Pediatria: boom di malattie intestinali nei bambini

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Boom di ‘Mici’ tra i bambini. Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino, colite ulcerosa e Crohn, colpiscono sempre prima con un aumento dei baby-pazienti che negli ultimi anni arriva a superare il +50%.malattie_villi L’allarme è stato lanciato a Vienna, dove oggi si apre l’ottavo Congresso dell’Ecco (European Crohn’s and Colitis Organisation). I numeri di queste patologie tra i giovanissimi sono un’emergenza sempre più grave nei Paesi industrializzati, hanno avvertito gli esperti durante un incontro promosso dall’Efcca (Federazione europea delle associazioni per la malattia di Crohn e la colite ulcerosa), soprattutto perché in età pediatrica Crohn e colite sono molto più aggressivi, con un maggior rischio di complicanze e interventi chirurgici.
Sulle cause del trend è ancora giallo: la componente genetica esiste, ma la familiarità pesa per il 10-15% appena. Il resto lo fa l’ambiente. Sotto accusa finiscono come sempre gli stili di vita moderni, dai cibi industriali allo stress metropolitano, dall’abuso di antibiotici alla troppa igiene, ma tutte restano solo ipotesi. “Nella maggior parte dei casi le Ibd”, acronimo inglese per queste malattie, “vengono diagnosticate in giovani dai 15 ai 29 anni”, ricorda la danese Tine Jess del National Health Suveillance and Research, Statens Serum Institut. “Ma in Danimarca l’incidenza tra i bambini è aumentata nel 50% in 9 anni, un dato in linea con quelli segnalati da Scozia, Irlanda e Spagna”. E in Italia? I numeri raccolti sono diversi, ma tutti confermano una preoccupante tendenza all’aumento.

Paolo Lionetti, responsabile di Gastroenterologia pediatrica all’ospedale Meyer di Firenze, spiega che da una decina di casi seguiti a metà anni ’90 si è passati a circa 250: 25 volte tanto. Claudio Romano, responsabile dell’Unità operativa di endoscopia e gastroenterologia, Dipartimento di pediatria dell’università di Messina, riporta un aumento da 3,5 a 8,5 casi per 100 mila abitanti l’anno: un raddoppio. Anna Kohn, gastroenterologa direttore facente funzioni all’ospedale San Camillo di Roma, consulta la letteratura e cita un dato pubblicato: secondo il registro delle Ibd in pediatria, dal 1996 al 2003 i casi di colite ulcerosa e malattia di Crohn fra gli under 18 italiani sono aumentati da 0,89 a 1,39 su 100 mila abitanti l’anno: +56%. “Una parte importante del dato va probabilmente ricondotta al miglioramento delle tecniche di indagini e quindi all’anticipazione delle diagnosi – analizza Paolo Gionchetti, ricercatore all’università degli Studi di Bologna – ma che un aumento reale esista è fuori dubbio, in particolare per la malattia di Crohn”.[one_fourth last=”no”]

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Nella caccia alla scintilla che infiamma l’intestino dei malati di Crohn e colite ulcerosa “siamo ancora molto lontani dalla verità”, ammette Kohn. “La ricerca si concentra sulla comprensione dei meccanismi che, alterati, provocano una reazione immunitaria abnorme e mantenuta nel tempo a qualcosa con cui la mucosa intestinale viene a contatto”, aggiunge l’esperta. “C’è qualcosa che si inceppa e innesca il passaggio da un’infiammazione fisiologica a un’infiammazione patologica”, precisa Gionchetti. Anche se, soprattutto per quanto riguarda il Crohn, ogni paziente è una storia a sé.
Da un lato ci sono forme caratterizzate da lunghi periodi di remissione, e casi in cui si monitora la situazione senza prescrivere terapie. Ma all’opposto, riporta Jess in base allo studio europeo ‘EpiCom’, c’è un 20-25% di malati che soffre senza tregua, con sintomi cronici e continuati. E c’è un 30-40% in cui la patologia si presenta già molto grave alla diagnosi, con necessità immediata di lunghi cicli di trattamento intensivo. A 10 anni dalla diagnosi, il 53% delle persone con Crohn ha buone probabilità di un ricovero in ospedale; il 30-50% potrà avere bisogno di essere operato e il 20% rischierà di tornare sotto i ferri entro 5-10 anni.
Il tasso di disabilità fra i pazienti Ibd in Europa è del 34% e cresce anche la mortalità, perché la probabilità di ammalarsi di cancro al colon-retto raddoppia e quella di sviluppare tumori all’intestino tenue aumenta di 27 volte. Senza contare che il 20-40% dei pazienti Ibd sperimenta anche sintomi extra-intestinali: agli occhi, alla pelle, alle articolazioni.
“Immaginatevi cosa può voler dire tutto questo per un bambino o un adolescente”, osserva Salvo Leone, direttore generale di Amici, l’Associazione nazionale per le malattie infiammatorie croniche dell’intestino. “Questi ragazzi vengono presi in giro e isolati, incompresi dai compagni ma spesso anche dagli insegnanti. I medici arrivano a dover compilare certificazioni scritte che attestano la necessità dell’alunno di utilizzare il bagno di frequente”, sottolinea. “Ne facciamo tantissime, di tutti i tipi”, conferma Gionchetti.
“Ma pensiamo anche al dramma di un ragazzo stomizzato”, dice Marco Greco, presidente Efcca. Quando si ha bisogno del ‘sacchetto’ “basta cambiarsi negli spogliatoi prima dell’ora di ginnastica, o magari ricevere per sbaglio uno spintone in corridoio, per passare nella storia ed essere additato a vita. La discriminazione scolastica – avverte Greco – non è giuridicamente codificata, eppure è almeno altrettanto grave di quella lavorativa. E’ insostenibile che ancora oggi vi siano ragazzi di talento che abbandonano gli studi, rinunciando alla prospettiva di una carriera di successo, solo perché prevedono un percorso a ostacoli fatto di stigma e pregiudizi. Ridare loro autostima e coraggio è una delle missioni dell’Efcca, con i Summer Camp che organizziamo ogni anno. Speriamo che presto ce ne possa essere uno anche in Italia”, auspica il numero uno dell’associazione europea.

Daniel Sundstein, fisioterapista danese di 27 anni, una diagnosi di colite ulcerosa nel maggio 2007, si dichiara “giovane, malato e pronto a lottare”. All’inizio ha perso più di 15 chili, i trattamenti di prima linea non facevano effetto e i medici gli avevano dato un ultimatum: “O otteniamo risultati con i farmaci biologici, oppure bisogna togliere il colon”. La terapia ha funzionato e Daniel ha corso una maratona, ha finito gli studi e ha trovato un lavoro a tempo pieno. Dal 2009 fa parte dell’Efcca e dall’anno scorso è tra i leader dell’associazione. “Sentirsi parte di una comunità internazionale significa trovare la forza di combattere per una causa comune”, afferma. A un ragazzo che scoprisse di essere malato “dico che una diagnosi di Ibd ti cambia la vita, ma la malattia non può essere la scusa per rinunciare ai propri sogni. Io ho scelto di lottare per migliorare la mia vita, tu cosa scegli?”.

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