Leucemia: cellule geneticamente modificare possono combatterla

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Modificare geneticamente il sistema immunitario del paziente per permettergli di uccidere il cancro: potrebbe essere questa l’arma definitiva contro una forma di leucemia acuta che può colpire sia i bambini, sia gli adulti. Le sperimentazioni condotte al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, i cui risultati sono stati pubblicati su Science Translational Medicine, hanno rilevato un’efficacia molto maggiore e più rapida di quanto atteso dai ricercatori. Anche se lo studio ha coinvolto solo 5 pazienti affetti da una stessa forma di leucemia e in cui la chemioterapia è risultata inefficace, secondo gli esperti quello utilizzato è un approccio estremamente promettente anche nel caso di altri tumori maligni.Anti-Leukemia

Il trattamento cui sono stati sottoposti i pazienti che hanno partecipato alla sperimentazione è simile a quello utilizzato circa un anno fa su una paziente di 7 anni, Emma Whitehead, affetta da questa forma di leucemia acuta (detta linfoblastica) e su diversi pazienti adulti affetti da una leucemia croonica resistente alla chemioterapia. Il primo passaggio della terapia prevede il prelievo delle cellule immunitarie che aggrediscono le cellule tumorali, i linfociti T. Al loro interno viene inserito il Dna corrispondente a CD19, una proteina tipica delle cellule colpite dalla leucemia linfoblastica acuta, le cellule B. Questa modificazione genetica fa sì che, una volta reinseriti nel sangue del paziente da cui erano stati prelevati, i linfociti T riconoscano e uccidano tuttte le cellule B, incluse quelle sane. Fortunatamente esitono trattamenti efficaci per porre rimedio alla perdita di queste ultime.

L’azione dei linfociti T è associata a un forte aumento della produzione di citochine, molecole coinvolte nell’infiammazione. Ciò provoca un innalzamento della temperatura corporea e altri effetti collaterali che, come nel caso di uno dei pazienti più gravi coinvolti nella sperimentazione, possono richiedere cure adeguate anche in terapia intensiva. Una volta risolto il problema, la leucemia è definitivamente sconfitta e resta solo un passaggio da compiere, il trapianto di midollo osseo. Una procedura eseguita più a scopo precauzionale che perché sicuramente indispensabile.

Solo 1 dei 5 pazienti che hanno aprtecipato allo studio è deceduto prima di ricevere il trapianto di midollo, probabilmente perché i trattamenti necessari per contrastare l’effetto delle citochine hanno interferito con i linfociti T prima che potessero eliminare il tumore. Nuove sperimentazioni permetteranno di capire se il trapianto è davvero necessario. Per il resto, la comunità scientifica si è mostrata entusiasta di fronte a questi risultati. “E’ il primo caso in cui viene dimostrato un reale beneficio clinico contro la leucemia linfoblastica acuta negli adulti”, ha commentato Carl June, esperto dell’Università della Pennsylvania che ha guidato le sperimentazioni condotte sulla piccola Emma e che ora vuole iniziare atestare questo nuovo approccio. “Stiamo creando farmaci viventi”, ha sottolineato Michel Sadelain, uno dei responsabili delle nuove sperimentazioni. “E’ una storia entusiasmante che è solo all’inizio”.

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