Malattia di Huntington, mancano gli specialisti in grado di curare i pazienti

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corea_huntingtonAlmeno 5000 malati e 15 mila a rischio in Italia, molti scelgono cure private. I dati presentati questa mattina nel convegno organizzato dall’Università di Milano-Bicocca e dall’AICH. La ricerca ha evidenziato la carenza di personale medico e sanitario specializzato nell’assistenza ai malati di Huntington.

 

Milano, 25 febbraio 2013 – Almeno 5000 malati e 15mila persone a rischio in Italia. Buona parte dei quali neanche passa dal Sistema sanitario nazionale. Sono i numeri della Còrea di Huntington una patologia degenerativa che colpisce il sistema nervoso distruggendo i neuroni. Nonostante solo in Lombardia siano circa 1000 i malati, sono pochi gli strumenti che il sistema sanitario nazionale ha adottato per aiutare le persone affette da queste patologia e per sostenere le loro famiglie.  Con costi sociali altissimi.

A scattare questa fotografia è una ricerca (scarica i dati) condotta dall’Osservatorio e Metodi per la Salute (OsMeSa ) dell’Università di Milano-Bicocca, e dall’Associazione Italiana Còrea di Huntington – AICH Milano Onlus , presentata questa mattina presso l’Università di Milano-Bicocca in occasione del convegno “La chiamano danza ma si pronuncia malattia”.

«Si tratta di una malattia che colpisce l’individuo e le sue relazioni familiari –  ha spiegato la professoressa Mara Tognetti, direttore dell’osservatorio e responsabile della ricerca – una malattia che necessita di maggior consapevolezza, conoscenza, ricerca. Le famiglie non possono essere lasciate sole. Bisogna pensare a una rete di servizi complessa tra struttura e presa in carico del malato, pensiamo a personale paramedico che possa supportare la famiglia del malato e a centri che possano aiutare, anche psicologicamente, a gestire la malattia».

Lo studio ha coinvolto 20 famiglie di malati di Huntington, indagando su quelli che sono i bisogni del malato e di chi lo assiste. Tutti hanno invocato una maggiore supporto da parte della rete assistenziale. «Un bisogno generalizzato – continua la professoressa Tognetti che in Bicocca insegna Politiche sanitarie – è quello di ritrovare del tempo per sé e per le relazioni sociali, totalmente annullate dall’assistenza alla persona malata. Non dimentichiamo inoltre che si tratta di una patologia che fa saltare il patto fra le generazioni e il patto genitori figli».

L’Huntington, conosciuta anche con l’acronimo MH, è una malattia rara. Una patologia genetica degenerativa del sistema nervoso centrale a carattere ereditario che si manifesta sia a livello fisico e motorio sia a livello mentale e porta al decesso del malato. La sua comparsa altera gli equilibri familiari in quanto insorgono problemi che vanno dall’accettazione della malattia a problemi legati alla modifica dei rapporti affettivi e comportamentali del malato alla cura del malato stesso. Un insieme di caratteristiche che sfida le relazioni familiari, le istituzioni sociosanitarie, le scelte etiche. La mancata conoscenza della malattia comporta grandi difficoltà nel reperimento di professionisti competenti in grado di agire nella sua complessità.

«La malattia trova origine in un gene nato milioni di anni fa e che è cambiato nel tempo per il bene delle specie, per istruire sistemi nervosi sempre più complessi – ha detto Elena Cattaneo, neuroscienziata dell’Università degli Studi di Milano e autrice di uno studio pubblicato su Nature Neuroscience sulla storia del gene che è alla base dell’Huntington (leggi la scheda sullo studio) – . Questa evoluzione ha comportato l’inserimento nel gene di alcune lettere inaspettate – i CAG – arrivate anche a noi umani. Pensiamo che l’Huntington non sia “solo” una tragica malattia da vincere, ma una storia che parla anche di noi, come esseri umani».

A chiudere la conferenza un intervento artistico del musicista Shel Shapiro con un video sui valori della costituzione e un momento artistico dedicato al valore di Woody Guthrie, cantante folk statunitense, morto a causa della dell’Huntington.

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