Disturbo da deficit di attenzione o iperattività: un chip a DNA per avere una diagnosi veloce ma accurata
È così il vostro bambino? “Non riesce a stare seduto, vi fa impazzire tamburellando o muovendo le gambe continuamente, non riesce a fare una cosa per volta, non riesce a stare seduto a tavola a cena, fa su e giù dalla sedia senza fermarsi, è come se avesse un motore dentro, non smette mai di parlare”. A scuola gli insegnanti vi dicono cose come “non ascolta, non sta attento, perde tutto, non riesce a fare i compiti, gli ci vuole tanto tempo per fare le cose, fa un sacco di errori”. Si chiama disturbo da deficit di attenzione e iperattività.
Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (in inglese Attention Deficit Hyperactivity Disorder o ADHD) è il più comune disturbo neuropsichiatrico infantile. Uno studio europeo del 2010 ha riscontrato che i bambini affetti da ADHD hanno statisticamente difficoltà notevoli in tutti gli aspetti della vita rispetto ai bambini non affetti da ADHD. Ciononostante i genitori impiegano una media di 26,8 mesi per ottenere una diagnosi per i loro bambini. Attualmente non esiste uno strumento per confermare la diagnosi di ADHD. Una ricercatrice spagnola, Araitz Molano-Bilbao dell’Università UPV/EHU del Paese basco, ha ideato uno strumento che potrebbe migliorare la diagnostica di questo disturbo e le cure terapeutiche.
L’incidenza della ADHD è tra l’8 % e il 12 % tra i bambini e gli adolescenti in tutto il mondo, il 50 % dei quali continua a presentare i sintomi anche in età adulta. I bambini affetti da ADHD hanno difficoltà a stare attenti, a completare i compiti loro assegnati e si distraggono spesso. Possono anche mostrare un comportamento impulsivo e un’attività eccessiva e inappropriata al contesto in cui si trovano e trovare grande difficoltà a controllare i loro impulsi. “Tutti questi sintomi hanno conseguenze gravi per la loro vita sociale, scolastica e lavorativa e influenzano seriamente le famiglie e le persone che le circondano”, dice Molano.
La dott.ssa Molano ha studiato come i polimorfismi genetici (variazioni della sequenza del DNA tra diversi individui) sono associati all’ADHD. “Abbiamo cercato tutte le associazioni che erano state descritte in precedenza nella letteratura in tutto il mondo e abbiamo fatto uno studio clinico per vedere se questi polimorfismi apparivano anche nella popolazione spagnola, il motivo è che le associazioni genetiche variano molto tra una popolazione e l’altra”.
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Sono stati analizzati circa 400 campioni di saliva di pazienti affetti da ADHD e altri 400 campioni di soggetti sani di controllo (che non avevano precedenti di malattie psichiatriche). L’uso di oltre 250 polimorfismi ha portato alla scoperta di 32 polimorfismi associati non solo alla diagnosi della ADHD ma anche all’evoluzione della malattia, con il sottotipo ADHD, la gravità sintomatologica e la presenza di comorbilità.
Sulla base di questi risultati, la dott.ssa Molano propone un chip a DNA con questi 32 polimorfismi che potrebbe essere aggiornato con nuovi polimorfismi. Questo chip sarebbe usato non solo per la diagnosi, ma anche per calcolare la predisposizione genetica a diverse variabili, compresa la risposta del paziente ai farmaci o la normalizzazione dei sintomi.
Lo studio ha inoltre confermato l’esistenza di 3 sottotipi di ADHD: mancanza di attenzione, iperattività e una combinazione dei due tipi. “Si può vedere che, sulla base della genetica, i bambini che appartengono a un sottotipo o un altro sono diversi”, spiega la dott.ssa Molano.
Al contrario, non sono state trovate associazioni dirette tra i polimorfismi analizzati e la risposta alle cure farmacologiche (atomomexitina e metilfenidato). La dott.ssa Molano crede che questo potrebbe essere dovuto al fatto che “in molti casi i dati sui farmaci che avevamo a disposizione non erano rigorosi”. A causa della difficoltà di raccogliere dati di questo tipo la dott.ssa Molano continuerà la ricerca lungo questa linea. Dice: “Vogliamo concentrarci sull’aspetto della risposta ai farmaci, ottenere più campioni meglio caratterizzati e monitorare le variabili dell’assunzione dei farmaci molto attentamente, se cioè venivano assunti o no, ecc.”.
La dott.ssa Molano spera che questo strumento raggiunga le cliniche e aiuti i bambini affetti da ADHD.
Il progetto è stato finanziato da Progenika Biopharma e dall’azienda farmaceutica JUSTE SAFQ. 10 cliniche in collaborazione appartenenti a centri pubblici e privati in Spagna stanno già esaminando questo strumento con lo scopo di metterlo sul mercato.
Per maggiori informazioni, visitare:
Elhuyar Fundazioa
http://www.elhuyar.org/EN
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