement: Exercise and Type 2 Diabetes. Medicine & Science in Sports & Exercise 2010;42: 2282-2303.
  5. De Feo P, Fatone C, Burani P, Piana N, Pazzagli C, Battistini D, Capezzali D, Pippi R, Chipi B, Mazzeschi C. An innovative model for changing the lifestyles of persons with obesity and/or type 2 diabetes mellitus. J Endocrinol Invest 2011;34:e349-e354.
  6. Fatone C, Guescini M, Balducci S, Battistoni S, Settequattrini A, Pippi R, Stocchi L, Mantuano M, Stocchi V, De Feo P. Two weekly sessions of combined aerobic and resistance exercise are sufficient to provide beneficial effects in subjects with Type 2 diabetes mellitus and metabolic syndrome. J Endocrinol Invest 2010; 33:489-495.
  7. Piana N, Battistini D, Urbani, L, Romani, G, Fatone C, Pazzagli C, Laghezza L, Mazzeschi C, De Feo P. Multidisciplinary lifestyle intervention in the obese: its impact on patients perception of the disease, food and physical exercise. Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases 2012 (in press); doi:10.1016/j.numecd.2011.12.008.

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