I meccanismi cerebrali dei riconoscimenti degli odori
Uno studio tedesco dimostra che siamo in grado di distinguere “le proteine dell’odore”: le cellule grigie rispondono in maniera diversa a secondo degli stimolo e apprezza fragranze simili alla propria tra i profumi. Una regola che non vale per i partner.
SVELATI alcuni meccanismi che influenzano l’olfatto nelle nostre scelte sociali e sessuali: il cervello è in grado di individuare e differenziare le proteine dell’odore contenute nel corpo umano. Per la prima volta, infatti, un gruppo di biologi tedeschi è riuscito a dimostrare, anche attraverso analisi di risonanza magnetica funzionale, che il nostro cervello è in grado di riconoscere l’odore del proprio corpo, distinguendolo dagli odori delle altre persone, in base alla combinazione di un particolare gruppo di proteine, l’Mhc (Complesso Maggiore di Istocompatibilità).
Si tratta di un insieme di molecole, unico per ciascuno di noi, che si trova sulla superficie di quasi tutte le cellule del corpo umano e che aiuta a difendere l’organismo dagli attacchi esterni di agenti patogeni. Tali molecole sono simili a quelle che gli animali, tra cui ad esempio i topi e alcuni pesci, utilizzano per scegliere i loro compagni.
Lo studio, pubblicato il 23 gennaio scorso su Proceedings of the Royal Society B, ha preso in considerazione il comportamento di 22 donne e la loro attività cerebrale in risposta agli odori. Dopo essersi fatte la doccia con un sapone senza profumo, le donne applicavano sulle ascelle qualche goccia di due fragranze, una su ciascuna ascella, ripetendo il test dalle due alle sei volte ad intervalli di tempo di almeno tre mesi.
Indicando l’intensità di gradimento, il risultato è che esse preferivano, rispetto a se stesse, un profumo sintetico contenente le proteine MHC corrispondenti a quelle presenti sul proprio corpo, ma soltanto nel caso in cui le intervistate non fossero raffreddate e non fumassero.
Dopo questo test psicometrico, i ricercatori hanno sottoposto le donne ai diversi stimoli olfattivi attraverso un aerosol soffiato nel naso. Mentre esse respiravano gli odori, venivano scattate delle “fotografie” al cervello, tramite la risonanza. Tale analisi, spesso usata a scopo diagnostico, ha valutato l’attività di aree cerebrali specifiche, sollecitate dall’inalazione dei profumi. “Emerge – ha spiegato a Science il biologo Thomas Boehm – che c’è una netta differenza nella risposta tra lo stimolo olfattivo che contiene le molecole naturali del proprio corpo e quello che non le contiene. E c’è una particolare regione del cervello che viene attivata soltanto dalle molecole identiche alle proprie”.
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Se è vero che si preferisce indossare un profumo simile all’odore naturale prodotto dal proprio corpo, sugli altri si tende invece a ricercare un odore diverso, come dimostrato da uno studio del 1995, noto come Sweaty T-shirt study (Studio della T-shirt sudata), e oggi confermato dall’esperimento di Boehm. Alcune donne, che annusavano alcune magliette indossate per due giorni da diversi uomini, preferivano l’odore di uomini con molecole MHC diverse dalle proprie.
Non sappiamo ancora quali siano i meccanismi coinvolti, dato che l’uomo non possiede l’organo vomeronasale, con cui molti animali percepiscono le sostanze chimiche legate al comportamento sociale e sessuale. “Tuttavia, continuando le ricerche, la sfida è quella di identificare i recettori che riconoscono queste molecole nell’essere umano”, aggiunge Boehm.
Insomma, anche se non possediamo il fiuto degli animali, siamo ugualmente in grado di captare le proteine alla base della nostre scelte sensoriali dei potenziali partner: non a caso, dunque, si può dire che l’attrazione è anche una questione di cervello.