Sindrome di Fabry: verso una cura modulata dall’ingegneria genetica e cellule staminali

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Il gene difettoso che impedisce l’eliminazione dei grassi viene ‘curato’ e reinserito nelle staminali circolanti attraverso un virus modificato. Lo studio dell’Università di Calgary ha ottenuto ottimi risultati sui topi e ora potrà essere testato sull’uomo.sindrome_fabry

Dopo gli ottimi risultati ottenuti sui topi, sta per partire la prima sperimentazione sull’uomo di una terapia a base di ingegneria genetica e cellule staminali per una malattia ereditaria del metabolismo, la sindrome di Fabry. Questa malattia, che accorcia la vita in media di 40 anni, è causata da un difetto del gene che produce un enzima indispensabile per la distruzione di alcuni grassi prodotti dal corpo stesso.

L’enzima difettoso non riesce più a eliminare i grassi che si accumulano negli organi, danneggiandoli irrimediabilmente. Se la sperimentazione avrà successo su questa patologia rara, correggendo il difetto genetico e le sue conseguenze letali, la nuova strategia terapeutica potrà essere utilizzata anche per altre malattie molto più diffuse in cui è noto il gene difettoso, che sia ereditario o acquisito.

L’invio dei risultati ottenuti sui topi con la richiesta di autorizzare il passaggio alla sperimentazione umana alle autorità sanitarie del Canada è stata resa nota in questi giorni dall’Alberta Children’s Hospital Research Institute dell’Università di Calgary. In sintesi, i ricercatori si apprestano ad applicare su un malato la stessa procedura che ha curato definitivamente gli animali in cui era stata causata la malattia di Fabry.

Il primo passo sarà di prelevare dal sangue di un paziente le sue cellule staminali circolanti. In queste verrà inserita la versione sana del gene alterato che causa la malattia ereditaria. L’impianto del gene sano sarà eseguito da un virus di tipo “lento” (come quello dell’Aids). Le staminali umane “guarite” saranno impiantate prima nei topi e poi, se non si rilevano problemi, nel malato.

I punti di forza di questa strategia terapeutica, spiegano i ricercatori, sono due. Il virus “lento” che impianta il gene sano è stato progettato e poi modificato in modo da conservare la sua capacità di infettare cellule non in fase di replicazione, come fanno gli altri tipi di virus. Entrato nella staminale, il virus inserisce i suoi geni e quello umano funzionante che è stato aggiunto nel genoma della cellula. Ma senza poi indurre danni, come farebbe senza le opportune manipolazioni genetiche.

Il secondo punto di forza è il nuovo sistema di selezione delle staminali da quelle del sangue circolante che ha permesso di estrarre ben un miliardo di cellule “bambine” in poco tempo. Maggiore è la quantità di staminali su cui si opera l’inserimento del gene e poi si ri-iniettano e maggiori sono probabilità di successo.

“Ci auguriamo che questa strategia terapeutica possa un giorno diventare non solo la cura della malattia di Fabry – ha detto uno dei coordinatori del trial clinico, Aneal Khan, genetista dell’Alberta Children’s Hospital – ma che diventi anche una metodica per terapie geniche per altre malattie”.[one_fourth last=”no”]

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Protagonista della ricerca è Christopher Armstrong, 34 anni, di Calgary, affetto da malattia di Fabry. Suo è il sangue su cui si sta lavorando e su di lui sarà eseguito il trasferimento delle sue staminali portatrici del gene sano. Attualmente è sotto terapia enzimatica sostitutiva, che richiede una infusione ogni due settimane, trattamento che riesce solo a rallentare la malattia. L’impianto della staminali “corrette” è previsto, se tutto andrà bene, entro due anni e dovrebbe dare ad Amstrong una vita normale.

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