Malattie respiratorie: gli antibiotici non servono a nulla se non in presenza di polmonite
La ricerca di un team internazionale di esperti (fra i quali un italiano) su duemila malati. “I medici dovrebbero prescrivere questi farmaci solo in certe condizioni, altrimenti fanno più male che bene. L’altro rischio è che si accentui l’antibiotico-resistenza dell’organismo.
L’antibiotico più prescritto, l’amoxicillina, non è molto utile contro le infezioni delle vie respiratorie, se non c’è un reale sospetto di polmonite. Anzi, gli effetti collaterali del farmaco in questi casi superano i benefici. E’ quanto sostiene uno studio pubblicato sulla rivista Lancet infectious deseases.
La ricerca è stata coordinata da Paul Little dell’università di Southampton e realizzata da diversi ricercatori internazionali, tra i quali Francesco Blasi, direttore della Broncopneumologia del Policlinico di Milano e presidente della European Respiratory Society (ERS). Già qualche mese fa gli studiosi avevano diffuso i primi risultati dei test su 2.000 pazienti, ma ora hanno diffuso i dati conclusivi dell’analisi.
Infezione di origine virale o batterica. Quando c’è un’infezione alle vie respiratorie non è mai semplice capire se è di origine virale o batterica. I sintomi sono simili e per distinguerli servirebbero indagini mediche più precise, difficili da fare su tutti i pazienti. In questi casi i medici di base prescrivono gli antibiotici, utili però solo contro le infezioni batteriche. Negli altri casi, gli effetti collaterali del farmaco superano gli stessi benefici della cura.
Nei pazienti con infezioni alle basse vie respiratorie, come puntualizzano gli esperti, l’uso degli antibiotici ha portato a una sostanziale riduzione di mortalità o dell’insorgere di altre malattie. A causare la maggior parte di queste infezioni, spiega Blasi, “sono i virus, ma l’identificazione esatta dell’agente patogeno avviene raramente. I sintomi e i segni clinici hanno una bassa sensibilità e specificità, e non permettono di distinguere le infezioni virali dalle ben più gravi infezioni batteriche. Per questo vengono spesso prescritti degli antibiotici, ma con il rischio di accentuare la cosiddetta antibiotico-resistenza” che alla fine rischiadi rendere i farmaci inefficaci contro nuove infezioni.
Gli effetti del placebo. Nel loro studio, i ricercatori hanno analizzato duemila pazienti che avevano un’infezione alle basse vie respiratorie, ma per i quali non c’era sospetto di polmonite. Metà di loro è stata trattata con l’amoxicillina, l’altra metà con un placebo. Analizzando i dati si è scoperto che tra i due gruppi di malati non c’erano differenze significative: l’antibiotico, in sostanza, non modificava né la gravità dei sintomi dell’infezione respiratoria, né la loro durata. Il farmaco rendeva meno probabili l’insorgere di nuovi sintomi o il peggioramento di quelli che si erano già verificati. Rispetto al placebo, però, provocava effetti collaterali in diversi pazienti, inclusi nausea, rash cutanei o diarrea.
Serve in caso di polmonite. “I risultati – dice Blasi – suggeriscono che gli antibiotici portano a un lieve beneficio nel decorso della malattia ed evitano che peggiori, specialmente nei pazienti con meno di 60 anni. Ma non è giustificato un loro uso indiscriminato, dato che in diversi casi gli effetti collaterali superano questi lievi benefici”. E’ importante precisare, conclude l’esperto, che il trattamento antibiotico è comunque importantissimo in casi selezionati, e che questi farmaci curano efficacemente la polmonite, malattia associata a mortalità e a diverse morbilità. “Servono quindi nuovi studi per identificare i pazienti che hanno davvero bisogno degli antibiotici. I medici di base, quindi, dovrebbero astenersi dal prescrivere antibiotici in caso di infezioni alle basse vie respiratorie quando i pazienti sono a basso rischio e non c’è sospetto di polmonite”.
Lo sviluppo dell’antibioticoresistenza in Italia e in tutti i paesi europei, legato all’incremento e all’uso inappropriato degli antibiotici, costituisce un problema per la tutela della salute. Per questo motivo da tempo istituzioni internazionali come l’European centre for disease prevention and control (ECDC) hanno da tempo lanciato l’allarme e spinto gli Stati membri a realizzare campagne informative in materia.
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