Cancro: nuove varianti genetiche aumentano rischio per seno, prostata e ovaie

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Una maxi ricerca internazionale ha analizzato i campioni di dna di più di 100mila persone malate e di altrettante sane. Ci saranno maggiori possibilità di individuare i soggetti più esposti e anche quelle di sviluppare cure mirate.

ROMA – Oltre 70 nuove varianti genetiche che aumentano il rischio di cancro al seno, alla prostata e alle ovaie sono state individuate grazie a una maxi ricerca internazionale articolata in cinque studi i cui risultati sono stati pubblicati sulle riviste Nature genetics, American Journal of Human Genetics e Plos Genetics. La scoperta si deve al consorzio Collaborative Oncological Gene-environment Study (Cogs), che riunisce oltre 100 istituzioni, tra le quali l’Istituto nazionale dei tumori di Milano, impegnate nello studio dei fattori genetici che predispongono allo sviluppo di alcuni tumori.cellule_cancerose

Per arrivare a questi risultati sono stati analizzati i campioni di dna di oltre 100mila persone colpite dal cancro e poi li si è confrontati con altrettanti campioni di dna di persone sane. Sono state individuate 74 nuove varianti genetiche che aumentano il rischio di cancro al seno, alla prostata e alle ovaie, diagnosticati ogni anno a più di due milioni e mezzo di persone nel mondo.

“Il nostro istituto – spiega Paolo Radice, direttore della struttura di Medicina Predittiva dell’Istituto nazionale dei tumori – ha partecipato agli studi sul tumore al seno. Negli ultimi 10-15 anni si è iniziato a usare dei test clinici che rilevano alcuni geni che identificano i pazienti a rischio, perché con mutazioni di origine familiare. Ma il problema è che nel 75-80% dei casi il test non porta a identificare una mutazione, questo perché evidentemente la predisposizione è legata ad altre varianti genetiche”. Ora, con questa scoperta, le possibilità di identificare i soggetti a rischio aumentano.

“Ciascuna di queste nuove varianti – continua Radice – presa da sola comporta un piccolo aumento del rischio. Ma il loro effetto è cumulativo, e quindi se un individuo ne presenta almeno una dozzina, il suo rischio diventa elevato”.

Questo maxi studio potrebbe portare anche all’individuazione di nuovi ‘bersagli’ per terapie mirate.

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