Test prenatale del sangue, per evitare amniocentesi

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amniocentesi

Un nuovo test di laboratorio per la diagnosi prenatale, con un prelievo del sangue della madre, basato sull’analisi del DNA del feto che circola nel suo organismo ”e’ in grado di rivelare alcune tra le anomalie cromosomiche piu’ frequenti”. amniocentesiL’esame ha dimostrato un’attendibilita’ superiore al 99% nel rivelare la trisomia 21 (Sindrome di Down) e rispettivamente del 98% e 80% nel rilevare le trisomie 18 e 13 (Sindrome di Edwards e Sindrome di Patau). Presentata oggi a Monza, secondo gli esperti ”e’ non invasivo, privo di rischi e avvallato dalla comunita’ scientifica internazionale”. Secondo quanto riportato dai responsabili, si tratta dell’unico test di questo tipo ad avere ”il sostegno esplicito della Fetal Medicine Foundation e del professor K. Nicolaides, il principale referente a livello mondiale nella diagnosi e nella terapia prenatale”.

Il test si puo’ eseguire dalla decima settimana di gestazione, e i risultati si ricevono in 15 giorni. ”L’aspetto rivoluzionario di questo esame consiste nella possibilita’ di individuare, con un’elevata accuratezza, la presenza delle trisomie fetali piu’ frequenti, attraverso un metodo non invasivo e che non comporta rischio di aborto. Ad oggi, in Italia, l’unico modo per sapere certamente se il feto presenti anomalie dei cromosomi e’ quello di sottoporsi a esami invasivi quali villocentesi e amniocentesi. Tali procedure, tuttavia – ricordano gli esperti – comportano sempre un rischio aggiuntivo di aborto (1 caso ogni 150-200 circa)”. D’altro canto, ”il test combinato del primo trimestre, detto Dual Test, pur essendo non invasivo, ha un’attendibilita’ inferiore nello stabilire il rischio a priori di una donna nell’avere un bambino con le suddette anomalie cromosomiche, presentando circa il 10% di mancati riconoscimenti della malformazione”. Il nuovo test, in pratica, ha un tasso di errore ”50 volte inferiore a quello degli attuali esami di screening” e per questo ”riduce in maniera significativa il rischio che una gestante venga indirizzata inutilmente a sottoporsi ad un approfondimento diagnostico invasivo come l’amniocentesi”.

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