Alzheimer: per batterlo è meglio prevenirlo
Gli scienziati alzano la posta. Contro le malattie del cervello bisogna giocare d’anticipo. In altre parole diagnosi precoce: il tema portante dell’edizione 2013 della Settimana mondiale del cervello (qui le iniziative e i reparti di Neurologia a Porte Aperte). “Il grande tema di questa edizione – ha sottolineato Giancarlo Comi, presidente della Società italiana di neurologia (Sin) – sarà l’importanza della diagnosi precoce nelle malattie neurologiche come il Parkinson, la malattia di Alzheimer, la sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica: oggi, infatti, sono disponibili numerosi dati sperimentali che ci permettono con più certezza di riconoscere in una fase pre-clinica i pazienti affetti da patologie neurodegenerative, per le quali solo un intervento terapeutico in fase iniziale potrebbe consentire di rallentarne o addirittura arrestarne la progressione.”
Esistono sempre più strumenti per indagare cosa avviene nel cervello, molti anni prima che l’Alzheimer, già adesso un’”epidemia” mondiale, faccia danni irreversibili. Spie genetiche che già a 20 anni di età individuano la predisposizione e un radio farmaco per la malattia di Alzheimer, recentemente approvato dall’Fda e dall’Ema che permette di visualizzare, attraverso esami di neuroimmagini,l’amiloide cerebrale, le placche tossiche che soffocano i neuroni, e identificare così i pazienti in una fase molto precoce, addirittura diversi anni prima che compaia la malattia.
L’iniziativa, promossa congiuntamente dalla “European Dana Alliance for the Brain” in Europa, dalla “Dana Alliance for Brain “ negli Stati Uniti e dalla Società Italiana di Neurologia (SIN) in Italia, incontri divulgativi, convegni scientifici, attività nelle scuole elementari e medie, visite guidate dei reparti e dei laboratori ospedalieri all’interno del progetto “Neurologia a Porte Aperte”. Ampio spazio viene dedicato allaBrain Reserve, riserva cognitiva o cerebrale, ovvero alla capacità del nostro cervello di mantenere un livello adeguato di funzionamento della mente a fronte di modificazioni fisiologiche, quali la perdita di neuroni legata all’invecchiamento normale, o dovute a malattie quali le lesioni vascolari o l’ Alzheimer. “Una parte di questa ‘riserva’ – spiega Stefano Cappa, Professore Ordinario di Neuroscienze Cognitive al San Raffaele di Milano – è dovuta a una dotazione genetica, ma appare ormai dimostrato che numerosi fattori di tipo ambientale siano in grado di modificarla, in senso sia positivo che negativo. Ad esempio, ci sono evidenze che indicano che fattori come l’esercizio fisico, l’alimentazione appropriata, l’attività mentale e i rapporti sociali siano in grado di aumentare questa riserva, rendendoci più resistenti all’età e alle malattie del cervello”.