TBC e malattie autoimmuni: scoperta da una ricerca italiana di un antigene che attiva le difese
Pubblicato sulla rivista PlosOne lo studio dei ricercatori della Cattolica di Roma sul “grilletto” molecolare in grado di innescare la mobilizzazione di linfociti
La scoperta è tutta italiana: il merito va al gruppo di ricercatori dell’Università Cattolica di Roma-Policlinico Gemelli, guidato dal professor Francesco Ria, docente di Immunologia ed Immunopatologia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia della stessa struttura. Lo studio individua quale sia il “grilletto” molecolare in grado di innescare la mobilizzazione di linfociti necessari ad attaccare gli agenti infettivi nocivi per il nostro organismo.
La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica PlosOne e supportata dalla Fondazione italiana sclerosi multipla, fa luce sulla patogenesi ed apre la via a possibili approcci terapeutici nelle malattie autoimmuni e in alcune infezioni croniche, come la tubercolosi. Spiegano i ricercatori che questo “grilletto”- antigene di superficie dei linfociti chiamato Toll-like receptor 2 (TLR2) – viene azionato dalle molecole batteriche rilasciate dallo stesso germe che determina la malattia, e che, se mal funzionante, può contribuire al cronicizzarsi di infezioni o al riacutizzarsi di malattie autoimmuni come la sclerosi multipla.
“Non solo il microrganismo della tubercolosi, con il quale è stata svolta la ricerca – spiega il professor Ria, coordinatore dello studio – ma anche molti altri batteri posseggono molecole in grado di innescare il meccanismo”.
Il TLR2 è presente sulla membrana di tante cellule del sistema immunitario ed è in grado di interagire con componenti presenti sulla superficie batterica o circolanti in quanto rilasciate dal germe in questione. “Quello che si è scoperto, e che risulta piuttosto inatteso – sottolinea Ria – è che tale meccanismo (la molecola TLR2) esiste sui linfociti e fa sì che possano essere ‘sparatì’ fuori dai linfonodi”.
I linfociti possono essere paragonati a missili intelligenti che vengono armati da un particolare tipo di cellule – le cellule dendritiche – in grado di selezionare quelli più adatti a distruggere il bersaglio e a informarli sul probabile luogo in cui si trova il batterio.
Le conclusioni di questo studio permettono di chiarire anche i meccanismi di cronicizzazione o riacutizzazione di alcune malattie. Infatti, spiegano i ricercatori dell’Università Cattolica, in base alla diversa predisposizione genetica, alcuni soggetti possono mobilizzare i propri linfociti T anche in presenza di bassi livelli di batteri e quindi ottenere una risposta immune più efficace. Altri, invece, possono non rispondere, permettendo a piccole quantità di batteri di sopravvivere e restare latenti, con la conseguente cronicizzazione della malattia.
Inoltre un’infezione batterica anche lieve può mobilizzare linfociti T “autoreattivi”, rendendoli capaci di aggredire propri organi come il sistema nervoso centrale o le articolazioni, e di indurre riacutizzazione di malattie quali la sclerosi multipla o l’artrite reumatoide.
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